GLORIE NOSTRANE

Seymandi, scaricata da Segre, pronta a sbarcare nei talk show

Talmente provata dalla sovraesposizione mediatica da non smettere più di rilasciare interviste, pubblicare post sui social, mandare lettere ai giornali. C'è chi pronostica una prossima carriera in tv, magari ingaggiata da qualche agente delle starlette nostrane

È scossa ma allo stesso tempo determinata, serena nonostante le “giornate di disagio che mi hanno molto provata”. Un po’ Madame Bovary un po’ Anna Sorokin, chi è davvero Cristina Seymandi, la moglie mancata del finanziere Massimo Segre, accusata di adulterio sulla pubblica piazza (anche virtuale) dopo anni passati a smaniare i salotti della Torino Bene? Gran parte delle informazioni che la riguardano sono relativamente recenti: le prime cronache su di lei risalgono al 2016 quando Chiara Appendino, appena diventata sindaca, la volle al suo fianco per occuparsi dei tavoli di progettazione civica. Comitati di quartiere, associazioni spontanee, cittadinanza attiva: insomma una rete cittadina di base che poteva diventare un’importante dote elettorale se ben gestita. Inizia così la sua ribalta quando aveva appena compiuto 40 anni. Prima di lei si sapeva che era la figlia del commercialista Roberto Seymandi, professionista affermato legato alla destra liberale di Torino, in particolare all’ex consigliere e assessore regionale Angelo Burzi. È morto nel 2021, poco prima che il suo studio, Pitagora, dichiarasse fallimento. Proprio nei mesi in cui la figlia Cristina iniziava la relazione sentimentale con Segre e si preparava alla corsa elettorale nella lista di Paolo Damilano, l’imprenditore acqua&vino candidato a sindaco del centrodestra.

Nel ventre molle del Movimento 5 stelle di Torino è sempre stata vissuta come un corpo estraneo, al pari di personaggi forse un po’ naïf ma allo stesso tempo decisivi per la nascita del fenomeno Appendino, come il suo ex capo di gabinetto Paolo Giordana e il portavoce Luca Pasquaretta, entrambi caduti in disgrazia durante il mandato della sindaca. Quando di Seymandi si iniziò a parlare addirittura per la successione di Appendino il rigetto è stato quasi immediato e visto che i pentastellati si avviavano a una battaglia di pura testimonianza lei prese la sua dote (i comitati civici che le aveva affidato Appendino) e si trasferì alla corte (dei miracoli) di Damilano dove, tuttavia, si dovette accontentare di trecento preferenze, troppo poche per essere eletta.

Ma se c’è una cosa che in questi anni Seymandi ha dimostrato di saper fare è rialzarsi dopo ogni caduta attraverso una rete di relazioni ereditata in parte dal papà e in parte costruita autonomamente. Ostentare sé stessa fino al confine della millanteria è ciò di cui l’accusano i detrattori. Il giorno dopo la fine turbolenta della sua storia con Segre “sono andata a lavorare perché in ogni caso ho un’azienda e i colpi di testa non me li posso permettere” ha dichiarato lei. E forse per inquadrare al meglio il personaggio va evidenziato come sia diventata prima azionista di maggioranza della Savio Thesan senza sborsare un quattrino e quasi simultaneamente ne ha assunto la guida come ceo senza alcuna competenza o esperienza nel settore, essendo lei laureata in lettere moderne e non avendo mai prima di qualche mese fa gestito un’impresa metalmeccanica di oltre 150 dipendenti. Dice di aver sofferto per la sovraesposizione mediatica ma dal giorno dopo la pubblicazione del video in cui il suo ex promesso sposo ha messo fine alla relazione, non ha fatto altro che rilasciare interviste ai giornali, pubblicare post sui social fino alla lettera indirizzata l’altro giorno a Rete4 che le ha dedicato un’intera puntata di Zona Bianca. Tanto è il bisogno di riservatezza da indurla addirittura a ingaggiare un reputation manager e chissà che di qui a breve non la troveremo nel portfolio di qualche agente di divi e starlette spedita a concionare di “violenze sessiste” in uno dei tanti talk show trash. Dai salotti torinesi a quelli della tv? Il passo è più breve di quanto s’immagini.

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