RIFORME

Autonomia nelle secche dei conti. Meloni incassa l'assist di Giorgetti

Gli stretti cordoni della legge di bilancio pesano sulla riforma-bandiera della Lega. Ostacoli anche nel comitato dei saggi sui Lep. Zaia avverte: "Rischia il governo". Rassegnati in Piemonte dove il front-man Lanzo sparisce pure dalla festa del partito

Che Giorgia Meloni non abbia mai mostrato d’esser disposta a stracciarsi le vesti per l’autonomia regionale differenziata lo sanno pure i sassi. Ora in quell’ormai famoso “non si potrà fare tutto” pronunciato da Giancarlo Giorgetti a supporto dell’annuncio di una legge di bilancio “complicata” la premier trova il grimaldello non per aprire, bensì per chiudere, la porta alla riforma-vessillo della Lega. Sperando così di ridurre al minimo le ripercussioni all’interno del centrodestra dove anche (quel che resta di) Forza Italia non si è mai scaldata più di tanto sulla questione.

E se in questi giorni a tenere banco è la minaccia ricevuto dal “padre” dell’autonomia, Roberto Calderoli, proprio per la sua pervicacia nel condurre in porto la riforma, saranno quelli dedicati alla legge di bilancio a segnare una battuta d’arresto con i freni delle risorse, che come annunciato dal titolare di via XX Settembre, sono da centellinare. 

Quello che ha i contorni di un involontario autogol della Lega, con il titolare del Mef a far da cerbero rispetto al collega degli Affari Regionali e le Autonomie, trova un ulteriore elemento sempre in guisa di ostacolo nel comitato dei saggi, peraltro decimata dopo alcune dimissioni. L’organismo presieduto dal costituzionalista Sabino Cassese, incaricato del ciclopico lavoro di definizione dei costi dei Lep, i livelli essenziali di prestazione, da applicare in tutte le regioni, segna intoppi e difficoltà con evidenti contrasti interni (come quello sul reclutamento e lo status giuridico del personale scolastico), tanto che si prevede come solo 5 sulle complessive 27 funzioni richiedibili potrebbero essere subito assegnate alle Regioni.

Un mezzo scorno per Matteo Salvini, anche se il Capitano è parso assai meno caldo sul tema rispetto ai suoi colonnelli sul territorio, per non dire del Doge: ancora pochi giorni fa Luca Zaia ha lanciato un ulteriore ultimatum condito da profezia al governo prevedendo che “se l'autonomia non arrivasse nella tempistica del 2024 vuol dire che abbiamo fallito come obiettivo. Ma non fallisce la Lega, fallisce il governo”.

Posizione (di forza) quella del governatore del Veneto che certo non trova eguali al Nord, tantomeno in Piemonte nonostante proprio l’Autonomia fosse stato l’annunciato core business della legislatura che va terminando. Sarà (e probabilmente non lo è) un caso, ma è proprio il consigliere della Lega cui è stata affidata la guida della commissione per l’autonomia – nelle aspettative di rango pari a un assessorato – Riccardo Lanzo a sparire dai radar, certamente dalla “Festa delle idee”, kermesse leghista nella sua città, Novara.

L’impressione, pur negata dalle dichiarazioni di rito, è quella di una presa d’atto da parte dello stesso partito di Salvini, in Piemonte, delle difficoltà per raggiungere l’obiettivo annunciato. Un ammainabandiera, sotto il peso della finanziaria e non solo, anticipato rispetto alla conclusione della legislatura, senza neppure quegli avvertimenti che Zaia si può consentire e altri no. E mentre resta difficile prevedere che sia ancora l’autonomia uno, se non il cavallo di battaglia del carroccio piemontese per attrarre consensi nelle urne la primavera prossima, tantomeno poter utilizzare questo tema come rivendicazione di un obiettivo promesso e raggiunto, un’altra riforma s’appresta ad allungare i tempi per il suo compimento.

Anche in questo caso, ovvero il ritorno all’elezione diretta del presidente della Provincia e degli altri organi dell’ente, i tempi si allungano e ormai appare pressoché impossibile arrivare al nuovo testo per l’election day, ovvero associare le consultazioni provinciali contestualmente alle europee e, come in Piemonte, alle regionali. Anche questa, non meno rispetto all’autonomia nelle esternazioni di Salvini, è una battaglia che la Lega ha deciso di intestarsi e di cui dovrà quasi certamente incassare uno stop. 

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