GRANA PADANA

Salvini a ruote sgonfie attacca Stellantis: "Hanno rovinato una bellissima storia"

Un Capitano sotto tono, stanco e visibilmente logorato. Poco convinto del tavolo Urso: "Torino non meritava questo epilogo". Cerca di rinverdire la retorica antieuropea, poi si interrompe per lasciar parlare Zaia. Molinari tra 25 Aprile e Carta di Chivasso

Il punto stampa Matteo Salvini lo fa davanti alla foto del senatore Agnelli, il patriarca della Famiglia, il fondatore della Casa reale delle Quattro Ruote. Non a caso. Gli chiedono cosa auspica per Stellantis: “Cosa auspicavo”, corregge i cronisti. Parla al passato: “Posso dire che visto i miliardi che ci hanno messo gli italiani e i governi non è l’epilogo che si meritavano Torino, il Piemonte e gli operai. Se ne sta occupando il ministro Urso, sicuramente farà il massimo però di italiano è rimasto poco: fiscalmente, moralmente, culturalmente, produttivamente. Mi spiace, perché hanno rovinato una bellissima storia”.

Ha l’aspetto provato Salvini, viso enfiato e occhiaie spesse. Appena arrivato al Mau, il Museo dell’auto di Torino, per il convegno sull’autonomia differenziata snocciola la sua fitta scaletta che da Torino lo porterà a Bari (“ma non parlo dei problemi giudiziari del Pd né qui né lì”, si schermisce) poi Napoli, Roma, il G7 a Milano. Parla dei sessanta giorni di campagna di elettorale da fare con passione per poi rigettarsi nel governo: “Il 9 giugno è una scelta di vita o di morte”, dice, pur senza il trasporto di cinque anni fa, l’era pre Papeete. Allora era sulla cresta dell’onda, oggi il Capitano naviga sotto costa. “Sto scrivendo, non un libro di memorie, ma una riflessione su questi dieci anni da segretario”. Quarant’anni di Lega, due lustri da leader, una storia che non sarà quella del Pci ma comincia a farsi lunga e, per certi versi, anch’essa storica. Il rullo dei ricordi per lui è “una storia di coerenza”. Verrebbe dare: coerente nell’incoerenza, visti i repentini cambi di idee e posizioni. Di certo l’autonomia è una battaglia che affonda nelle sacre fonti battesimali del Carroccio anche se oggi, a differenza di un’epoca che pare preistoria, ogni leghista si spertica per spiegare che la riforma non danneggia assolutamente il Sud, anzi.

Poi un fuori programma che fa saltare la scaletta. Mentre Salvini sta ancora parlando, appare sul maxischermo il governatore del Veneto Luca Zaia e il leader leghista gli cede subito la parola. Dopo gli schiaffoni che il Doge gli ha assestato all’ultimo “federale” deve aver pensato che fosse meglio non farlo attendere. Zaia, collegato dall’auto, parla per 12 minuti quasi solo di autonomia “che io se fossi un governatore del Sud chiederei”, poi si scollega e Salvini riprende il filo del suo discorso.

In sala tanti leghisti che contano, come il governatore del Friuli-Venezia Giulia e presidentedella Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga, camicia bianca e golf blu sulle spalle. L’europarlamentare Silvia Sardone in look total white si aggira nelle file dietro, cerca accordi per tenersi lo scranno a Bruxelles. I consiglieri piemontesi riempiono una fila intera, il presidente uscente di Palazzo Lascaris Stefano Allasia sta davanti a tutti, come si confà al ruolo. Unico intruso ma “d’eccezione” il governatore del Piemonte Alberto Cirio, che resta giusto fino alla foto col Capitano, che sulle regionali non ha molto da dire: “In Piemonte vinciamo”, taglia corto.

Roberto Calderoli va a fondo nei dettagli della riforma autonomista, ma lascia uno spazietto alla campagna elettorale della moglie Gianna Gancia ricordandone l’ultima battaglia: ha lanciato la petizione “pane al pane”, per vietarne la denominazione a quello fatto con farina di grilli. Queste sì che sono battaglie campali. Il capogruppo alla Camera e coordinatore del partito in Piemonte Riccardo Molinari scalda il pubblico in apertura, quando Salvini è ancora assente, e ne approfitta per coprirsi a sinistra: “Questa è la Regione della Carta di Chivasso. Quando qualcuno vuole intestarsi il 25 aprile come battaglia di parte, quella è una battaglia di tutti, anche di federalisti e autonomisti”. Salvini invece copre il lato destro: “Se qualcuno dicesse sì a Macron e no a Le Pen avrebbe una responsabilità drammatica”.

E se il 2024 sarà l’anno dell’autonomia, come ripetono Capitano e colonnelli, c’è un'altra sfida: “Cambiamento a Bruxelles, ma anche a Washington”. Vuole Trump: “Guarda caso, ogni amministrazione democratica a Washington coincide con periodi di guerra, ogni amministrazione repubblicana e cattiva coincide con un periodo di pace”. Sarà, ma dal pubblico qualcuno gli urla di riportare l’auto a Torino, dopo che lui aveva cominciato così: “Siamo nel museo dell’automobile, se non cambiamo completamente le sorti dell’Europa col voto tra 65 giorni, questo tra vent’anni sarà un museo di automobili cinesi”. Make Torino great again? Salvini ci scherza su: “Non so se dopo Zaia si collega John Elkann”.

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