ECONOMIA DOMESTICA

Le imprese vedono nero

Crolla la fiducia in vista del 2019. Il manifatturiero è il settore più colpito dalla frenata. Giù anche la produzione industriale, bene i servizi. Alberto (Api Torino): "C'è troppa incertezza. Le responsabilità sono anche della politica"

Quando l’unico segno “più” riguarda le previsioni di utilizzo della cassa integrazione c’è poco da stare allegri. Le imprese, che avevano avuto l’illusione di una lenta ma inesorabile uscita dalla crisi, ora vedono di nuovo nero. “Non c’è fiducia, bisogna cambiare rotta e in fretta” dice Corrado Alberto, numero uno delle piccole imprese di Torino dopo aver letto i dati elaborati dall’Ufficio Studi della sua organizzazione. Sono bastati dodici mesi per vedere precipitare la fiducia degli imprenditori subalpini di quasi 60 punti percentuali: dal +46,4 per cento (osservato a dicembre 2017) all’attuale -11,3. L’euforia è svanita, la paura è tornata a zavorrare il mondo produttivo. L’unico settore a mostrarsi ottimista è quello dei servizi alle imprese. 

Tutti i saldi previsionali sulla prima parte del 2019 scendono a livelli negativi, per effetto - in particolare - di quella parte del comparto manifatturiero non internazionalizzato. Al contrario, le previsioni delle imprese esportatrici si attestano su livelli positivi (benché anch’essi in contrazione). In termini di fatturato, rimangono ancora incerte le aspettative per l’area europea, che segna un saldo previsionale negativo, pari a -2,9 per cento. Migliori, invece, sono le prospettive verso i mercati Extra Ue, che finora sono riusciti a contenere (seppure limitatamente) il rallentamento degli scambi con gli Stati europei. La cresciuta incertezza da parte degli imprenditori si potrebbe ripercuotere nei prossimi mesi sul fronte occupazionale (saldo previsionale: -1,9%). Nella prima parte del prossimo anno si prevede, inoltre, un maggiore ricorso agli ammortizzatori sociali, che potrebbero salire dall’attuale 6 al 9,5 per cento. Aumentano, infine, le imprese che prevedono di attuare degli investimenti, passando dal 42,7 al 45,6. Questo vuol dire, per contro, che oltre la metà delle imprese non investiranno e sono ancora troppe. La principale ragione (dichiarata dalla metà degli imprenditori) risiede nell’elevato grado di incertezza politica e dei mercati. Un anno fa, solo il 9% degli imprenditori adduceva a tale motivazione l’assenza di nuovi investimenti.

Questo scenario è frutto di un progressivo rallentamento dell’economia che ha investito tutto il 2018. Per il secondo semestre consecutivo gli indicatori economici viaggiano a velocità sempre più ridotta: calano indistintamente gli ordini, la produzione e il fatturato. Il ritmo delle esportazioni si mostra fiacco, penalizzando soprattutto l’andamento delle imprese manifatturiere, per le quali il mercato estero rappresenta una quota significativa di affari.

La manifattura resta il comparto più in sofferenza, anche a causa delle incertezze che hanno avvolto, per tutto l’anno, il futuro di Fca a Mirafiori. La produzione industriale frena bruscamente perdendo in sei mesi 12 punti percentuali. Si tratta del terzo semestre consecutivo in flessione. Il saldo crolla a +4,3%. Anche nella seconda parte del 2018 si riduce il livello medio di saturazione degli impianti produttivi, giunto al 72,7% a dicembre 2018. Nuova preoccupazione dalle previsioni degli imprenditori, che stimano per il prossimo semestre un’ulteriore contrazione, ai livelli del 2015. Viaggia a velocità elevata, invece, il comparto dei servizi segna un andamento ampiamente positivo, con saldi superiori al 40%. Secondo il presidente Alberto “le imprese bocciano la situazione e le prospettive politiche del Paese” e le ricadute sui mercati e sul sistema creditizio. “Il 2018 – prosegue Alberto -, è stato un anno di progressivo rallentamento per l’economia torinese e le prospettive per il 2019 non sono positive. Per il secondo semestre consecutivo tutti gli indicatori girano al negativo: calano indistintamente gli ordini, la produzione e il fatturato, mentre le esportazioni sono sempre più fiacche. Gli obiettivi da perseguire sono sempre gli stessi: investimenti per accrescere la competitività e quindi abbattere il carico burocratico, accelerare sulle infrastrutture materiali e immateriali, rendere più facili e agevoli le esportazioni, creare un mercato del lavoro più dinamico, mettere in condizione le pmi di accedere più agevolmente alla ricerca”. Proprio riguardo agli investimenti, il responsabile dell’ufficio Studi e Innovazione di Api Torino Fabio Schena, vede un elemento di speranza: “Dopo il calo nella prima parte dell’anno, il 69,9% degli imprenditori ha realizzato investimenti, di questi però solo il 32% è considerato rilevante (era il 37,7% nel giugno scorso)”.

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