LA SACRA RUOTA

Girotondo della sinistra a Mirafiori

Una camminata attorno alle mura del vecchio stabilimento Fiat. Fratoianni e Bonelli alla testa di alcune centinaia di militanti. La ricetta per rilanciare l'industria automobilistica: la conversione ecologica. La marcia si chiude con l'amarcord di Castellina

“Vogliamo dire a questo Paese, e in particolare a chi lo governa male, che se vogliamo salvare il lavoro e le filiere industriali italiane dobbiamo investire nella conversione ecologica. Queste due grandi questioni del nostro tempo devono essere affrontate insieme, e sollecitarlo qui davanti a Mirafiori ha un valore simbolico”. È la ricetta di Nicola Fratoianni per dare un futuro all’industria automobilistica e allo storico stabilimento Fiat. Il segretario di Sinistra italiana è intervenuto oggi a Torino alla marcia “Clima Lavoro” a Torino: “Abbiamo un governo che fa di tutto affinché la nostra industria diventi obsoleta e sia espulsa dalla filiera produttiva internazionale. Serve una iniziativa pubblica per affrontare la trasformazione di tutta la filiera automotive che si sta determinando nel mondo, e rispetto alla quale noi siamo indietro. Senza questo impegno il rischio è che alcuni asset strategici del paese finiscano fuori dalle catene competitive globali”.

Alcune centinaia di persone hanno fatto il girotondo attorno alla vecchia fabbrica, simbolo del secolo ferrigno e per la sinistra santuario delle lotte operaie del Secondo Dopoguerra. Il periplo delle storiche mura per sensibilizzare sui temi dell’ambiente, delle automobili e del futuro del capoluogo piemontese. La marcia “Clima-lavoro”, organizzata da Sinistra Ecologista e Alleanza Verdi e Sinistra, è partita dalla porta 5 e ha percorso il perimetro dell’impianto oggi Stellantis per circa cinque chilometri. “Per la piena e buona occupazione nella transizione ecologica, basta delocalizzazione e cassa integrazione”, lo slogan apparso sullo striscione alla testa del corteo. “Una marea di centinaia di persone ha percorso il perimetro di Mirafiori, ma avremmo potuto anche essere in dieci e sarebbe stato comunque importante: un gesto simile non avveniva da 45 anni”, sottolineano Alice Ravinale, capogruppo di Sinistra Ecologia in Consiglio comunale a Torino e Marco Grimaldi, deputato di Alleanza Verdi Sinistra. “Insieme abbiamo ribadito che la transizione ecologica e la piena occupazione sono possibili così come lo è un’alternativa a questo governo”, aggiungono. Presenti oltre a Fratoianni pure Angelo Bonelli, segretario di Europa Verde e Luciana Castellina, classe 1929, figura di spicco dell’aristocrazia comunista, nel lontano 1969 radiata dal Pci per aver dato origine al gruppo del Manifesto, più volte parlamentare italiana ed europea, oggi presidente onoraria dell’Arci.

Il vicecapogruppo di Avs alla Camera Grimaldi, ha ricordato che “veniamo da più di 17 anni di cassa integrazione e siamo qui per dire che si possono continuare a progettare auto anche a Torino, che la transizione ecologica non ha niente a che fare con gli anni bui che abbiamo visto ma anzi può servire a rilanciare questo stabilimento”. Sul possibile sbarco di un produttore cinese nello stabilimento di Mirafiori, che indiscrezioni stampa qualche giorno fa indicavano in Leapmotor, partner di Stellantis, “diciamo ben venga”, ma “non sia l’alibi per portare fuori da questo stabilimento la 500 elettrica che è l’unica auto elettrica attualmente fatta in Italia”. Per Bonelli “questo Paese sta rinunciando all’innovazione tecnologica e a un asset industriale molto importante per scelte strategicamente sbagliate dal punto di vista industriale. Il governo sta subendo la scelta prima di Fca di andare all’estero e ora di non essere competitivi della trasformazione del settore automotive verso l’elettrico. Questo comporterà un problema serio dal punto di vista della ricaduta occupazionale. Qui pesa la strategia folle e irresponsabile di questo governo, in primis di Meloni e poi di Urso, che fanno la guerra all’elettrico”. Ravinale ha snocciolato cifre come grani di un rosario: “In questi 3 milioni di metri quadri già oggi per metà non utilizzati, lavorano 12mila persone. Sappiamo che se non ci saranno piani seri industriali di Stellantis queste 12mila persone o andranno in pensione o verranno mandate via perché i veri investimenti in questo momento Stellantis li sta facendo con i piani di incentivazione all’esodo. Noi sappiamo che è fondamentale per il nostro territorio mantenere l’occupazione e che il Piemonte e Torino non si possono permettere di lasciar spegnere questo stabilimento. I dati dei posti di lavoro persi nell’indotto negli ultimi 20 anni parlano di 32mila persone, tantissime. Non possiamo permettere che questa fabbrica, che ha fatto la storia industriale d’Italia, venga lentamente lasciata spegnere perdendo altre migliaia persone di lavoro”.

Una punta di amarcord nelle parole conclusive di Castellina, nella cui mente forse scorrevano ben altre manifestazioni e di gran lunga più partecipate, ai tempi in cui studenti cullati nel mito dell’operaio massa urlavano “Mirafiori è la nostra università”. “Questa piazza è stata l’agorà principale d’Italia per 10 anni. Per chiunque si proponeva di cambiare il mondo, il primo posto era Mirafiori. La porta numero due. Non voglio parlarne per piangere sul passato ma perché credo che abbiamo bisogno di tenere quell’esperienza in testa perché è stata una grande esperienza: si usciva da anni difficili, ci è voluto che arrivasse una nuova generazione per riprendere la parola e l’offensiva. L’offensiva c'è stata perché qui si sono radunate due generazioni, la vecchia classe operaia torinese e piemontese, con una grande storia che cominciava con Gramsci, e poi la nuova classe operaia, che arrivava dal Sud, che doveva imparare ma ha portato una nuova energia alla lotta. Qui si è avuto il coraggio di cambiare molte cose”. Castellina ha ricordato che “le tecnologie nuove hanno portato nel XX secolo una riduzione dell’occupazione tradizionale del 15%. Il rischio che abbiamo è che in questo secolo le tecnologie nuove portino a una riduzione del 75%. Allora dobbiamo inventare anche altre rivendicazioni. Non basta più chiedere il diritto allo studio bisogna chiedere che lo studio accompagni il lavoro per tutto l’arco della vita altrimenti anche i nostri laureati dopo 10 anni si troveranno con una conoscenza obsoleta. Ogni stagione ci pone delle necessità”.

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