CENTRODESTRA

Autonomia, la Lega spinge e FI frena.
Cirio e la partita-chiave in Piemonte

L'avviso di Fontana a Tajani: "Non buttare la palla in tribuna". La strategia dilatoria del segretario azzurro e l'accelerazione del Carroccio stringono a tenaglia il governatore (che è anche vice di Tajani). Riuscirà anche stavolta a uscire da una situazione difficile?

“Sull’autonomia Antonio Tajani non butti la palla in tribuna”, l’avviso arrivato dal governatore della Lombardia Attilio Fontana in rapida risposta alle dichiarazioni dilatorie del segretario di Forza Italia, sempre più col freno a mano tirato rispetto alla riforma-totem della Lega. Palla in tribuna o meno, la partita più complicata per gli azzurri e per il loro leader sarà quella sul terreno del Piemonte

Le premesse per prevedere difficoltà, acrobazie e magari anche qualche gioco di prestigio al quarantesimo piano del grattacielo del Lingotto ci sono tutte. A guidare la Regione c’è Alberto Cirio che non solo è uno dei presidenti forzisti, ma è pure vice di Tajani al vertice del partito sempre meno caldo, per non dire gelido, verso l’autonomia, ben consapevole del rischio di perdere consensi soprattutto al Sud viaggiando sulla stessa corsia tracciata dal partito di Matteo Salvini, versione parzialmente rinnovata (e ritrovata) in tinta nordista rispetto alla mimetica vannacciana.

Di più: Cirio divide il ruolo di numero due con il suo collega governatore della Calabria Roberto Occhiuto, il quale contro la riforma voluta dalla Lega è pronto e non da ieri a fare le barricate, nel frattempo l’altro giorno della questione, insieme ad altre in agenda, ha discusso non con Tajani, ma direttamente con Giorgia Meloni, alla quale presumibilmente avrà ribadito le ragioni della sua ferma contrarietà all’attuazione della legge partorita da Roberto Calderoli. Ma Cirio è anche il presidente che non appena rieletto ha spedito, su cortese e pressante invito leghista, la lettera a Palazzo Chigi chiedendo di avviare il confronto per le materie che non richiedono i Lep (i complessi e discussi livelli essenziali di prestazioni), unendosi nel gruppetto di testa a LombardiaVeneto e Liguria anche se su quest’ultima pende l’incognita della futura amministrazione di Piazza de Ferrari che uscirà dalle elezioni in autunno.

Un’accelerata, con quella lettera dall’indubbio significato politico, che stride con la frenata arrivata dal massimo vertice del partito del presidente e che, certamente, non pone quest’ultimo nella migliore o più facile delle circostanze. Da un lato tenere la linea di Tajani, pur senza arrivare a posizioni simili a quelle di Occhiuto, dall’altro mantenere i patti con l’alleato leghista e fede ai proclami ripetuti, anche dopo la riconferma arrivata dal voto, a favore dei maggiori poteri in capo all’ente di cui è alla guida. In sovrappiù, pochi giorni fa, è stata ancora la Lega a chiedere a Cirio, con il suo segretario regionale Riccardo Molinari e il gruppo consiliare a Palazzo Lascaris, di unirsi al suo omologo veneto Luca Zaia nell’opposizione al ricorso contro la legge Calderoli annunciato da SardegnaPugliaToscana.

Dopo la richiesta recapitata a mezzo nota, Molinari appena rientrato dall’estero non ha ancora incontrato Cirio, nei giorni scorsi in missione in Giappone, ma il capogruppo alla Camera si dice fiducioso circa la risposta. “Sul tema dell’autonomia Cirio è sempre stato molto corretto e disponibile – ricorda Molinari allo Spiffero –. Nella scorsa legislatura abbiamo avuto la guida della commissione per l’autonomia, in quella attuale ha affidato a un nostro assessore, Enrico Bussalino, la delega alla stessa materia. Personalmente non ho motivo di pensare che Alberto non prosegua su questa strada, anche perché da governatore sa che si tratta di qualcosa che al Piemonte serve e porterebbe indiscutibili vantaggi”. 

È più di un auspicio quello di Molinari sulla questione dell’opposizione al ricorso che, al di là dell’efficacia giuridica, racchiude anche in questo caso un forte significato politico. Lo stesso che potrebbe mettere in un certo imbarazzo il governatore rispetto al suo leader di partito. La questione non sfugge certo a chi la politica la conosce e la naviga da tempo come Molinari, tanto da fargli mettere in conto che “Cirio per ragioni di partito potrà avere una posizione un po’ più sfumata e ci sta”, ma questo non esclude nella previsione dell’esponente leghista che “sia nella convinzione di Alberto e nel suo interesse andare avanti”. 

Resta da vedere, appunto, come. Nei prossimi giorni una decisione sull’adesione o meno all’opposizione al ricorso avviata dal Doge dovrà esserci e lì si capirà anche se e quanto peserà un’ulteriore variabile all’interno del centrodestra al governo del Piemonte, ovvero la posizione di Fratelli d’Italia. “Nella loro storia non c’è mai stato entusiasmo per l’autonomia – premette Molinari – ma va preso atto che Giorgia Meloni è stata molto corretta, portando tra le tre grandi riforme, ad approvare per prima proprio quella sull’autonomia”. In più, ieri, prima del consiglio dei ministri la premier ha parlato proprio di questo tema, difendendolo e replicando alle “menzogne della sinistra” sul Sud e dopo le prese di posizione della Conferenza Episcopale della Calabria contro la riforma.

Parole quelle della Meloni che quasi spingerebbero ancora più verso Forza Italia, o comunque una parte di essa, l’asse più ostico all’interno della maggioranza contro la legge Calderoli. Anche per questo sarà interessante vedere le prossime mosse del governatore del Piemonte e vicesegretario forzista. L’impresa non si annuncia facile, ma immerso nell’acqua della Lega e stretto dalle catene di Tajani, Cirio alla fine potrebbe uscirne come Houdini. Tra gli applausi e senza svelare il trucco.