RETROSCENA

A Lo Russo sta già stretta Torino, punta alla presidenza dell'Anci

A fine mese nel vertice di maggioranza il bilancio dei primi due anni di mandato con un occhio rivolto a Roma. Tra pochi mesi Decaro lascerà la guida dell'associazione dei sindaci e a lui non spiacerebbe affatto seguire l'esempio dei suoi predecessori Fassino e Chiamparino

Nell’approssimarsi del giro di boa del primo biennio del suo mandato a Palazzo di Città, con il previsto bilancio intermedio nel vertice di maggioranza alla Cascina Fossati il prossimo 30 settembre, Stefano Lo Russo guarda ovviamente al prosieguo del lustro da sindaco, ma non disdegna di volgere lo sguardo anche altrove. Non un’alternativa, semmai un’aggiunta di prestigio e pure di un certo potere, all’attuale ruolo nella prospettiva di una rielezione fra tre anni. Sul fronte interno, infatti, lui è convinto che le cose vadano per il meglio e, in effetti, in città il giudizio sul suo operato è pressoché unanime, dagli avventori dei bar agli stakeholder: impalpabile. Forte di questo consenso può dunque guardare legittimamente altrove.

Assumere la guida e la rappresentanza dei sindaci del Paese, diventando il prossimo presidente dell’Anci, sarebbe il suo nuovo obiettivo. L’attuale numero uno dell’Associazione nazionale di Comuni italiani, Antonio Decaro, succeduto nel 2016 a Piero Fassino, terminerà il suo mandato di sindaco di Bari il prossimo anno e, sfumata l’eventualità di una legge che consenta il terzo mandato, dovrà lasciare la stanza di via dei Prefetti, con la convocazione dell’assemblea per l’elezione del successore entro l’autunno 2024. Fassino, sconfitto da Chiara Appendino al ballottaggio di giugno 2016, dopo una breve reggenza dell’allora sindaco di Lecce Paolo Perrone, cedette il testimone a Decaro a ottobre. I tempi, quindi, stringono e occorre accelerare la diplomazia.

Riti e procedure che incrociano con pesi ed equilibrii politici in quello che è il principale organo di rappresentanza degli enti locali e interlocutore con il Governo e le Regioni. Proprio il peso che il centrosinistra ha espresso per molti anni e continua a mantenere nell’Anci (soprattutto per quanto riguarda le città più grandi e i capoluoghi di provincia da cui, abitualmente, viene espressa la leadership), è uno dei non pochi elementi che possono giocare a favore di una candidatura – solitamente unitaria con elezione per acclamazione, proprio per evitare rotture – di Lo Russo. Del Pd è Decaro (ai tempi, un ultrarenziano), così come allo stesso partito appartengono i suoi predecessori, prima di Fassino Graziano Delrio e Sergio Chiamparino, in una “tradizione” torinese che potrebbe suggerire un non c’è due senza tre, spianando la strada all’inquilino di Palazzo di Città. In più, un’alternanza tra Sud e Nord, in questa tornata, è un altro degli elementi in gioco.

Un gioco di relazioni, quello che precede l’investitura quanto più possibile condivisa, che Lo Russo ha già incominciato a praticare, partendo con gli inviti “Città dei diritti” che ha portato sotto la Mole 300 sindaci italiani lo scorso maggio. Sapendo su chi poter contare e avendo altrettanto chiari i colleghi più freddi, anche nel suo stesso fronte politico, all’idea di una sua presidenza. Un asse solido, il sindaco di Torino lo ha, oltre che con il primo cittadino di Firenze Dario Nardella, con quello di Bologna, Matteo Lepore che, pur su posizioni più radicali all’interno del Pd, ha una forte intesa col più moderato Lo Russo. Proprio questo suo posizionamento, da sostenitore di Stefano Bonaccini al congresso, all’interno della geografia dem può essere un’ulteriore atout nel percorso verso l’Anci, dove un profilo come il suo è virtualmente assai più apprezzabile e condivisibile anche da quei sindaci che del Pd non sono. Altro elemento potenzialmente vantaggioso, il professore del Politecnico lo può trovare nella linea che lo vede puntare sul sostegno dei colleghi, come lui, al primo mandato in una sorta di rinnovamento se non generazionale, almeno del ceto politico. Per un Lepore pronto a sostenerlo, altre figure come quella del meneghino Beppe Sala (si espresse addiruttura in maniera positiva nei confronti di Paolo Damilano, avversario di Lo Russo) vedono sfumare la loro influenza, non foss’altro che per essere a fine corsa.

Più che buone relazioni anche sul versante opposto, dove il rapporto consolidato e favorito dall’essere entrambi grandi soci in Iren, con un sindaco di centrodestra come il genovese Marco Bucci (migliore di quello he ha con il compagno di partito di Reggio Emilia Luca Vecchi, peraltro giunto a fine del secondo mandato). Per non dire della superconcordia istituzionale con il presidente della Regione Alberto Cirio, altro punto a favore per un via libera dai primi cittadini di centrodestra. Se si sarebbe indotti a immaginare qualche problema proprio all’interno del nuovo Pd, questo scenario appare assai sfumato all’orizzonte in una tattica di Elly Schlein (e della sua parte nei dem) volta ad affidare con il sostegno a Lo Russo un messaggio distensivo alla componente riformista e meno a sinistra del partito, aprendo una linea di credito con un fronte interno sempre più in fibrillazione. 

Non è un caso se c’è chi, con un pizzico di malignità, spiega la presenza del sindaco in prima fila al dibattito con la Schlein alla Festa dell’Unità, con bacio di circostanza, e le parole al miele a lei indirizzate: “Siamo in difficoltà, ma abbiamo tutte le energie e le idee per poter impostare una buona campagna elettorale. E non credo sia utile oggi nel Pd, anzi è sbagliato, continuare a tirare sassi alla segretaria, che va aiutata e sostenuta. Dobbiamo uscire da un meccanismo per cui fare proposte o discutere diventa una critica o un problema. E lo dice uno che non l’ha votata e non sempre ha posizioni come le sue. Aiutiamola perché è il partito che va aiutato”. Un atteggiamento  quasi bipartisan – tra la coppia indissolubile col governatore e la fedeltà all’inquilina del Nazareno – tra decisione e moderazione che sembra disegnare il profilo ideale per il futuro presidente dell’Anci.

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