FINANZA & POTERI

Palenzona al tavolo di Generali, tra Caltagirone e Mediobanca

Si riaprono i giochi sul Leone di Trieste e ora il presidente della Fondazione Crt può calare le sue carte dopo aver contestato la strategia del predecessore. Una partita che s'intreccia con Unicredit e Banco Bpm, su cui Big Fabrizio non farà lo spettatore

Faites vos jeux. Il tavolo di Generali si riapre, fate il vostro gioco. A Trieste gli occhi sono puntati (anche) su Fabrizio Palenzona ora che ha in mano le fiches della Fondazione Crt. Non è lui che dà le carte, ma certo è un giocatore di cui tenere conto soprattutto perché la sua strategia potrebbe essere profondamente diversa da quella del suo predecessore, Giovanni Quaglia. Fu proprio la partita (persa) sul Leone di Trieste la prima pietra di una frana che lo ha travolto nell’aprile scorso quando il parlamentino di via XX Settembre ha eletto il nuovo presidente. Palenzona, si sa, non voleva una Crt “interventista” ed è per questo che alcuni consiglieri a lui particolarmente vicini avevano contestato la posizione arrembante dell’ex sindaco di Genola, arrivato a sottoscrivere un patto di sindacato con Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone contro il gruppo attorno a Mediobanca. E ora che c’è lui, Big Fabrizio, al vertice come si comporterà dopo che l’Ivass ha dato il via libera a Delfin, la holding che fa capo a Del Vecchio, di salire oltre il 10% in Generali (con possibilità di arrivare fino al 20) riaprendo la partita per il controllo della società triestina?

La richiesta era stata presentata il 17 aprile scorso, dopo che Francesco Milleri, presidente e ammnistratore delegato di EssilorLuxottica, aveva chiesto alla vigilanza di salire sopra la soglia. Sono passati due anni da quando Del Vecchio, insieme a Caltagirone, alla famiglia Benetton e alla Crt, aveva sfidato la lista promossa e sostenuta in cda da Mediobanca. La cordata aveva perso, raccogliendo il 30% del capitale. Ma la partita, a quanto pare, non era finita. Se Delfin decidesse di aumentare la sua partecipazione fino al 20 percento, gli equilibri potrebbero ribaltarsi. Un disegno però che dopo le indiscrezioni di Repubblica Delfin smentisce, riconducendo le ultime mosse al solo “agire in conformità alle regole rispetto alla propria posizione quale azionista della compagnia assicurativa triestina”. Si vedrà.                                                                            

Il primo appuntamento è a ottobre. Ovvero quando andrà in scena l’assemblea di Mediobanca. Piazzetta Cuccia controlla il 13% di Generali. Del Vecchio aveva cominciato a scalare la banca d’affari, issando così una bandiera italiana nell’azionariato che stava perdendo pezzi. Ma secondo Consob il 20% di Delfin non può trasformarsi in una quota di controllo. Perché una banca può essere controllata soltanto da un soggetto su cui Banca d’Italia esercita la vigilanza. E nessun gruppo singolo può controllare la maggioranza dei voti della lista vincente in assemblea. Intanto, però, Caltagirone è salito sopra il 10%. E alcuni rumors affermano che anche i Benetton si sono appropriati del 5% di azioni Mediobanca. Altri imprenditori come Danilo Iervolino si starebbero muovendo. Insieme il gruppo di soci potrebbe assommare quel 40% che lo porrebbe in sfida diretta con Mediobanca.

Una partita complessa in cui c’è coinvolta quasi tutta l’alta finanza italiana dove Furbizio ha rapporti ovunque al punto che sarebbe stato proprio lui ad apparecchiare il tavolo in cui nell’estate del 2021 s’attovagliarono Caltagirone e il ceo di Mediobanca Alberto Nagel per evitare lo scontro. L’incontro non ebbe l’effetto desiderato ma confermò la centralità di Palenzona. “Sono un nuovo azionista, non so niente. Io sono appena arrivato” aveva detto il Camionista di Tortona, interpellato sull’argomento all'indomani della sua elezione. Aveva anche auspicato un po’ di “tranquillità” nell’azionariato di Generali dopo le turbolenze degli anni passati. Non è andata così.

La Crt è la terza fondazione di origine bancaria per patrimonio investito (3,25 miliardi) ed è una carta importante per sedersi al tavolo di Unicredit (dove ha una quota dell'1,9%), di Banco Bpm (1,8%) e Cdp (1,5%). A Piazza Affari, anche dopo le recenti mosse di Caltagirone nel capitale del Banco Bpm, si continua a speculare sulle mire di Unicredit su Piazza Meda. È evidente che proprio puntando sulle relazioni consolidate di Big Fabrizio c’è chi immagina che una sponda con Caltagirone (ora all’1,1% del Banco) potrebbe essere utile a Crt per promuovere quel consolidamento bancario fra le milanesi Unicredit-Bpm a cui Palenzona ha subito aperto nella prima uscita da presidente dell’ente. La fusione avrebbe senso industrialmente “e quindi resta la valenza strategica dell’operazione” aveva spiegato il numero uno di via XX Settembre. Fra i promotori del patto in Bpm che ha riunito le altre fondazioni socie (Lucca,Trento e Rovereto e Alessandria) e le casse di previdenza (Enpam, Cassa forense e Inarcassa) c’è proprio lui. Una partita nella partita che Palenzona si giocherà, calando al momento giusto il suo asso nella manica.

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