DECADENZA

Nel Pdl ora volano i cuculi

Nel caos calmo del centrodestra piemontese le divisioni tra falchi e colombe sono sfumate. Chi sta con chi, tra coerenza e opportunismi. Bonsignore sotterra l'ascia di guerra e fa pace con Coppola e i ciellini. Pedrale pensa come sfangarla da Rimborsopoli

Il più scettico sulla possibilità di una ricomposizione della corte berlusconiana è parso Vito Bonsignore. Con l’esperienza del politico navigato che ha attraversato mille marosi non vede all’orizzonte nessuna Itaca. Certo, anche lui come gli altri maggiorenti del Pdl piemontese che ieri si sono ritrovati per “fare il punto” auspica l’unità, ma il quadro politico è talmente compromesso da lasciare poche speranze. E nella babele del centrodestra ognuno parla la propria lingua e le stesse parole assumono significati diversi, persino opposti a seconda di chi le pronuncia. Così la prospettiva di dar vita a una forza europea, solidamente ancorata al Ppe, riformista e liberale, guidata da una leadership plurale e fondata su regole di partecipazione democratica, si allontana pericolosamente. La tentazione di cedere alle sirene del berlusconismo estremo, a quello zoccolo duro che l’ex sottosegretario Roberto Rosso definisce i “nostri trinariciuti”, si fa largo ai vertici del partito, e non solo tra i pretoriani di Arcore.

 

«Per raggiungere l’unità – avverte Enrico Costa – il Consiglio nazionale non deve essere trasformato in una rissa all’ultimo voto» e per questa ragione, a differenza dei “lealisti”, non ha promosso alcuna raccolta di firme, sollecitando piuttosto a elaborare una posizione autonoma, una sorta di “lodo Piemonte”, in grado di volare più in alto, sopra le zuffe tra falchi e colombe. Proiettate in loco le divisioni nazionali sono meno marcate e i confini tra le due faide assai più sfumati, come testimoniano i continui passaggi dall’uno all’altro fronte di molti dirigenti. Per non dire della composizione alquanto eterogenea, per usare un eufemismo, degli schieramenti. Da una parte con Costa e Bonsignore ritroviamo due assessori regionali – Claudia Porchietto (vicina a Sacconi) e Michele Coppola (sodale di Ghigo) – fino a ieri bersaglio degli strali del vecchio notabile andreottiano, nonché la componente ciellina capitanata da Giampiero Leo (autore di un apprezzato intervento) e Silvio Magliano (ostentatamente silente). In certi frangenti i compagni di viaggio non li scegli. Esplicito al riguardo è stato il capogruppo in Sala Rossa Andrea Tronzano: “Sto con Alfano se non si spacca il partito”, altrimenti chissà.

 

E sull’altro fronte un serio riformista come Gilberto Pichetto si ritrova in compagnia di un democristiano antidiluviano come Ugo Cavallera (che però ieri ha mandato in avanscoperta tra le linee nemiche il fido Piercarlo Fabbio) e di quel simpatico patatucco di Luca Pedrale, il capogruppo a Palazzo Lascaris in disperata ricerca di una soluzione legislativa che lo tiri fuori dall’inchiesta su Rimborsopoli. Non pervenuta, al momento, la componente “fungaiola” di Giaveno: l’ex parlamentare Osvaldo Napoli, prima accreditato tra i seguaci di Alfano, pare ora orientato sulle sponde di Brunetta, dal quale peraltro ha ottenuto un ufficetto a Montecitorio.