ENTI LOCALI

Province, riforma a babbo morto

Salvini ormai è rassegnato. A giugno non potrà sbandierare la fine della legge Delrio. Problemi di risorse (serve un miliardo all'anno), ma anche tattica all'interno del centrodestra. Meloni spinge il via libera solo dopo le europee

Più che una speranza, un’illusione. Più che una promessa, una boutade. La verità è che, sotto il velo della propaganda e al netto della tattica necessaria col sempre più arrembante e insidioso alleato, neppure al massimo vertice della Lega, col passare delle settimane e dei mesi, era maturata la razionale consapevolezza circa la possibilità di arrivare al voto europeo con la riforma delle Province pronta da offrire al proprio elettorato. Insomma è da un po’ che Matteo Salvini se ne è dovuto fare una ragione, ingoiando il rospo cucinato a fuoco lento da Fratelli d’Italia, con il non richiesto ma utile aiuto ai fornelli di un Pd a parole favorevole a mettere definitivamente in soffitta il pasticcio normativo combinato qualche anno fa dal suo ex ministro Graziano Delrio, ma nei fatti sempre con il piede sul freno per non consentire alla Lega di incassare un facile risultato visto il coro unanime e trasversale che da anni contesta aspramente la famigerata legge che porta il nome, appunto, di Delrio.

Problemi di risorse, come anticipato già due mesi fa dallo Spiffero, quelle coperture necessarie a finanziare le non poche competenze che è previsto tornino in caso agli enti territoriali, ma anche intoppi procedurali. Un mix che, ormai è certo, impedirà di arrivare al voto europeo con la legge approvata e il ritorno dell’elezione diretta dei presidenti e dei consiglieri provinciali, oggi frutto di un voto indiretto e ponderato dei rappresentanti dei Comuni. C’è da trovare un miliardo, non una tantum bensì per ogni anno, ma c’è pure da vincere da parte di Salvini una non nascosta freddezza sul tema da parte di FdI e della stessa Giorgia Meloni per nulla disposta a spianare la strada al suo vicepremier prima del voto europeo e regionale, laddove ci sarà. Palazzo Chigi può contare, per questo, sulla presidente della sottosegretaria agli Interni Wanda Ferro, titolare del dossier e meloniana, appunto, di ferro. Che Salvini puntasse a fare il pieno di voti e si posti nelle Province tornate al voto diretto non è affatto un mistero. Un’ipotesi che specie al Nord e in Piemonte in particolare avrebbe potuto diventare la tempesta perfetta con la concomitanza delle elezioni regionali. Anche e soprattutto per questo i Fratelli hanno incominciato a pigiare sul freno da tempo, tradendo quel patto non scritto e forse mai del tutto approvato dal fronte meloniano che avrebbe dovuto portare su una corsia veloce la riforma.

Certo gli argomenti di Salvini, dalle scuole alle strade, sono di forte presa e di indiscussa importanza e per questo un ritorno al passato delle Province è auspicato da un fronte ampio che annovera moltissimi amministratori locali anche di centrosinistra, vittime della Delrio nel loro agire con problemi tanto concreti quanto più pressanti. Ma il sonno cui pare destinato il testo in Commissione Affari Costituzionali del Senato sembra ormai certo durerà ancora un po’ di mesi, quanto basta ad arrivare al giro di boa delle europee e, laddove in programma, delle regionali. Solo dopo, con i nuovi pesi all’interno del centrodestra e un’altra riforma, quella del premierato cara a Meloni, Fdi alzerà il piede dal freno. Ma per Salvini, a quel punto, la strada non sarà più la stessa.