CINQUE CERCHI

"Torino 2006 fu un successo" difficile replicarlo oggi

La gara olimpica tra le città candidate nelle parole di Carraro, uno dei tre membri italiani del Cio e componente della giunta del Coni. Il bilancio costi benefici dei Giochi deve contemplare il volano economico-sociale. Quel dialogo con l'Avvocato Agnelli

«Quel giorno l’Avvocato mi disse: “Ho un debito verso la città, tutto quel che posso fare per avere le Olimpiadi lo farò”. Forse lui immaginava già che cosa sarebbe stata Torino non più dipendente dalla Fiat. Di certo oggi sappiamo che se non ci fossero stati i Giochi del 2006 il modo di pensare della città, il suo superare quella dipendenza e guardare con occhi diversi al futuro sarebbe stato molto più difficile». Franco Carraro all’epoca, era la fine degli anni Novanta, quando incontrò Gianni Agnelli e Cesare Romiti era capo del comitato organizzatore dei Mondiali di calcio dopo essere stato per un decennio (dal 1978 al 1987) presidente del Coni. Oggi è uno tre italiani (con Mario Pescante e Ottavio Cinquanta) a sedere in quel Cio che dovrà decidere quale Paese ospiterà le Olimpiadi invernali del 2026, ma anche nella giunta dell'organismo di Foro Italiaco presieduto da Giovanni Malagò, che insieme al Governo dovrà scegliere tra le varie candidature italiane la migliore. Carraro sul punto non si pronuncia, né potrebbe farlo, ma una cosa la dice e quel ricordo torinese gli serve per riempirla di contenuti inoppugnabili: «Se si ragiona solo sui costi è facile dire che i Giochi non rendono, o addirittura possono chiudere in passivo. Ma questo non è l’approccio giusto. Torino la cito perché è l’esempio di quanto le Olimpiadi possano cambiare in meglio un territorio, il modo di pensare a nuovi traguardi, a instillare uno spirito positivo e produttivo per l’economia e il tessuto sociale». Per l’uomo arrivato al Cio a coronamento di una vita dedicata allo sport, appare superabile anche il possibile ostacolo per la scelta dell’Italia come sede, visto che il nostro Paese ospiterà la cerimonia di designazione: una serie di incastri tra continenti e nazioni – dalla probabile ricandidatura di Sapporo all’incerta discesa in campo della svizzera Sion – confermerebbe l’ipotesi secondo cui «anche nel Cio le regole si possono superare, o cambiare».

Adesso, però, il passaggio cruciale per l’Italia è quello della scelta tra le tra candidature: quelle di Milano e Cortina, oltre a Torino. «In questi giorni incontrerò tutti i rappresentanti delle tre città in lizza – ha annunciato Malagò – un fatto istituzionale: noi siamo completamente laici in questa partita, non c’è nessun tipo di tendenza a favore di qualcuno e lo verificherete». Il primo dossier ad essere arrivato al Coni è stato quello di Cortina, mentre dalla Lombardia il presidente Attilio Fontana si dice «ottimista, perché credo che la nostra proposta sia sicuramente migliore da tutti i punti di vista. Per le infrastrutture, la vicinanza agli aeroporti, credo che il dossier di Milano sia ottimo». Sull’ipotesi di una condivisione con Torino (ipotesi più realistica per tenere dentro il Piemonte), il governatore lombardo non si sbilancia: «Sono valutazioni che dovranno fare il Governo e il Coni. Noi mettiamo a disposizione Milano, poi deciderà il Governo. Sono convinto – ha aggiunto - che anche Torino farà qualcosa di buono. Però ricordo che Milano non ha mai avuto le Olimpiadi, quindi credo che anche per questo sia necessario prenderla in maggior considerazione». Un tandem, quello tra le due città, visto di buon occhio dal sindaco meneghino Giuseppe Sala: “All’inizio avevo offerto una collaborazione a Torino, con la disponibilità a lavorare assieme, ma c’era stato abbastanza un blocco dal sistema torinese e non mi riferisco solo al sindaco. Per cui andremo avanti”. Con un vaticinio non propriamente benaugurante per il capoluogo piemontese: “Rimango convinto che non sia facile che, a soli dodici anni di distanza, vengano riassegnate le Olimpiadi a Torino. Quindi probabilmente sarebbe stata un’opzione migliore lavorare insieme Milano e Torino” ha concluso.

A favore di Torino, ovviamente, non gioca certo l’atteggiamento e le fratture all’interno dei Cinquestelle che governano la città, non sanate neppure dalla missione del vicepremier Luigi Di Maio. La stessa partenza improvvisa della sindaca per Roma, lascerebbe supporre la necessità di una modifica all’ultimo momento del dossier, oltre al già programmato incontro con Malagò. Restano, tuttavia, ridotte al lumicino le speranze di una candidatura di Torino in solitaria, nonostante il sostegno ribadito in queste ore dal governatore Sergio Chiamparino, il quale dopo il fuoco di fila contro la gestione dei Giochi del 2006 messa in scena ieri in Sala Rossa dai consiglieri grillini, rivendica il lavoro svolto, «un’esperienza ritenuta pressoché unanimemente esemplare». E che quello di dodici anni fa sia stato «un successo»ne è fermamente convinto Carraro: «Mia mamma era di Torino, conosco abbastanza bene la città e ricordo com’era prima dei Giochi. La dipendenza dalla Fiat la si notava ovunque, anche nel modo di pensare al futuro. Le Olimpiadi hanno cambiato quella visione, un po’ ristretta e appunto, dipendente. Questo vale per Torino, il Piemonte e per qualsiasi località che ospita i Giochi. Forse a Torino è stato ancor più evidente. E «forse l’Avvocato immaginava già cosa sarebbe stata la sua città non più dipendente dalla Fiat».

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