FINANZA & POTERI

Tre uomini e una banca (Intesa). Lo Russo è in buona Compagnia

La lista con i nomi dei "papabili" alla presidenza della fondazione San Paolo è (quasi) definita, pronta a essere sottoposta al vaglio di Messina. Due le versioni che circolano: una con Asvisio, Gilli e Saracco, l'altra con il notaio Ganelli. Giochi fatti? No

La lista è corta e come la proverbiale coperta qualcuno resterà coi piedi fuori. L’elenco dei “papabili” alla presidenza della Compagnia di San Paolo è, grosso modo, definita anche se numericamente ballerina: una rosa di tre, quattro nomi da cui pescare il successore di Francesco Profumo alla guida della più importante fondazione ex bancaria di Torino, la seconda in Italia. Approntata in perfetta concordia da Stefano Lo Russo e da Alberto Cirio è l’esito, forse non ancora del tutto risolutivo, di settimane di confronto tra i due vertici delle istituzioni e i principali stakeholder della città e della regione. E sebbene per peso e consuetudine spetti al sindaco la designazione, il primo cittadino ha voluto coinvolgere nei ragionamenti il governatore, con il quale condivide onori e oneri di scelte che entrambi sono costretti a prendere spesso in solitudine.

Finito il totocandidati, che per qualche mese ha visto alternarsi ipotesi credibili e vere e proprie panzane, ora sul foglietto gelosamente custodito dai due compare il prossimo inquilino di corso Vittorio Emanuele. Foglietto pronto a essere sottoposto al vaglio, già la settimana prossima, di Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo.

Se non vi sono dubbi sulla presenza dell’ex rettore del Politecnico, oggi consigliere scientifico dell’ambasciata d’Italia negli Stati Uniti Marco Gilli, così come di Luca Asvisio, presidente dell’Ordine dei Commercialisti, professionista tra i più noti e apprezzati sotto la Mole, resta l’incognita sul terzo nome. Dalle parti del grattacielo circola con insistenza il nome di un altro ex Magnifico del Poli, ovvero Guido Saracco, che Cirio terrebbe in considerazione anche per evitare di trovarselo tra i piedi come avversario alle regionali. Non solo. Poiché la stima per Saracco è sincera (al contrario di Lo Russo che lo detesta), si starebbe profilando, sempre nell’ambito del centrodestra, una nomina di prestigio al vertice della neonata Fondazione per l’Intelligenza artificiale che il ministro Adolfo Urso sarebbe pronto a formalizzare, non senza il viatico del governatore. Insomma, un paracadute di tutto rispetto per colui che lasciando corso Duca degli Abruzzi non è certamente destinato a un semplice ritorno tra le aule e i laboratori.

Da Palazzo Civico, per contro, compare nel borsino il “notaio Gianduia”, al secolo Andrea Ganelli, erede del prestigioso studio di Antonio Maria Marocco, noto e non meno generoso supporter di Lo Russo nella sua ascesa al piano nobile di Palazzo civico. Alcuni recenti inciampi – il più clamoroso, l’incidente “diplomatico” con Assogestioni per il board di Iren – e il ruolo ambiguo (prima da “esploratore” del sindaco, poi da concorrente) svolto nel recente rinnovo dei vertici della Crt ne hanno parecchio ammaccato l’immagine agli occhi del sistema creditizio e nei salotti finanziari (“Non può essere uomo di tutte le fondazioni”, commentavano a Ca’ de Sass il suo recente tour di accreditamento). A maggio scorso aveva annunciato il ritiro dalla competizione con un sms inviato urbi et orbi (“Carissimo, solo per dirti che io mi chiamo fuori dalla partita”). Deve aver cambiato idea.

Strategie e giochi di rispettive convenienze, quelle che paiono girare attorno al terzo nome, mentre altre valutazioni circolano a proposito dei primi due. Su Gilli ci sarebbero segnali di alcune riserve che proverrebbero dal sistema economico e produttivo, sempre più apertamente ostico verso l’ipotesi di un “professore” alla guida della Compagnia. Prova ne è il chiaro messaggio recapitato nelle scorse settimane al sindaco dai vertici di Api (Fabrizio Cellino) e dell’Unione Industriale (Giorgio Marsiaj, era atteso anche il presidente della Cna, Nicola Scarlatelli, che all’ultimo si è dato alla macchia), per affermare la necessità di non avere una figura accademica, giudicata poco in sintonia con il territorio. Messaggio, tra l’altro rivolto, a chi oggi è primo cittadino, ma di professione fa proprio il professore universitario (ha ovviamente molto apprezzato, ottima mossa). Ma tant’è, questi sono i desiderata che arrivano da quella parte. A Gilli viene imputato pure il fatto di essere da tempo lontano dalla città (sette anni, “un marziano”) e non aver lasciato il ricordo di un Politecnico molto dinamico, schiacciato tra le figure del suo predecessore Profumo e il suo successore Saracco, due con un ombelico piuttosto sviluppato. 

Meno ostacoli, sulla carta, per Asvisio. Torinese, cresciuto alla scuola di un maestro di primo piano come Aldo Milanese, tra i primi ad avvertire la necessità di “fare sistema” nell’interesse della città, ha lavorato con l’indimenticabile Bepi Dondona rilevandone lo studio, il numero uno dei commercialisti vanta un pedigree di sabaudo doc e conosce a menadito, per ragioni professionali, la realtà produttiva e il mondo delle fondazioni (è stato fino allo scorso mandato presidente del collegio sindacale nella “cugina” Crt). Siede in numerosi consigli, enti benefici, sodalizi culturali, in passato è stato nel cda della Camera di Commercio e in ultimo Lo Russo l'ha nominato revisore in Gtt.

Un quadro abbastanza, ma non del tutto, definito insomma. Un tavolo dove, come osservano gli addetti ai lavori (e ai livori), si potrebbe giocare al ciapa no, il tresette a chi fa meno. Nessuno dei candidati sul piatto appare come quello ideale, per nessuno. Soprattutto per quelli del “Signora mia, come siamo caduti in basso”, i soliti noti del rugoso establishment subalpino che lamentano il basso standing dei candidati, non accorgendosi di essere parte del problema. E dunque è probabile che si vada per esclusione, tirando fuori il candidato che soddisfa i più o scontenta meno lo scalcinato “sistema Torino” e non rappresenta un intralcio per Messina, i cui sopraccigli verranno osservati con attenzione sia da Cirio sia da Lo Russo al momento in cui verranno snocciolati i nomi. Il capo di Intesa ha fatto sapere con debito anticipo e larga diffusione che è per il massimo rispetto della volontà del territorio. Dirà la sua, certo, ma semza prevaricare. Un approccio assai diverso da quello che aveva segnato il bis, obtorto collo dell’allora sindaca Chiara Appendino, di Profumo al vertice della cassaforte, principale azionista della sua banca. Nel quale, tra l’altro, custodisce pure i debiti della città. Non solo quelli onerosi.

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