VERSO IL 2019

Volata del centrodestra (a Chiamparino)

Tra veti incrociati e tatticismi l'accordo spartitorio di Palazzo Grazioli pare ormai carta straccia. La designazione del candidato governatore del Piemonte nel risiko delle altre regioni. Una situazione che avvantaggia il presidente uscente già in campagna elettorale

Todos caballeros, nessun candidato. Lega e Forza Italia, tra di loro e al loro interno continuano a non riuscire a sciogliere la questione indicando in nome di chi dovrà correre, in discesa e senza neppur troppa fatica stando ai numeri, per la presidenza del Piemonte.

C’è chi non riesce e, forse, chi non vuole: il Carroccio rallenta fino al surplace, facendo irritare gli alleati azzurri che neppure possono permettersi di mostrarlo, il nervosismo. I giorni, le settimane passano e si lasciano dietro praticamente ogni certezza, ostentata come tale quando era solo una speranza.

Se la corsa per regionali si facesse in bicicletta, Sergio Chiamparino mostrerebbe già dopo le prime pedalate quelle doti di passista, ritmo costante e qualche fuga, incarnate dal leggendario Merkx, il cannibale. Pure il soprannome ci sta (soprattutto riferito al suo partito) nella metafora di un percorso dove la perdurante confusione nel gruppo di testa, quello con le maglie del centrodestra, ancora alla ricerca di un capitano rischia di tirare la volata sì, ma proprio al Chiampa, partito con buon anticipo e buona gamba a dispetto di chi gli aveva già messo indosso la maglia nera.

Un’inversione dei ruoli – l’attuale governatore tentennante per mesi che poi parte e macina, anche fuori di metafora, chilometri e lo schieramento vincente sulla carta che pareva avere solo da formalizzare una candidatura che, invece, arranca in ordine sparso – il cui peso difficilmente potrebbe ribaltare quel che i recenti sondaggi attestano, ma non per questo risulterebbe alla fine del tutto ininfluente.

L’accordo spartitorio di Palazzo Grazioli ormai è poco più di un appunto su un foglietto pronto per essere appallottolato. Abruzzo a Fratelli d'Italia, Piemonte e Basilicata a Forza Italia e Sardegna alla Lega, s’era detto, ma ormai è tutt’altro che detto resti questo lo schema. I Fratelli sono diventati coltelli in Abruzzo facendo sfumare, causa anche il veto azzurro, la candidatura del sindaco dell'Aquila, Pierluigi Biondi, e questo pasticcio potrebbe perfino far saltare la presidenza di quella regione per il partito di Giorgia Meloni.

Problemi pure in Sardegna dove a saltare potrebbe essere addirittura la coalizione, tanto che nell’incontro con i vertici sardi di Forza Italia convocato da Antonio Tajani, presente Silvio Berlusconi, si è fatta strada l’idea di una candidatura azzurra per l’isola, dove Fratelli d'Italia ha ufficializzato la corsa di un suo consigliere regionale.

Come spesso è accaduto in passato, al Piemonte nei tavoli del centrodestra sembra essere riservato un ruolo di risulta: prima si sistemano tutte le altre caselle, poi si decide per quella regione che mai ha mosso a grandi entusiasmi Berlusconi quando il suo partito aveva ben altro peso e che il Carroccio vinse per sbaglio nel 2010 e adesso non mostra nessuna fretta di sciogliere il nodo sul non improbabile progetto di completare la conquista del Nord in barba ad accordi ormai superati e in danno di un alleato ulteriormente indebolito dai risultati in Trentino e in Alto Adige.

Conseguenza di questo scenario attuale e che non pare destinato a mutare in tempi brevi è, appunto, una sorta di caravanserraglio di nomi il cui peso e le cui probabilità rispetto alla designazione per la candidatura a presidente, paradossalmente ma poi non troppo, finiscono con l’equivalersi.

All’originario ticket azzurro formato dall’europarlamentare Alberto Cirio e della deputata Claudia Porchietto, si sono andati aggiungendo nell’ipotesi di una guida leghista, quello del deputato e sindaco di Arona Alberto Gusmeroli (si dice sondato dal team di Salvini con alcune presenze televisive), così come resta nel novero pure un altro conterraneo cuneese di Cirio come il deputato (dimissionario mancato in seguito al voto in Aula dei giorni scorsi) Guido Crosetto.

L’eventualità di un Piemonte a guida meloniana era circolata al momento del cencelli di Palazzo Grazioli e il gigante di Marene potrebbe contare forse anche su un appoggio territoriale dell’ex ministro Enrico Costa, nel caso dovesse sfumare l’ipotesi Cirio da lui sostenuta strenuamente. Ma si dice che l’ex sottosegretario, al vertice dell’associazione delle industrie della difesa, difficilmente lascerebbe quel posto, peraltro assai più remunerativo di quello oggi occupato da Chiamparino.   

Poi ci sono nomi meno “politici”, come quello del presidente di Ance Piemonte Giuseppe Provvisiero, figura di quel mondo dell’impresa rappresentata ai più alti livelli nazionali dalla vicepresidente di Confindustria Licia Mattioli, vista conversare l’altro giorno a Montecitorio con la Porchietto e il neocoordinatore regionale forzista Paolo Zangrillo.

E proprio a quel mondo delle piccole e medie imprese, degli artigiani e delle professioni, tradizionalmente bacino elettorale di Forza Italia ante-tracollo, guarda e si rivolge con sempre maggiore attenzione (e attenzioni, anche concrete come sempre accade verso fine mandato con ancora qualche disponibilità in cassa per alcuni interventi in zona Cesarini) proprio l’attuale presidente della Regione.

Da buon passista, lui procede senza strappi verso un traguardo che, pur restando al momento difficilissimo da raggiungere con le braccia alzate, vede il gruppo del centrodestra che ancora non sa a chi dover tirare la volata. Oltre che con la sua squadra, Chiamparino anche con gli avversari riuscirà a essere il cannibale?   

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