POLITICA & SANITÀ

Case di comunità fuori dal Pnrr. Strutture a rischio in Piemonte

Per non perdere i finanziamenti a causa di ritardi, il Governo ipotizza di pagarne circa 400 con l'edilizia sanitaria. Il Piemonte ne realizza già 9 con questo metodo. Icardi: "Altri soldi non ne abbiamo". O arriva altro denaro o si ridurranno i poliambulatori

Già aveva dovuto ridurre il numero iniziale per rispondere alla quota riservata al Sud, poi delle 91 case di comunità il Piemonte era stato costretto a finanziarne 9 al di fuori del Pnrr, con fondi per l’edilizia sanitaria e adesso il rischio è quello di vedere ulteriormente ridotta la quantità di questi poliambulatori avanzati, cardine della riforma della medicina territoriale.

Sono circa 400 in tutto il Paese le case e gli ospedali di comunità (309 le prime e 91 i secondi) che, in base al piano cui sta lavorando il governo per modificare il Piano nazionale di ripresa e resilienza, uscirebbero dai finanziamenti per evitare il rischio di non risultare operative alla scadenza del 2026, con la conseguente perdita dei fondi.

La via d’uscita nei propositi dell’esecutivo di Giorgia Meloni starebbe nel dirottare i costi per queste strutture sulle risorse per l’edilizia sanitaria che al momento pare avere circa 10 miliardi in conto capitale non spesi. Ma va osservato come si tratti di risorse che, come si evince dalla definizione, servono soprattutto per realizzare nuovi ospedali e ristrutturarne altri.

Quindi è lecito chiedersi cosa succederà, nel caso non improbabile che una parte delle case di comunità scorporate dal Pnrr riguardi quelle piemontesi. Un dato è certo e lo esplicita l’assessore alla Sanità Luigi Icardi: “Dopo aver già finanziato nove strutture al di fuori del Pnrr per circa 14 milioni, altri soldi non ne abbiamo”, quindi “se il governo deciderà che dobbiamo finanziare in altro modo quelle fino ad oggi previste nel Pnrr dovrà fornirci le risorse necessarie”.

Non a caso, sulla questione è previsto un confronto tra il governo e la Conferenza delle Regioni, anche se l’approvazione definitiva è ovviamente dell’Unione Europea. Un ulteriore inghippo sulla strada per la realizzazione delle strutture che dovrebbero diventare il punto di riferimento per i cittadini sul territorio al di fuori degli ospedali, quello che si profila anche se il nodo maggiore e di più difficile soluzione, sempre tenendo conto della scadenza fissata tra meno di tre anni, resta quello del personale, medico e infermieristico, con cui far funzionare le case e gli ospedali di comunità evitando il rischio che restino scatole vuote e, perdipiù, onerose non potendo rispettare gli impegni richiesti dall’Europa.

print_icon