POLITICA & SANITÀ

La Lega dà un taglio ai mutuati: "Non più di mille per medico"

Ridurre di un terzo il numero degli assistiti per ciascun professionista. Oggi si va oltre il tetto dei 1.500 arrivando a 1.800. In Piemonte, serviranno oltre 2mila dottori in più. Corsie preferenziali per aumentare gli specialisti. Disegno di legge del Carroccio

Non più di mille assistiti per ogni medico di famiglia. E’ quasi una rivoluzione quella che, se il disegno di legge della Lega all’esame in commissione al Senato si tradurrà in norma, modificherà profondamente uno dei pilastri della medicina territoriale. Basti pensare che oggi in moltissime regioni il tetto, già alto, di 1.500 è stato superato per far fronte non solo all’emergenza Covid ma ancor più per la carenza di professionisti. In Piemonte già nel novembre del 2021 era stato siglato un accordo, sia pure formalmente provvisorio, con le rappresentanze sindacali per consentire ai medici di superare fino a 300 assistiti in più la soglia.

“Prendere in carico più pazienti significa venire incontro alle necessità dell’assistito che si trova a fare i conti con la difficoltà di reperire un nuovo medico quando il proprio va in pensione o cessa comunque l’attività” aveva spiegato all’epoca l’assessore alla Sanità Luigi Icardi, osservando come si trattasse (e si tratta tuttora) di “un’emergenza nazionale che richiede soluzioni nazionali, ma che, intanto, il Piemonte sta affrontando con tutti i mezzi a disposizione, favorendo al massimo le condizioni di accesso al servizio di assistenza primaria, in attesa delle necessarie determinazioni nazionali”.

Di una “salutare boccata d’ossigeno”, riferendosi anche alle norme di contorno a quella principale avevano parlato i sindacati. Gli stessi sindacati, con in testa la Fimmg, che oggi, a livello nazionale, accolgono positivamente le proposte della Lega contenute nel testo di cui prima firmataria è la senatrice lombarda Maria Cristina Cantù che conferma l’attuale regime di convenzione tra i medici di medicina generale e il sistema sanitario pur inserendo una serie di interventi che si intrecciano con le misure previste dal Pnrr.

Un fatto è certo: pur con l’impellente necessità di riformare la medicina territoriale, nessun segnale dalla politica in direzione della trasformazione dei medici di famiglia in dipendenti. Ogni ipotesi ventilata in tal senso, anche in un passato non recente, ha sempre trovato un muro invalicabili da parte dei camici bianchi e delle loro rappresentanze. Dunque riformare restando nell’ambito del rapporto che pare ormai difficilmente modificabile. Ma come arrivare a fornire il Paese di circa 60mila medici di famiglia? In Piemonte attualmente sono poco più di 2mila e in base al parametro contenuto nel testo della Lega dovranno aggiungersene circa altrettanti. 

Uno dei cinque articoli del testo prevede che  potranno partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali per il ruolo unico del medico dell'assistenza primaria i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio della professione, che abbiano svolto una serie di attività – come il servizio Usca o nei Pronto Soccorso – dal primo marzo 2020 alla stessa data del 2022, per un totale complessivo di almeno 3.200 ore.Questo per incrementare il numero di professionisti da inserire nel territorio che non potranno arrivare tutti dal percorso tradizionale con le borse di studio, che pure è previsto di aumentare.

Tra le misure previste nel testo c’è anche un ruolo dei Comuni, sia pure in via transioria e in attesa della completa entrate in funzione delle strutture del Pnrr: “gli enti locali provvedono a fornire in comodato d'uso ai medici neoincaricati – si legge nel disegno di legge - per la durata dell'incarico, un luogo idoneo all'esercizio delle funzioni, dotato di spazi, arredi, attrezzature, di sala d'attesa, di servizi igienici, di illuminazione e aerazione conformi alla legislazione e ai regolamenti vigenti, di strumenti di comunicazione con gli assistiti, di strumenti informatici idonei e necessari per l'esercizio dell'attività di assistenza primaria”. Il testo all’esame della commissione indica anche un aumento delle ore obbligatorie settimanali, dalle 15 attuali a 25, con conseguenti adeguamenti economici, ma soprattutto legando l’attuazione del nuovo sistema alle Aft (le aggregazioni funzionali territoriali, ovvero associazioni tra medici) e alle case di comunità previste dal Pnrr.

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