POTERI FORTI

Assalto gialloverde alle banche

Sbarco in massa nelle fondazioni per puntare a Intesa. La strategia leghista penalizza il Piemonte. Borghi (Pd): "Un attacco ai risparmi degli italiani". E il ceo di Ca' de Sass Messina apre a Di Maio: "Bene il reddito di cittadinanza, pronti a collaborare"

C’è da starne certi: loro non diranno mai “abbiamo una banca”, visto che la frase non porta granché bene e anche perché quando hanno provato a farsela, una banca, non è andata meglio. Questo non significa che la Lega non più Nord, ma di governo, eviti di fare quel che hanno fatto un po’ tutti i partiti nella storia recente e non del Paese appena entrati in quella che Pietro Nenni con azzeccata intuizione e premonizione descrisse come la stanza dei bottoni: individuare subito quelli della finanza (ovviamente non intesa come Fiamme Gialle). La differenza, se come pare c’è, rispetto ad altri è il tocco del bottone: più deciso e rapido, alla Matteo Salvini del ciapa lì pronunciato nelle (ormai sempre meno) austere sale del Viminale, per rendere l’idea.

Anziché al Capitano, trattandosi più di arrembaggi che di sbarchi, conviene guardare al navigatore di lungo corso che risponde al nome di Giancarlo Giorgetti, potentissimo sottosegretario a Palazzo Chigi, il quale sembra aver trovato il tempo, nelle scorse settimane, di fare in modo che le Province i cui organi sono in scadenza vadano al voto il 31 ottobre senza far slittare le elezioni che certamente dopo le europee e le amministrative avrebbero portato ancor più voti al Carroccio.

Che c’entrano, si dirà, questi bizantinismi con le banche? C’entrano eccome e proprio dalle province lombarde, ma anche da una del Piemonte – quella di Novara – passa la strategia leghista per spostare l’asse politico di un pezzo importante del mondo del credito mettendolo il più possibile in linea con quello governativo e, in una non fortunata conseguenza, allontanandolo ulteriormente dal Piemonte a vantaggio della Lombardia.

Già, perché nella cruciale partita che si è incominciata a giocare per il rinnovo del Comitato centrale di beneficenza della Fondazione Cariplo a sua volta chiamato ad eleggere il successore dell’ultraottantenne presidente Giuseppe Guzzetti, le Province lombarde e quella rimasta al Piemonte dopo il taglio imposto dal nuovo statuto esercitano un ruolo importantissimo. Non a caso Giorgetti avrebbe tenuto il punto sul voto a ottobre pur scontrandosi con il presidente di Upi (l’Unione Province Italiane) Achille Variati che avrebbe voluto un election day nel 2019 riducendo le spese.

Dire Cariplo non vuol solo dire (e sarebbe già moltissimo) una delle più ricche e potenti fondazioni di origine bancaria del Paese, bancomat e leva di potere come lo sono un po’ tutti questi soggetti il cui legame con gli istituti di credito nonostante tante promesse non si sono mai interrotti e quelli con la politica si sono sempre più rafforzati, dire Cariplo significa indicare la via maestra per un’altra successione al trono del sovrano della finanza bianca, ovvero la presidenza di Acri, l’associazione che riunisce fondazioni e casse di risparmio e che, aspetto non trascurabile, di fatto indica il presidente di Cassa Depositi e Prestiti, figura la cui designazione spetta infatti alle fondazioni.

Non è finita. La fondazione ancora per qualche mese guidata da Guzzetti detiene il 4,3% di Intesa Sanpaolo, una percentuale inferiore di 2,4 punti rispetto a quella in pancia alla Compagnia di San Paolo, presieduta da Francesco Profumo, l’ex ministro del quale la sindaca di Torino in campagna elettorale e nei primissimi giorni dopo l’elezione aveva chiesto la testa in quanto nominato da Piero Fassino ormai agli sgoccioli del suo mandato. Passò pochissimo tempo e il feeling tra Chiara Appendino e il suo (ex) bersaglio scoccò consolidandosi sempre più, tanto da rasserenare oggi anche l’altra parte del Governo, quella Cinquestelle, e aprendo ulteriori spazi allo scenario cui sta lavorando la Lega.

