REGIONE PIEMONTE

La cultura così va a Fondo

Nessun tracollo, anzi. La Regione crea una cassaforte per la programmazione di un settore che dà lavoro a oltre 80mila piemontesi. Tagliata la selva di leggi e regolamenti. L'assessore Parigi: "Visione e crescita"

Può la Sagra del Peperone di Carmagnola rientrare nella programmazione culturale piemontese? La risposta è sì e ci rientra grazie all’estensione di un concetto – quello di fare cultura, appunto – che con la nuova legge varata in Consiglio regionale annette anche ambiti come l’enogastronomia, l’artigianato, il paesaggio; insomma “tutto quel patrimonio di tradizioni e saperi che rappresentano l’identità di un territorio come il nostro”. Per l’assessore Antonella Parigi, il testo unico è un provvedimento “di visione” scritto rigorosamente staccato giacché in aula divisioni non ce ne sono state affatto, avendo ottenuto il semaforo verde all’unanimità, dalla destra ai grillini, e scusate se è poco di questi tempi.

Da un punto di vista squisitamente amministrativo e finanziario vengono soppresse 28 leggi più una serie di norme e regolamenti. Una semplificazione che consentirà di costituire un fondo unico per la cultura, o meglio due: uno per i contributi in spesa corrente, l’altro per gli investimenti in conto capitale su cui sono pronti circa 5 milioni dei 200 in arrivo da Finpiemonte. Rimane frustrata, invece, la richiesta del Comitato Emergenza Cultura, che nei tavoli degli Stati Generali, aveva chiesto a più riprese l’istituzione per legge di un tetto minimo per la spesa del comparto culturale non inferiore all’1 per cento del budget complessivo della Regione Piemonte. “Non c’è più quella mole di risorse che per anni ha finanziato, a debito, questo comparto, peraltro drogando un sistema” spiega Parigi. Oggi la Cultura può contare sul bilancio regionale di 37 milioni di euro e “con uno sforzo in più dovremmo cercare di arrivare a 42-45” ma il tempo dei contributi a pioggia - un po’ per tutti per soddisfare le piccole clientele di questo è quello - ormai è finito (“da mo’”). Il piano triennale consentirà inoltre di fare una programmazione a lungo termine e la promozione di strumenti finanziari di garanzia (leggi fidejussioni) diventa un modo per consentire a piccole start up innovative di farsi strada in un settore in cui oggi sono occupati 84 mila operatori, un giro d’affari di 5,5 miliardi con un’incidenza sul pil regionale del 4,5 per cento. “Con questa legge torniamo a collaborare con gli operatori e non contro” esulta l’assessora.

Con il nuovo testo, che entrerà in vigore nel 2019, vengono riconosciuti soggetti come le librerie, per le quali ora si potrà fare un bando ad hoc finanziando progetti sul territorio – o i piccoli cinema indipendenti, le imprese e le cooperative: soggetti privati che perseguono fini pubblici. “Ora c’è una visione legata alla cultura piemontese e alla sua connessione con l’enogastronomia, il paesaggio e quindi il turismo” afferma il presidente della Commissione Cultura di Palazzo Lascaris Daniele Valle.

Un sistema in cui devono convivere grandi eventi e piccole iniziative diffuse (“che non attrarranno turismo, ma servono per animare paesi e quartieri”), i cosiddetti beni-faro che connotano e caratterizzano una regione (leggi la Reggia di Venaria) e piccoli presidi territoriali. Insomma, “il Salone e la libreria sulla strada sono due facce di una stessa medaglia - conclude Parigi - ed entrambi sono ingredienti fondamentali per lo sviluppo di un’area”. E a proposito di Librolandia, la Regione è pronta per acquisire il marchio? “Ci sarà una gara – risponde l’assessore –. Stiamo studiando una strategia con l’obiettivo, è evidente, di tenerlo a Torino”.

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