LE REGOLE DEL GIOCO

In nome della legge (elettorale) "fermeremo Chiamparino"

Forza Italia gela le aspettative del governatore: "Ormai è in campagna elettorale e parla da candidato. Nessun regalo a chi per 4 anni ha eluso la questione". Per cambiare il sistema di voto occorre la maggioranza "rafforzata" (tre quinti dei consiglieri)

“Quella di Sergio Chiamparino è un’uscita da campagna elettorale. Non si cambia sistema di voto in base all’ultimo sondaggio”. Il coordinatore piemontese di Forza Italia, Gilberto Pichetto, spiegando la posizione del suo partito allo Spiffero, mette la pietra tombale sulla nuova legge elettorale regionale. E lo fa non senza rumore, quando pure è ben udibile lo stridìo provocato dalle arrampicate sugli specchi in casa Pd, dopo l’annuncio-promessa del governatore nel corso della sua missione nel Verbano-Cusio-Ossola.

“Dobbiamo trovare un accordo su una riforma che potrebbe essere approvata in 10-15 giorni”, aveva detto Chiamparino a Verbania, scegliendo ancora una volta il Lago Maggiore (l’altra era stata a Baveno per annunciare la sua intenzione, poi rivista, di non candidarsi) come sfondo per una sua esternazione non certo di maniera.

Tra i consiglieri democrat di Palazzo Lascaris avevano preso a suonare tutti gli allarmi possibili. E del tutto inattesi, giacché l’eliminazione del listino e l’apertura alla doppia preferenza di genere erano state archiviate, definitivamente immaginavano i non pochi sostenitori dell’attuale norma elettorale capace di garantire maggiori probabilità di una ulteriore legislatura sui banchi di via Alfieri.

E che, adesso, dovranno ringraziare i colleghi dell’opposizione se, come praticamente certo, la vibrante richiesta del Chiampa non potrà essere esaudita. “Noi nel corso della legislatura avevamo presentato una proposta, a mia prima firma – ricorda Pichetto –. E non abbiamo mai posto veti a eventuali modifiche, ma è chiaro che gli ostacoli nei confronti di una nuova legge elettorale sono sempre arrivati dal Partito Democratico. Pensare di fare adesso, ormai di fatto in campagna elettorale, quel che non si è fatto in quattro anni? Non vedo più spazi”. Insomma, per Forza Italia il tempo è scaduto e per Chiamparino il pollice è verso.

E i numeri lo confermano: per approvare la nuova legge elettorale occorre la cosiddetta maggioranza rafforzata, ovvero i tre quinti dei consiglieri (art. 17 comma 4). Non solo, vigendo in materia il precedente regolamento basta un solo consigliere per mettere il cuneo dell’ostruzionismo e impedire quel risultato che Chiamparino, nella provincia dove si terrà il referendum per chiedere il passaggio alla Lombardia, ha detto essere raggiungibile in una manciata di giorni. Vero in teoria, impossibile in pratica, soprattutto con il niet di Forza Italia che, come spiega Pichetto, “comunque anche su questo tema non si muove più come singola forza politica, ma nel quadro della coalizione”, presupponendo una decisione condivisa con Lega e Fratelli d’Italia e il Movimento Sovranista.

Dieci giorni per fare quel che non s’è fatto in quattro anni e non certo per colpa delle minoranze. Il rischio di non garantire adeguata rappresentanza ad alcuni territori, in particolare alle province più piccole, non lo si è scoperto certamente solo dopo la grana del Vco con il suo referendum secessionista. Eppure, tra veti sempre più malcelati e ostacoli seminati da non pochi componenti del gruppo democratico si è arrivati quando ormai è troppo tardi.

È pur vero, come osserva in una nota il deputato Davide Gariglio, che “la situazione politica delle province al di fuori di Torino rende indispensabile modificare l’attuale legge elettorale, inserendo una norma che garantisca alle singole province di avere un numero di consiglieri eletti pari a quelli ad esse assegnati sulla carta”. Altrettanto vero – e lo ammette il parlamentare che fino a marzo ha guidato sia il gruppo consiliare sia la segreteria regionale del partito – che la colpa è proprio del Pd.

“Ho in parte la responsabilità di non aver pigiato sull’acceleratore negli anni in cui sono stato capogruppo del Pd per far approvare la mia proposta di legge che pende in Consiglio dal 2009” ammette Gariglio che spiega quel suo atteggiamento “per evitare le spaccature che erano già evidenti nel mio gruppo consiliare”. Dice quel che tutti sanno, ma che nessuno ha mai avuto il coraggio di sostenere preferendo nascondersi malamente dietro motivazioni assai poco credibili. “La politica non può mettere l’interesse particulare di qualcuno di fronte all’interesse generale e – sostiene Gariglio – ora è il momenti di agire”. Ma ora è troppo tardi: Forza Italia, “dopo essere stati disponibili per anni a discutere e dare alla Regione una nuova legge elettorale”, non ha nessuna intenzione di fare un regalo “al candidato Chiamparino”.

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