Nella fertile stagione delle nomine, oltre a quelle in Cariplo, in Acri e in Cdp c’è anche quella del prossimo presidente di Intesa. Fuori dai giochi l’uscente Gian Maria Gros-Pietro cui i grillini non perdonano la sua presenza nel board di Atlantia (la holding dei Benetton che controlla Autostrade per l’Italia) si dà per quasi certo al suo posto l’attuale vice, Paolo Andrea Colombo, lungo e prestigioso curriculum accademico, docente di Economia Aziendale alla Bocconi, un passato di consigliere di amministrazione di varie società tra cui Pirelli Pneumatici, Rcs Quotidiani e Rcs Libri, Telecom Italia, Credit Suisse Italy, Ansaldo STS, Montedison ed Eni. Colombo è milanese, Torino e il Piemonte anche in questo caso accresceranno la loro marginalità. Ma non solo in questo caso, dove pure Cariplo avrà, come s’è visto, il suo peso e la Lega di governo, potendo contare sulla tenuta dell’alleanza con il M5s anche sul fronte della finanza, dirà la sua. A Ca’ de Sass, annusata l’aria, si stanno preparando a dialogare con i nuovi poteri. Il primo a segnare un’apertura di credito è stato proprio il ceo Carlo Messina, il quale non solo ha espresso giudizi positivi sul reddito di cittadinanza tanto caro ai Cinquestelle, ma addirittura si è detto pronto a supportare la riforma dei Centri per l’impiego.

Per ora il Piemonte il suo peso lo ha perso nella fondazione lombarda: dopo la nascita del Verbano-Cusio Ossola fu questa Provincia ad entrare attraverso un suo rappresentante nel comitato centrale di beneficenza dove già sedeva Novara. Si è andati avanti così fino alla recentissima modifica dello statuto che ha ridotto a una sola Provincia il peso del Piemonte: alternanza tra Novara e Vco. Non si è trovato l’accordo e così nei giorni scorsi un sorteggio ha premiato Novara.

A restare fuori è stata Francesca Zanetta, figlia di Valter, l’ex senatore azzurro di origini democristiane recentemente salito sul Carroccio e convinto fautore del referendum per il passaggio del Vco alla Lombardia. “Affidarsi a miracolistiche promesse in caso di modifiche territoriali, significa imboccare la strada della delusione” aveva commentato, sarcastico, il deputato ossolano del Pd Enrico Borghi, il quale aveva pure osservato come “si fa un gran parlare, in queste ore, di garanzie che arrivano da Milano in caso di un passaggio della provincia in Lombardia, e al primo atto pratico veniamo lasciati a casa da un organismo che in questi anni, sia pure con modalità molto discutibili e spesso autoreferenziali, ha distribuito sul territorio risorse finanziarie importanti per servizi ed investimenti”. Ed è ancora lo stesso Borghi, adesso, a indicare i rischi dell’assalto leghista alla Cariplo con tutto ciò che ne conseguirebbe: "Se qualcuno, lanciando messaggi obliqui o attacchi personali, pensava che potesse calare il silenzio su questo gioco di potere ha sbagliato. Altro che questione locale, come si è cercato di far passare, qui si rischia un assalto alla diligenza della Lega che può trasformarsi in un attacco ai risparmi degli Italiani" dice il parlamentare riferendosi al futuro di Cdp, immaginato dall’attuale Governo (cui spetta la nomina dell’amministratore delegato) “come un’arca dell'alleanza di ogni salvataggio industriale, da Alitalia in giù, con i soldi dei cittadini”.

Sfumata la possibilità di un scelta del presidente di Fondazione Crt Giovanni Quaglia quale successore di Guzzetti in Acri, avendo il banchiere cuneese ricevuto una sorta di premio di consolazione con la guida del comitato di supporto in seno a Cdp; fuori dai giochi anche Fabrizio Palenzona, inviso ai Cinquestelle per le stesse ragioni autostradali di Gros-Pietro (anzi di più, essendo il camionista di Tortona presidente di Aiscat), escluso dalla corsa pure Profumo, “l’asse politico finanziario è tutto spostato sull’asse giallo-verde e – aggiunge il deputato del Pd – geograficamente sulla Lombardia”. Ovviamente a scapito del Piemonte.

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