SANITÀ

Accessi impropri al Pronto soccorso fallimento della medicina territoriale

I due terzi degli interventi del 118, in Piemonte, sono per codici verdi e bianchi. Icardi: "Dati che indicano come il sistema sul territorio non funziona a dovere". Il nodo dei medici di famiglia e delle guardie mediche. Risultato: Dea sempre più ingolfati

I due terzi degli accessi al Pronto Soccorso attraverso il servizio del 118, in Piemonte, riguardano codici verdi, ovvero quelli preceduti nell’indice di minor gravità solo dai bianchi. Un dato che racconta in maniera evidente come tra le cause del sovraffollamento dei Dea, i dipartimenti di emergenza e urgenza, ci sia proprio un utilizzo incolpevolmente distorto di queste porte di accesso agli ospedali, oggi sempre più ingombri di barelle dove i pazienti aspettano ore, non di rado giorni. E se già da un servizio come quello effettuato con le ambulanze emerge questa anomalia, i numeri naturalmente crescono ancor di più se si prendono in esame gli accessi diretti, ovvero quelli dei cittadini che si presentano autonomamente in Pronto Soccorso.

Restando alle cifre relative al 2022, raccolte ed elaborate dall’Azienda Zero diretta da Carlo Picco, balza immediatamente agli occhi come a fronte di un totale di 487.625 missioni del 118 su tutto il territorio regionale, ben 305.380 siano stati classificati come codici verdi, quindi non sempre se non spesso differibili o addirittura evitabili. Se poi si dà conto delle parole dell’assessore regionale alla Sanità ieri in aula, il quadro cambia ancora e accentua la necessità di mettere al più presto, concretamente, mano a quella medicina del territorio di cui il 118 e gli accessi diretti rappresentano spesso un’anomala supplenza. “Non pochi dei codici verdi attribuiti nei Pronto Soccorso, sono addirittura bianchi – ha detto Luigi Icardi –  ma portati al livello superiore per evitare di far pagare alle persone, spesso anziane, il ticket previsto di 50 euro per la fascia meno grave”, caso in cui non è prevista la necessità di accesso. Dai dati emerge come i codici gialli, quelli già di una certa gravità, siano pressoché la metà attestandosi a 140.641, mentre i rossi, che indicano i casi in cui c’è il rischio della vita, siano 26.129.

I cosiddetti accessi impropri al Pronto Soccorso sono, dunque, una confermata causa (non l’unica, ovviamente) della situazione drammatica in cui si trovano tutte le porte d’accesso agli ospedali del Piemonte, così come nel resto del Paese. Ma ciò non accade semplicemente per scelta di chi accusando disturbi, malesseri o altro sceglie di chiamare il 118 o andare con mezzi propri al Pronto Soccorso, alimentando spesso quegli affollamenti ormai quasi cronici da mesi. I Dea finiscono col supplire le carenze di una medicina del territorio che, nonostante buoni propositi e ripetuti annunci, poco o nulla è cambiata rispetto a prima della pandemia che ne ha messo in evidenza tutte le pecche. Contratti da rivedere – non solo sotto il profilo economico, ma soprattutto per quanto riguarda le coperture orarie – per i medici di medicina generale, così come una rivisitazione profonda del servizio di continuità assistenziale, ovvero le guardi mediche: c’è, innanzitutto, questo da fare per evitare che la riforma della medicina del territorio rimanga un mero enunciato. 

Le case di comunità, contemplate dal Pnrr Salute, dovrebbero essere una risposta abbastanza efficace alle attuali carenze della medicina territoriale. Ma anche su questa prospettiva aleggiano nubi pesanti: come abbiamo scritto ieri, esiste il rischio concreto (palesato da Icardi al ministro Orazio Schillaci) di non avere medici di famiglia disponibili a operare in queste strutture in corso di realizzazione.

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