SANITÀ DEL FUTURO

Medici di famiglia in estinzione.
Crollo delle iscrizioni ai corsi

Un terzo dei posti per il triennio di formazione è andato deserto. Professione meno attrattiva rispetto ad altre specialità. In Piemonte dove mancano quasi mille camici bianchi 127 iscritti per 168 borse di studio. A rischio le Aft. Situazione critica in tutto il Nord

Un futuro in cui trovare un medico di famiglia sarà, soprattutto al Nord, un’impresa sempre più spesso impossibile. È quello che si prospetta ormai da tempo e che gli ultimi dati sulle iscrizioni ai corsi di medicina generale non fanno che confermare drammaticamente, disegnando ancora una volta un’Italia divisa in due. Ieri, nel giorno in cui il ministro della Salute Orazio Schillaci manifestava la sua intenzione di trasformare gli attuali corsi di formazione in una vera e propria scuola di specializzazione per rendere più attrattiva questa branca della medicina, la partecipazione ai test di ammissione tenuti in ciascuna regione è risultata inferiore di circa un terzo rispetto ai posti disponibili.

Se anche in una regione presa spesso a modello come il virtuoso Veneto a fronte di 250 borse di studio messe a disposizione per formare i futuri medici di famiglia, si sono presentati soltanto 142 neolaureati, ben si comprende la gravità della situazione e della prospettiva che si annuncia. Cifre decisamente basse che, come fanno notare sia i sindacati sia gli Ordini professionale sono fisiologicamente destinate a ridursi ulteriormente per abbandoni o cambi di indirizzo in corsa verso altre specialità. Neppure in altre aree del Paese, per molti versi potenzialmente attrattive com’è il caso dell’Umbria, le cose vanno meglio. A Perugia per 45 posti si sono presentati in 28, dieci dei quali hanno già manifestato altri interessi, facendo il test solo come eventuale alternativa di ripiego. Nessuna consolazione neppure dal piccolo Molise con 6 iscritti per 20 posti. 

Un disastro, per molti versi annunciato visto che già lo scorso anno in Lombardia dei 700 iscritti alla selezione si presentarono al Forum di Assago soltanto in 344 e i posti a disposizione erano ben 416. Quest’anno è andata pure peggio visto che per 505 posti si sono seduti sui banchi per rispondere ai test non più di 278 professionisti. Se si considera che da questi futuri medici di famiglia dipenderà buona parte dell’auspicato e indispensabile rafforzamento della medicina territoriale, non c’è da star tranquilli. E poco cambiano i dati, nettamente in controtendenza, che arrivano dal Sud e in particolare dalla Sicilia dove si sono presentati ai test in 308 a fronte di 191 borse di studio, così come dalla Campania con 259 aspiranti per 163 posti.

Tornando al Nord e in una regione come il Piemonte dove oggi rispetto ai quasi 4mila medici di famiglia necessari se ne contano soltanto circa 2.800, anche le speranze riposte nella partecipazione ai test svoltisi ieri all’Asl Città di Torino, s’infrangono nei numeri. Per i 168 posti disponibili hanno svolto le prove appena in 127. “Con queste cifre come è pensabile di poter costituire entro l’inizio del prossimo anno le Aft?” chiede polemicamente Mauro Grosso Ciponte, segretario regionale dello Snami, uno dei sindacati dei medici da sempre più scettici circa le future aggregazioni funzionali territoriali per cui serve un determinato numero di professionisti a coprire un arco orario di fatto completo per un’area geografica e un nuemmro si assistiti ben precisi. Di una “situazione che continua a volgere al peggio, senza interventi risolutivi” parla anche il segretario regionale di SmiAntonio Barillà

Da Villasimius dove la Fimmg, altra importante sigla sindacale dei medici di famiglia, tiene il suo congresso nazionale, il segretario per il Piemonte Roberto Venesia non nega un quadro “allarmante” le cui origini “vanno ricercate in una professione sempre meno attrattiva per i giovani laureati, ma anche poco conosciuta”. Su quest’ultimo aspetto Venesia annuncia l’intenzione di “tornare nelle università per far conoscere la professione di medico di medicina generale agli studenti degli ultimi anni, come facemmo tra il 2002 e il 2010 con risultati apprezzabili”. 

Iniziative prospettate a un futuro che, oggi di fronte al peso della scarsa attrazione che il lavoro del medico di famiglia esercita su giovani laureati, appare sempre più fosco. E non consola affatto il presente. "Desertificazione sanitaria, riduzione del numero dei medici di famiglia da 43mila a 37mila, perdita di interesse all'accesso alla formazione specifica, impossibilità a rispondere alle esigenze assistenziali delle aree interne e delle periferie delle grandi città”, spiega Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg. E dal suo congresso il sindacato dei camici bianchi lancia l’ennesimo avvertimento: "Siamo pronti allo sciopero – avverte Scotti – facendo capire ai nostri pazienti che è in gioco non un interesse di parte ma la salvaguardia un diritto collettivo costituzionale che dia un futuro a noi, ai nostri pazienti, e ai giovani che oggi hanno partecipato al concorso per diventare medici di famiglia”. Chissà se aveva già visto i numeri?

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