VERSO IL VOTO

Chiamparino vuole un unico Sì

L'idea del governatore per allargare il campo della coalizione di centrosinistra e innovare la proposta politica: un "listone" che raccolga partiti, formazioni civiche, realtà associative e del volontariato. La spinta "dal basso" dei Comitati

Il listino e il listone, tutti e due del presidente. Il primo perché la legge elettorale del Piemonte non è cambiata. Il secondo perché Sergio Chiamparino vuole cambiare, rispetto al passato, la proposta del centrosinistra agli elettori per le regionali del prossimo 23 maggio.

Sciogliendo ormai ogni residua riserva, l’uomo a cui il Pd insieme alle altre forze politiche della coalizione ha affidato l’impresa di conservare il governo della Regione imbocca con decisione la strada dell’unità: sostanziata e plasticamente evidenziata nella lista unica, dalla forte impronta civica. Nessuna umiliazione per i partiti, che rinunceranno a proprie liste e simbolo, ma il proposito (non facile, ma a questo punto irrinunciabile, per il Chiampa) di unire tutte le energie sotto quello che è più di un claim elettorale e, molto probabilmente, diventerà bandiera del centrosinistra: Sì al Piemonte che dice sì, magari oggetto di una necessaria crasi che potrebbe ridurlo a Sì Piemonte. Questo lo si vedrà.

Intanto quel che si vede è il piglio del ricandidato presidente nel tenere la rotta che da tempo aveva tracciato, sia pure suscitando qualche perplessità tra coloro che per ragioni differenti avevano immaginato e sperato di conservare il classico schema della coalizione tra partiti, sia pure con aggiunte – come del resto già in passato con la lista del Monviso – di formazioni civiche.

Un convincimento andato crescendo nei mesi e nelle settimane, quello di Chiamparino il cui borsino elettorale è anch’esso in costante ascesa, anche per le sue prese di posizione a favore della Tav e, più in generale, dello sviluppo del Piemonte che lo hanno portato ad essere individuato come interlocutore politico, oltre che naturalmente istituzionale, per quei cittadini e quei mondi del lavoro e della produzione allarmati per la politica del Governo, oltre che delusi e arrabbiati per quella dell’amministrazione comunale Cinquestelle del capoluogo.

Così, mentre il centrodestra che ad oggi non si sa se sarà o meno unito resta ancora senza un suo candidato, quello del centrosinistra già lavora a comitati del Sì in ogni comune del Piemonte, in ogni quartiere e circoscrizioni delle città più grandi: saranno, al contempo, gli ingranaggi della macchina elettorale e parti costitutive di quella che si annuncia come una svolta per il centrosinistra. E senza rinunciare alle sue varie anime, ma mettendole in campo con un pesante e il più largo possibile coinvolgimento di associazioni, del mondo del volontariato, così come di quello espressione del lavoro e dell’impresa. Perché il Sì, raccontano dall’entourage del governatore, dovrà abbracciare non solo la Tav e le infrastrutture, ma anche tematiche legate al lavoro e ai diritti di cittadinanza. In tal senso “dal basso” ogni comitato dovrà individuare un’opera, una questione irrisolta, un problema cogente per il proprio territorio: tutte le rivendicazioni entreranno a pieno titolo nella piattaforma regionale. Insomma, per dirla con uno slogan “un Sì che è tutto un programma”.

Un corso nuovo con irrinunciabili nuovi nomi, senza per questo indulgere ad alcuna rottamazione ad effetto, tantomeno a un nuovismo fine a sè stesso. Partiti con pari dignità, candidati civici, uomini e donne con esperienza di amministratori, ma anche figure espressione di quei mondi cui il centrosinistra in passato spesso ha guardato solo come a bacino di voti e non di risorse. Il Pd accetterà di cedere una parte della sua sovranità, accendando di perdere il ruolo (del resto, sempre più residuo) di perno della coalizione? La vittoria alle suppletive in Sardegna potrebbe rappresentare un precedente positivo in tale direzione. E lo stesso neo segretario, Paolo Furia, che oggi varerà il nuovo organigramma del partito, ha dichiarato non essere un “tabù” l’eventuale presenza dei dem piemontesi in un unico listone. Si vedrà.

D’acchito non appare un’operazione semplice: basti pensare a chi, soprattutto nel Pd, già immaginava il posto in lista e alchimie per evitare di vedersi erodere preferenze dai compagni di partito nello stesso collegio, o ancora le pagine pronte dell’immarcescibile Cencelli su cui ragionare nelle segreterie. Sarà tutto più difficile? Certamente sarà diverso. E Chiamparino non è tipo da nasconderselo, da evitare di soppesare una decisione e da sottovalutare eventuali asperità nel percorso preparatorio. Chiamparino illustrerà i dettagli del progetto il prossimo 9 febbraio, allo Sporting Dora di corso Umbria, da lì partiranno i Comitati del Sì e verranno stilati i primi punti del programma, a cui da qualche settimana si sta dedicando Aldo Reschigna, non più solo uomo dei conti.

Un Sì a tutto tondo, quindi, che declini nel contempo la collocazione europeista (non a caso Chiamparino è stato tra i primi firmatari del manifesto di Carlo Calenda), la natura riformista e antisfascista (le battaglie contro i No alle opere), l’affermazione dei diritti sociali e civili. Non appaiono, dunque, mosse meramente utilitaristiche, i segnali di forte interlocuzione con la Cgil al cui congresso dello Spi Chiamparino è stato presente, così come le aperture a quella sinistra rappresentata in Consiglio regionale da Marco Grimaldi la cui proposta di legge al Parlamento in materia di Gig economy è stata approvata dall’assemblea di Palazzo Lascaris con un evidente viatico del Chiampa. E poi la convinta presa di posizione sul tema dell’immigrazione e dell’accoglienza con quel perentorio avvertimento contro il patto Salvini-Appendino per lo sgombero dell’ex Moi che se gestito come tale non vedrà partecipe la Regione.

Un posizionamento, quello del presidente-candidato, che guarda ai grandi temi – dalla gestione dell’immigrazione, alla sanità e alle infrastrutture – con quel Sì che non è solo per la Tav (questione il cui esito, se ci sarà e sarà quello annunciato dal M5s avvicinerebbe di molto il centrodestra alla sconfitta certa), ma per lo sviluppo di una regione che deve recuperare peso e terreno. Quel Sì sarà anche il nome non di una lista, come molti supponevano, ma del listone. Sempre che nel Pd non prevalga la sindrome Tafazzi.

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