GRANA PADANA

Lega, congresso prima del voto. Salvini studia il blitz per blindarsi

Il segretario teme (a ragione) per la sua leadership. La riconferma come polizza per il futuro. Nel partito cresce il malcontento. Ponte di Messina e candidatura Vannacci, temi indigeribili nel Nord sempre più in ebollizione. Ipotesi di reggenza a Calderoli

Un congresso ad aprile per evitare le idi di marzo, che facilmente arriverebbero con il voto europeo di giugno. È un drammatico calendario quello che Matteo Salvini sta cercando di riscrivere, provando a far firmare alla Lega la sua polizza contro il probabile e temuto disastro elettorale. Al segretario, ormai, è chiaro quel che potrebbe accadere se, come tutte le previsioni lasciano intendere, dalle urne uscisse un partito spettro di quello che fu cinque anni fa: bloccato alla soglia critica dell’8% o anche meno, vittima di scelte che il Capitano ha imboccato a testa bassa e sguardo (troppo) a destra, infischiandosene degli avvertimenti dei suoi che ora paiono ormai tardivi allarmi, ma puntuali avvisi di un redde rationem.

Ormai neppure quel leninismo che ha contraddistinto il Carroccio fin dal suo nascere, assumendo tratti ancor più marcati con la svolta salviniana, può contenere ciò che è in procinto di esplodere. Il Nord, con il suo bacino elettorale sempre più prosciugato non solo dalle idrovore meloniane e dalle sempre più ampie falle praticate dal leader alla diga federalista e autonomista, è qualcosa che nel clima assomiglia alla vigilia di un 25 luglio leghista. L’attenzione concentrata sul Ponte di Messina, l’intenzione di schierare alle europee il generale Roberto Vannacci, le decisioni su nomine importanti prese spesso all’insaputa degli stessi vertici del partito, per non dire di quel folle inseguimento a destra di un’imprendibile Giorgia Meloni, sono quanto di peggio non sarebbero riusciti a immaginare coloro che ormai contano i mesi. Non quelli che separerebbero l’oggi da un improbabile Papeete bis che non vedrebbe più il partito seguire il suo capo (e lui lo sa bene), quanto dall’attuale leadership a un’altra, prima che sia troppo tardi. 

Nel Nord-Est la debole difesa dall’offensiva meloniana col veto al terzo mandato per i governatori, aumenta tensioni e critiche. E, ancora lì, in quella che resta la vera culla dell’autonomia, c’è chi raccogliendo consensi anche altrove vede già nel presidente del Friuli-Venezia GiuliaMassimiliano Fedriga, il nuovo condottiero di una nuova Lega, meno lontana da quella vecchia messa senza troppi complimenti tra le carabattole da Salvini. Una fetta consistente guarda in direzione di Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera e numero uno in Piemonte, magari alla testa di un drappello di colonnelli crescuti all’ombra del Capitano ma ormai affrancati dalla condizione di sudditanza e desiderosi di riprendere in mano il modello federalista del partito. Non l’abbandono ipso facto del modello nazionale di questi ultimi anni, ma una Lega in cui ognuno torna padrone a casa propria e in cui il segretario federale assume i tratti del primus inter pares. Magari con una fase di transizione affidata a un grande vecchio del partito, Roberto Calderoli, figura di provata fede e soprattutto pugnace paladino di una delle ultime bandiere storiche: l’Autonomia.

Così, la voce che da un po’ di giorni sta circolando tra i maggiorenti della Lega, di un congresso federale entro aprile a Roma appare più di un rumors, per ora ovviamente senza alcuna conferma ufficiale. La stessa accelerazione impressa dal segretario a chiudere le “militanze”, ovvero le iscrizioni che danno diritto al voto, entro il 31 marzo sembra un ulteriore segnale che indicherebbe ciò a cui sta lavorando il leader. Un piano, secondo alcuni, non solo “folle” ma anche “tecnicamente al limite dell’impossibile” (non riesce neppure a celebrare il congresso in Lombardia) che però nessuno se la sente di escludere a priori. “Finora non ne ha parlato – confida uno dei più alti ufficiali – ma questo non vuol dire nulla, visto che da tempo non parla più quasi con nessuno”, al di fuori del ristretto cerchio magico di via Bellerio (il fido Andrea Crippa, Lorenzo Fontana e pochi altri).

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