Lettera aperta a fratel Enzo Bianchi

Fratel Enzo,
scusa se ti chiamo così, ma non riesco ad aggiungermi al coro di quelli che ti chiamano Padre e del quale tu oggi pare compiacerti. Non posso dimenticare quante volte ti ho sentito citare Mt. 23,9: “Non chiamate nessuno Padre sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo£. Non posso neppure dimenticare che a pag. 32 della Regola di Bose da te redatta e sottoscritta come primo (ero presente, in quella mattina di Pasqua 1973 e sei stato tu ad accogliermi la prima volta che sono venuto a Bose il 2 agosto 1971) sta scritto: “Chi presiede non è più grande degli altri, non è capo, né padre, né maestro né direttore. Questi titoli e queste funzioni competono a Cristo solo. Usarle significa derubare e attentare all’unica signoria”.

 Eventualmente, il titolo di “Padre” nei monasteri compete a chi presiede all’unità che “significa semplicemente esercitare il carisma dell’unità nella comunità. È per esigenza di comunione che nella comunità c’è chi suscita e ricerca l’unità” (sempre a pag. 32 della Regola di Bose). Una volta terminato questo servizio, si torna ad essere un semplice fratello e sorella come tutti.

Permettimi un ricordo personale. Una volta, in un monastero, ho cercato la vecchia badessa chiedendo di “madre xyxy” e mi ha colpito lo sguardo di sorpresa della sorella che mi ha ricordato: “Qui abbiamo solo una ‘Madre’ ed è la Badessa”. Lo stesso ho percepito a Camaldoli.

Fr. Enzo, cosa è accaduto per cambiare così? Non vorrei che fosse il “frutto” di trent’anni di sovraesposizione mediatica… Fino ad oggi ho ritenuto opportuno esimermi dal prendere posizione nei social per una parte o per l’altra nella vicenda tra te e la Comunità di Bose. Però, se dalla Santa Sede si è giunti a un “Decreto Singolare” di tale durezza, penso non sia stato fatto a cuor leggero ma che, prima, sia stata verificata ogni possibile alternativa. Come è nell’esperienza di tutti, le colpe non sono mai da una parte sola e ciascuna è chiamata a farsi carico della sua porzione cosa che, purtroppo, mi pare in questo caso non sia proprio avvenuta. Senza questo, difficile pensare di poter “sanare i contrasti” (o gli “equivoci” come li hai definiti tu nell’intervista a “Porta a Porta”). Al contrario, da te ho letto fin dall’inizio solo parole di accusa che acuivano ed ampliavano e non gettavano ponti sul fossato che si stava formando e che ha radici profonde nel tempo.

Fr. Enzo, cosa è accaduto? Per 50 anni hai “lavorato” per l’unità e, poi? Certo, ho percepito tanta sofferenza da ambedue le parti, da parte tua e della Comunità (sofferenza che ha coinvolto anche tutti quelli che a Bose, come me, sono riconoscenti per avervi scoperto la passione per la Parola ed aver anche appreso i primi elementi per potervisi avventurare nella preghiera) ma quella diffusione a più riprese di documenti riservati e varie accuse ha avuto solo l’effetto di aggravarla, quasi a voler fare il più male possibile.

In questi giorni è apparsa sui giornali la notizia che hai acquistato e stai restaurando un casolare a poco più di una decina di chilometri da Bose. Non hai mai nascosto di cercare una soluzione simile e sono felice per te di aver avuto le possibilità economiche di un simile investimento. Il tema però è il rispetto della Regola di Bose che tu stesso hai scritto: tu fratello e sorella sei tenuto “innanzitutto a mettere i tuoi beni e il guadagno del tuo lavoro in comunione con gli altri. Consegnerai il tuo salario al fratello incaricato dal consiglio, e così esso non sarà più tuo, ma di tutti” (pag. 22 della Regola). Principio contenuto anche nell’incipit dell’art 3 dello Statuto di Bose.

Fr. Enzo, non credi opportuno fare chiarezza sulle fonti di questo rilevante impegno finanziario che hai avuto la possibilità di effettuare? Come monaco non potevi averlo, quindi? Questo interroga non solo me ma anche molti altri e capisci che può essere motivo di un ulteriore scandalo, delusione, sofferenza? Ti chiedo il favore di fare chiarezza con quella parresia che da sempre invochi, insegni e hai praticato, con verità. Mi domando anche se, questa tua iniziativa, rispetta il punto 13 del “Decreto Singolare” che ti fa “divieto a fondare comunità, associazioni o altre aggregazioni ecclesiali”.

Fr. Enzo, non credi opportuno chiarire? Capisco che aggirarla può essere semplice e che la vita cenobitica è la tua vocazione ma, piuttosto, perché proprio solo a pochi chilometri da Bose? Spero che la “location” scelta non sia solo un “dispetto” che sarebbe un ulteriore motivo di scandalo. Oggi la Comunità di Bose sta con decisione guardando avanti rimarginando la ferita sanguinante e io spero che nessuno, nessuno pensi di poter continuare ad affondare e far girare il coltello nella piaga.

Vorrei concludere, ringraziandoti per tutto quello che mi hai dato e per il quale ti sarò sempre riconoscente, malgrado l’amarezza e il dolore per quello che è accaduto. Sia il Signore, non altro, a guidarci tutti.

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