DALLE PAROLE AI FATTI

Landini grida e (in silenzio) licenzia. 
La Cgil lascia a casa come i padroni

Dopo 40 anni di lavoro, il benservito al capo ufficio stampa del sindacato. Provvedimento "per giustificato motivo", ovvero lo stato di crisi del datore i lavoro (che ha 5 milioni di iscritti). Aria di tagli anche nel Pd di Schlein: 90 dipendenti rischiano il posto

Licenziato per giustificato motivo oggettivo. La fredda dicitura di benservito non è certo rara nel mondo del lavoro, tanto più quando la crisi morde e in soccorso arriva addirittura l’articolo 41 della Costituzione che garantisce e tutela l’iniziativa economica privata, fornendo dunque al datore di lavoro il potere di mettere in libertà il dipendente quando la propria attività sia a rischio o quella posizione del lavoratore non sia più necessaria. 

Decisamente meno frequente che a lasciare a casa il dipendente, di fatto attestando uno stato di crisi, sia addirittura un sindacato, in questo caso il più grande e potente: la Cgil. Pronta a suonare le trombe dello sciopero anche davanti a misure che ancora debbono essere prese dal governo, aste delle bandiere sempre a portata di mano così come i pullman da riempire per le manifestazioni, durissima nel fare le pulci a chi arranca nell’impresa, lancia in resta (insieme alla segretaria del Pd Elly Schlein) contro il renziano Jobs Act da abolire con referendum, la principale organizzazione sindacale, intanto, come un qualsiasi “padrone” licenzia un suo dipendente, senza alcuna colpa se non quella di aver lavorato per una quarantina d’anni al servizio del sindacato e pure in un ruolo importante. 

Ciò che vale la protesta nei confronti di altri, finisce sotto silenzio laddove Maurizio Landini strepita e altri, nel suo posto, lo hanno fatto prima di lui. Massimo Gibelli, giornalista, entrò nella Cgil piemontese guidata da Fausto Bertinotti nel lontano 1983. Nel suo ruolo di addetto e poi capo ufficio stampa ha visto passare un segretario via l’altro, da Luciano Lama ad Antonio Pizzinato, da Ottaviano Del Turco (“come un fratello, per me”) a Bruno Trentin, fino a Guglielmo Epifani e Susanna Camusso

“Quarant’anni passati in un sindacato da cui ho avuto molto e a cui, spero, di aver lasciato qualcosa. Negli occhi e nel cuore le migliaia di lavoratori e dirigenti di base che ho incontrato nel mio peregrinare per l’Italia e l’Europa insieme al segretario generale di turno, e da cui – scrive Gibelli in un lungo post su Facebook - ho sempre ricevuto, ovunque ci trovassimo, stima, affetto, aiuto, sostegno, idee e supporto, anche oltre l’immaginabile”.

Ma poi, un paio di mesi fa, ha ricevuto quel che non avrebbe mai immaginato: la lettera di licenziamento, uguale a quelle contro cui si scaglia il sindacato, che invece adesso agisce come quegli imprenditori considerati spesso più nemici che avversari. Un benservito, dopo essere stato messo negli ultimi due anni in un angolo, senza incarico. “Non sono scappato con la cassa, non sono inquisito o sotto indagine della magistratura. Non ho litigato, insultato o commesso ingiustizie nei confronti di colleghi. Non sono venuto meno ai miei doveri di lavoratore, né di lealtà nei confronti della Confederazione Generale Italiana del Lavoro. Non ho commesso nulla che potesse compromettere il rapporto di fiducia esistente”, precisa Gibelli, che ha già impugnato il licenziamento.

“La data odierna, 4 luglio 2023, è da considerare l’ultimo suo giorno di lavoro”, è scritto nella lettera. “Voglio pensare, devo pensare, che il 4 luglio, l’Independence Day, possa essere un nuovo inizio”, dice il licenziato dalla Cgil, che evidentemente a fronte dei 5 milioni di iscritti, sarà in crisi economica tanto da lasciare a casa un suo dipendente dopo quarant’anni di lavoro. Landini insieme alla Schlein chiede a gran voce il salario minimo, ma nel frattempo taglia il personale e la segretaria dem s’appresta pure lei a farlo con la novantina di dipendenti del Nazareno da mesi in cassa integrazione che a fine mese potrebbero ricevere la lettera di licenziamento. La vecchia cinghia di trasmissione, come un tempo veniva definito il rapporto tra la Cgil e il Pci, pare essersi rimessa in moto. Mobilitando le piazze e smobilitando i propri lavoratori.

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