VERSO IL 2019

Il centrodestra cerca la (s)quadra

Sulla carta è la coalizione vincente, ma oltre alla tenuta dell'alleanza preoccupa la carenza di personale politico e amministrativo in grado di governare la Regione. Scouting nel mondo imprenditoriale e delle professioni. I primi nomi che circolano

Nell’idea iniziale di Piemontellum che Sergio Chiamparino prefigurò non molto tempo dopo la sua elezione c’era una modifica, collaterale ma non secondaria, della legge elettorale regionale che sarebbe tornata assai utile anche e soprattutto ai suoi avversari del centrodestra nel caso di vittoria la primavera prossima: l’aumento del numero degli assessori esterni.

Il presidente della Regione lo ipotizzò quando l’abolizione del listino sembrava cosa da farsi in pochi mesi. Era il 2015. Come sia andata a finire la nuova legge elettorale lo abbiamo scritto ieri. Quel limite di tre esterni – ovvero non eletti in Consiglio regionale – potrà, tuttavia, ripresentarsi come ostacolo proprio a chi, come il centrodestra e la sua componente leghista in particolare, ad oggi è dato (da sondaggi e dalle recenti votazioni sia politiche, sia comunali) vincente alle elezioni della prossima primavera.

Pur senza dare nulla per scontato, compresa la tenuta della coalizione, in caso di vittoria (ma da prevedere assai prima), per il Carroccio si pone non tanto un problema di posti, quanto di uomini e di donne (ancora sempre in forte minoranza numerica da quelle parti) per occuparli. La conquista di un bel po’ di Comuni, tra cui capoluoghi importanti come Novara e Alessandria, e la numerosa truppa parlamentare portata a Montecitorio e Palazzo Madama dal successo dello scorso 4 marzo, hanno lasciato quasi sguarnita la riserva per la Regione.

Al contrario di come si presenta Forza Italia, dove semmai il problema sarà opposto proprio per i mutati pesi nella coalizione con molti giovani rampanti e vecchi riservisti con lo zaino pronto come l’evergreen Ugo Cavallera, la Lega deve già ora (e lo sta facendo) ragionare su come e dove trovare le figure adeguate da piazzare nei ruoli chiave: dagli assessorati di maggior peso, scendendo via via lungo la strada delle partecipate (da Finpiemonte alle Asl) e di tutto il sottogoverno regionale.

Tante caselle da riempire, incominciando proprio da quelle della giunta. E già qui la faccenda potrebbe complicarsi: il partito di Salvini non fa mistero da tempo di pretendere, con il peso dei voti, gran parte degli assessorati e tra questi, naturalmente, i più importanti, dalla Sanità al Bilancio passando per l’Urbanistica e le Attività produttive, lasciando agli alleati quel che resta. Un’ipotesi tutt’altro che facile da digerire. Basti pensare che alla poltrona su cui oggi siede Antonio Saitta, punta il sovranista (molto gradito al Carroccio) Gian Luca Vignale e pure i Fratelli d’Italia non sono certo disposti ad accontentarsi delle briciole.

Ma prima di quello spartitorio, per Riccardo Molinari, in quanto segretario e plenipotenziario regionale della Lega si pone proprio il tema dei ruoli e delle figure adatte a ricoprirli. La deputata Elena Maccanti è data come un possibile ritorno alle origini a capo di un assessorato, ma lasciare un seggio in Parlamento non è mai cosa facile. Il sindaco di Sestriere Valter Marin avrebbe già prenotato l’assessorato a Sport e Turismo.

Meno difficile comporre la futura squadra di governo piemontese sarebbe se gli attuali tre posti disponibili per non eletti fossero stati aumentati come proponeva Chiamparino, il quale quelle poltrone le aveva a suo tempo destinate ad Antonella Parigi per Cultura e Turismo, Giuseppina De Santis per le Partecipate e lo Sviluppo Economico, oltre che a Saitta per la Sanità.

Posti per “tecnici” si direbbe, se non fosse che spesso sono serviti per piazzare lì chi non si è misurato col voto. Nel caso di una Lega alle prese con un risiko dalle salmerie ridotte rispetto al campo di battaglia e per nulla intenzionata a cedere posizioni in maniera generosa agli alleati, la prima soluzione se posta sul tavolo della coalizione difficilmente potrà non suscitare più di un malumore tra gli alleati.

Nei piani del Carroccio ci sarebbe il proposito di accaparrarsi ben otto dei dieci posti nel listino del presidente. Insomma quasi un en plein di coloro che in caso di vittoria entreranno a Palazzo Lascaris senza aver dovuto conquistare neppure un voto. Forza Italia, soprattutto se conserverà la candidatura presidenziale, dovrà ingoiare anche questo boccone nient’affatto tenero. Così come FdI. Per la Lega sarebbe non solo la riaffermazione della sua preminenza, ma anche un’agevole soluzione per portare in consiglio e di lì in giunta figure magari con capacità in alcuni settori, fors’anche pescate nella società civile di riferimento, ma non in grado di uscire con certezza vincenti nella contesa elettorale giocata sulle preferenze.

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