LE REGOLE DEL GIOCO

Pd fuori legge (elettorale)

M5s punta il dito: per oltre quattro anni il centrosinistra ha perso tempo, ora i nodi vengono al pettine. Anche i Radicali e i Comuni montani fanno pressing sulla maggioranza. Mercoledì ennesimo tavolo. Si riparte dalla proposta Ravetti

Adesso provano a far partorire il topolino dalla montagna, ma non è affatto detto che ci riescano. Per scoprire se almeno sulla versione light della nuova legge elettorale si troverà un accordo, bisognerà aspettare una settimana esatta: l’ennesimo tavolo è stato infatti convocato per mercoledì alle 11 e 30. Lì i capigruppo (con ciascuno due consiglieri-sherpa) dovranno dire se sono disponibili a proseguire, accelerando il passo, su un testo ridotto a due punti essenziali: la cancellazione del listino del presidente e l'introduzione dell'alternanza uomo-donna nelle liste.

E’ quanto è stato deciso oggi nella riunione dei capigruppo, ennesimo atto di una interminabile e ormai stucchevole telenovela dalla trama senza colpi di scena e i soliti protagonisti: sempre tutti concordi sul dare al Piemonte un nuovo sistema di voto, ma poi tutti o quasi pronti a frenare e seminare ostacoli perché nulla cambi. Un ballo del Gattopardo in cui ciascuno muove i suoi passi nel proprio interesse guardando alla scheda elettorale, incominciando da non pochi esponenti del Pd, il cui capogruppo Domenico Ravetti ha dovuto anch'egli prendere atto della mancanza di convergenza sulla sua proposta presentata prima delle ferie.

Compreso il Ravetellum, attualmente a Palazzo Lascaris sono depositate cinque diverse proposte di legge in materia. E sono passati ormai quattro anni dall’inizio della legislatura che da programma del centrosinistra avrebbe dovuto avere tra le priorità proprio il nuovo testo sul sistema di voto. Adesso, a meno di un anno dalle elezioni, si è deciso di provarci ancora (non si sa con quanta convinzione) restringendo il dibattito ai due obiettivi minimi, considerati condivisibili in modo abbastanza trasversale. Sarà la volta buona? A metterci la mano sul fuoco si rischia il barbecue.

Le premesse sono note, l’incapacità che spesso ha nascosto la mancanza di volontà di modificare la norma, toccando preferenze e collegi, si è manifestata in mille modi e occasioni. "Dal 2014 siamo in attesa di una audizione sulla petizione popolare per cambiare la legge elettorale regionale introducendo l'uninominale maggioritario in Piemonte" lamentano i Radicali Igor Boni e Silvio Viale che mai sono stati ascoltati.  

"Uno schieramento ampio, formato da Radicali, esponenti del Pd e di altre associazioni di ispirazione liberale, più esponenti dell'Uncem (l’Unione dei Comuni e delle Comunità Montane) - ricordno Boni e Viale - presentarono il 22 dicembre 2014 una petizione popolare per chiedere la discussione in Consiglio regionale di una riforma elettorale uninominale e maggioritaria che elimini il listino e il voto di preferenza e divida il territorio regionale in 50 collegi dove vince chi prende più voti”.  Risposta? “Nessuna, malgrado numerosi solleciti. E' inammissibile che vi sia uno strumento di partecipazione previsto dallo Statuto della Regione e che ai cittadini non si dia nemmeno la parola”.

I radicali alzano il tono e avvertono: “Oggi, come sempre, si arriva alla fine del percorso riprendendo il dossier legge elettorale, ma stando attenti a che nessuno disturbi il dibattito chiuso nelle aule del palazzo. Noi non ci stiamo e torniamo alla carica. Vogliamo che sia data voce a chi ha sottoscritto la petizione per costruire un sistema che non metta in concorrenza con le preferenze di chi sta nello stesso partito alimentando clientele e familismo. E per dividere il territorio in 50 collegi uninominali, nei quali eleggere con il maggioritario un consigliere per collegio, seguendo un criterio che contemperi il numero di abitanti con l'estensione territoriale: un sistema che avrebbe tolto molti alibi a chi oggi sostiene l'uscita dal Piemonte del Vco".

Molti, soprattutto tra i banchi del Pd, nei mesi scorsi erano convinti di aver messo definitivamente in un cassetto l’indigesta riforma elettorale, contando su quel tempo ormai ridotto per poterla realizzare.

“Le spaccature del Pd rischiano di produrre l’ennesimo stallo, anche sulle legge elettorale, impedendo una adeguata rappresentanza del territorio e di tutti i piemontesi – afferma il gruppo M5s in una nota -. Abbiamo sempre detto che siamo favorevoli al superamento del listino del presidente e all’inserimento di misure a garanzia della parità di genere. La nostra buona volontà, da sola, non può bastare se dall’altra parte il centrosinistra si presenta frammentato al tavolo di discussione - sostengono i pentastellati - Nel caso in cui si arrivasse ad un buon accordo in tempi brevi non saremo certo noi a farlo saltare, ma non siamo disposti ad avallare proposte pasticciate dell’ultimo minuto a ridosso dell’appuntamento elettorale. Per oltre 4 anni il Pd ha rinviato questa discussione, ora i nodi vengono al pettine”.

Poi inattesa arrivò la proposta di una parte delle consigliere democrat insieme al gruppo di LeU, l’ex grillina Stefania Batzella e la capogruppo della Lega Gianna Gancia e con la benedizione della Commissione regionale Pari Opportunità presieduta dalla dem Maria Peano. Una richiesta secca: doppia preferenza di genere. Il cassetto si è dovuto riaprire e nelle mani di chi aveva ben riposto quella gatta da pelare è finita la patata bollente. Piatto unico sul tavolo apparecchiato tra una settimana. Perché, sai che novità, il tempo stringe.

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