STATO SOCIALE

Piano casa, ci vorrebbe un Fanfani.
Solo in Piemonte ne servono 30mila

L'allarme dei sindacati che chiedono una revisione delle legge regionale del 2010 e un nuovo progetto di edilizia popolare. Ma mancano le risorse anche per mettere a posto gli alloggi che già ci sono: 4mila attendono solo di essere messi a norma e assegnati

Ci vorrebbe un altro Piano Fanfani. Nel solo Piemonte servirebbero almeno 30mila alloggi secondo i sindacati che invocano “un nuovo welfare dell’abitare”. È passato mezzo secolo da quel mastodontico progetto che, tra il 1949 e il 1962, diede un alloggio a 350mila famiglie, molte delle quali prima di trasferirsi nelle nuove case popolari abitavano in cantine, grotte, baracche o sottoscala. Certo, oggi non siamo in quella stessa situazione, ma quella che appare al momento una necessità presto potrebbe trasformarsi in una emergenza. “La questione casa sta esplodendo come grave problema sociale” afferma Davide Masera, segretario regionale Sunia, insieme agli altri sindacati inquilini, a Cgil, Cisl e Uil, durante un convegno in Atc (Agenzia territoriale per la casa), dove le organizzazioni hanno presentato la loro proposta di riforma della legge regionale risalente al 2010.

Per i sindacati la risposta ai bisogni abitativi è “più risorse, riqualificazioni, no a ulteriore consumo di suolo e alla svendita del patrimonio pubblico, aumento dell’offerta di edilizia pubblica anche per andare incontro a una fascia grigia in continua crescita, con reddito troppo alto per accedere all’edilizia residenziale pubblica, ma che non ce la fa più a pagare i canoni nel mercato privato”.

C’è poi il tema delle manutenzioni, “con 4mila alloggi vuoti attualmente non assegnabili”. Anche per il presidente Atc Emilio Bolla “la modifica della legge 3/2010 potrebbe essere l’occasione per valutare l’opportunità di prevedere la possibilità di utilizzo di una porzione del patrimonio di edilizia pubblica, soprattutto di piccole dimensioni, per particolari categorie con apposite graduatorie, per rispondere alla domanda crescente in questi ambiti”. Dati che stupiscono soprattutto se letti assieme a quello degli alloggi sfitti nella sola Torino. Sono 50mila secondo una stima data l’anno scorso dall’assessore al Welfare del Comune Jacopo Rosatelli. Si tratta del 15% del totale.

A rispondere è l’assessora Chiara Caucino che, dicendosi d’accordo sui principi, sottolinea che “bisogna entrare nel concreto. L’edilizia residenziale pubblica – dice – deve rispondere alle fragilità e non lo sta facendo in modo ottimale perché non è presente l'integrazione dei sevizi. Bisogna non solo dare una casa alla persona fragile, ma accompagnarla sotto tutti gli aspetti della vita. È un dato di fatto - conclude - che non ci siano case popolari sufficienti e concordo che a livello nazionale serva un piano casa serio. Iniziamo a ragionare su questo e sulle manutenzioni”.

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