VERSO IL 2024

Regionali a marzo, Meloni insiste per tagliare le unghie alla sinistra

La Sardegna è (quasi) persa, l'Abruzzo traballa e con Bardi in Basilicata non c'è da stare sereni. Con il voto scadenzato l'opposizione ripiglierebbe fiato e addio alla luna di miele. Il nodo della data: Solinas disponibile per il 17. Con quale norma?

Una data e lo strumento normativo per sostenerla. Sono questi i due nodi ancora da sciogliere per anticipare il voto in quattro regioni così come nei piani di Giorgia Meloni. Intenzione nota, quella della premier e leader del centrodestra, confermata nelle ultime ore in alcuni rapidi conciliaboli: unire in un’unica tornata le consultazioni di SardegnaAbruzzoBasilicata e Piemonte. Un election day regionale separato dal voto europeo. 

Abbastanza comprensibile il motivo. Nell’isola governata attualmente da Christian Solinas lo spettro di una sconfitta appare sempre più facile a concretizzarsi, l’Abruzzo potrebbe risultare contendibile per il centrosinistra, Vito Bardi in Basilicata non fa dormire sonni tranquilli. Con questi chiari di luna immaginare una corsa a tappe (regionali) verso il voto per il Parlamento di Strasburgo potrebbe segnare l’inizio del tramonto della luna meloniana con il Paese, ben più della propaganda delle opposizioni. Uno stillicidio che darebbe fiato al fronte avverso, alimentando quella “narrazione” che più teme: la rimonta della sinistra. Altro sarebbe, infatti, mettere in conto uno o addirittura due insuccessi su quattro in un quadro complessivo dove una regione grande e importante come il Piemonte con il prevedibile successo del centrodestra attutirebbe non poco la sconfitta sarda e, magari, pure quella abruzzese.

La premier, oltre alle resistenze che potrebbero arrivare dalla Lega che, proprio in Piemonte, tra i suoi eletti registra un crescente seppur non dichiarata ostilità verso una fine anticipata della legislatura (e degli emolumenti mensili), deve fa conto su altri e più complessi problemi per giungere a quella decisione che, negli ambienti di Fratelli d’Italia e nei paraggi di Palazzo Chigi si cerca con determinazione. 

Il nodo della data non è marginale, tanto più se si deve fare i conti con la peculiarità di essere Regione a statuto speciale della Sardegna e, dunque, l’assoluta potestà decisionale su quando andare al voto, al netto di ciò che potrebbe essere stabilito in sede nazionale. A quanto risulta, Solinas avrebbe acconsentito a spostare un po’ in avanti le elezioni, dalla scadenza naturale di febbraio al 10 marzo, data che tuttavia se si avvicina al 24 marzo, in un primo tempo ipotizzata come soluzione, risulterebbe ancora troppo anticipata, specie per il Piemonte, ultima Regione delle quattro a veder terminare la legislatura.

Sfidando la cabala si starebbe, quindi, lavorando al 17. Su questo ci sarebbe già il via libera del presidente abruzzese Marco Marsilio e non si metterebbe certo di traverso Alberto Cirio, il quale al di là della rituale dichiarazione di indifferenza su quando votare, sa bene come più in fretta si va ai seggi più aumenta il suo vantaggio sull’avversario, Che, peraltro, il centrosinistra deve ancora scegliere. E se il tempo stringe, per Pd e l’eventuale alleato Cinquestelle, i problemi crescono. Se ce ne fosse ancora bisogno, la conferma è arrivata dal tentativo fallito ieri da parte del Pd di discutere e votare un ordine del giorno in Consiglio regionale proprio per blindare la fine naturale della legislatura.

Ma se sul piano politico, il turno unico regionale non incontrebbe grandi ostacoli, qualche problema presenta la procedura normativa per stabilirlo. Scartata a priori l’ipotesi di dimissioni anticipate dei governatori che dovrebbero scadere più in là (come Bardi, il 24 marzo, e Cirio, 27 maggio), politicamente insostenibile, sembra si intenda procedere sulla via di un decreto. Il rischio di contenziosi giuridici è più che una lontana ipotesi. Da Palazzo Chigi sarebbe già stato chiesto agli uffici di individuare la soluzione normativa migliore e, soprattutto, inattaccabile sotto il profilo costituzionale e i rapporti tra Stato e Regioni. Un lavoro a ritmi serrati, visto che dopo i rinvii delle scorse settimane è prevista una certa accelerazione per arrivare presto a mettere un punto fermo, così come una data, sulle prossime regionali. Che Meloni, come colto in rapide e riservate parole pronunciate anche a Torino, vuole accorpate e a distanza di sicurezza dalle europee.

print_icon