BUCHMESSE DI GIANDUIA

La spocchia dei numeri primi, Giordano lascia e fa l'indignato

Lo scrittore annuncia di ritirarsi dalla candidatura alla direzione del Salone del Libro di Torino. E accusa fantomatiche ingerenze: "Ho percepito chiaramente che non sarei stato pienamente libero". Ora arrivano i balilla di Sangiuliano. Suvvia, siamo seri

“Non ci sono le condizioni di indipendenza e serenità con cui iniziare un percorso così importante, in un momento di passaggio tanto delicato per il Salone”. Lo scrittore Paolo Giordano annuncia che non parteciperà alla corsa per la direzione del Salone del Libro di Torino. La sua decisione, motivata con il rifiuto di accettare nel comitato editoriale “presenze imposte” e non da lui scelte, aggrava lo scontro che si protrae ormai da mesi. L’associazione “Torino, Città del libro”, che rappresenta i privati, chiede ai partner – Comune di Torino, Regione Piemonte e Circolo dei Lettori – il rinvio a giugno della nomina del successore di Nicola Lagioia. A quali ingerenze si riferisca l’autore del romanzo La solitudine dei numeri primi non è chiaro visto che i vertici delle istituzioni – dal sindaco Stefano Lo Russo al governatore Alberto Cirio – hanno non solo fornito ampie garanzie di indipendenza nelle scelte ma insistito sul “pluralismo” che deve connotare la rassegna. A meno che, proprio quest’ultimo aspetto – ovvero la necessità di allargare l’offerta culturale – sia stata vissuta come una sorta di lesa maestà di parte di chi si ritiene il sacerdote dell’ortodossia culturale. Solita storia, in Italia la conventicola delle lettere è l’ultima ridotta per i custodi di un’egemonia intellettuale e ideologica diventata minoranza residuale nel Paese.

La “resistenza” di Giordano a una culture war scatenata dalla destra al governo? Una visione distopica e, diciamolo francamente, risibile, quella di torme di balilla pronte a colpi di baionetta a imporre il pensiero sovranista (sempre che a solo tale ambito sia riconducibile l’invece assai più rigogliosa cultura di destra). E non solo per i tratti macchiettistici del ministro Gennaro Sangiuliano, il dantista gaffeur che “condivide le sue parole”. Peraltro, come rivela Giulio Biino, il notaio presidente del Circolo dei Lettori, la “garbata richiesta” del Minculpop meloniano – che peraltro finanzia il Salone attraverso il Centro per il Libro e la Lettura – è stata quella “di poter condividere, all’interno del rinnovando Comitato editoriale, oggi composto di 19 membri, tre nominativi di espressione del ministero”. Insomma, si difende non il pluralismo ma l’unanimismo. E l’autonomia è in pericolo sempre quando a insidiarla sono gli altri. Quella “malattia infantile” della sinistra intellò così ben descritta da Walter Siti, non esattamente un fiancheggiatore neofascista, in un recente articolo sul Domani.

L’associazione che detiene il marchio della bookfair, presieduta dall’esperto di stand e allestimenti Silvio Viale, afferma che il Salone deve restare libero e indipendente e conferma Giordano come “migliore candidato”. Sulla parola giacché come è stato fatto notare lo scrittore glamour non ha mai organizzato neppure una sagra del cardo gobbo, figuriamoci una macchina complessa come la Buchmesse subalpina. Ma forse qui sta l’equivoco, ancora irrisolto, all’origine dei grattacapi di chi deve provvedere alla scelta. Serve una figura dai tratti manageriali o un campione della “narrazione”? Tanto per dire a Francoforte, ovvero la più importante manifestazione europea dell’editoria – che ad ogni edizione presenta un Paese ospite, un tema quale filo conduttore culturale, iniziative per le scuole ecc. (Vi ricorda qualcosa?) – tutto l’ambaradan è da 18 anni nelle mani di Juergen Boos, un manager del settore editoriale. Ma a Viale piace Giordano non per le sue (presunte) qualità gestionali – per quelle par di capire c’è lui – ma “per la sua levatura intellettuale, la sua conoscenza del panorama editoriale nazionale, per lo sguardo attento alle trasformazioni della contemporaneità”. Compreso, evidentemente, per i contenuti di quelle noiose articolesse sulla fine del mondo prossima ventura. Eppure, la proposta di mediazione partorita dalla “concordia istituzionale” – quella di Giordano direttore ed Elena Loewenthal vice – cercava di unire le due competenze necessarie. Ma sull’ambiguità ci hanno marciato in tanti e per anni.

Ora per dar modo alle vedove di Giordano di trovare consolazione l’associazione chiede di rimandare a giugno il processo di nomina. “Al termine del Salone del Libro 2023, l’Associazione Torino, la Città del Libro inizierà a lavorare per costruire un progetto che conduca il Salone verso le future sfide e nel rispetto del modello organizzativo che da sempre lo ha reso vincente”. Nel frattempo, si avvicina la scadenza della convenzione e, scommettiamo un’edizione economica di Tutti giù per terra, ne vedremo delle belle.

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