VERSO IL VOTO

La "remuntada" di Chiamparino scombina i piani del centrodestra

Mentre il governatore allunga il passo e riduce le distanze, la Lega tesse la trama attorno a Damilano, che ha già incontrato Salvini, e in Forza Italia emergono dubbi su Cirio: "È il candidato giusto?". E così rispunta l'ipotesi Porchietto

La remuntada a passo costante e ininterrotto di Sergio Chiamparino, unita al segnale di vita(lità) dato dal Pd con l’inaspettata affluenza ai gazebo delle primarie, non spaventa (ancora) il centrodestra. Tuttavia, lo induce a un supplemento di riflessione sulla candidatura alla presidenza della Regione senza più sottovalutare aspetti e dinamiche finora marginali nelle discussioni interne alla coalizione, finora convinta che il vantaggio accreditato nelle previsioni sia sufficientemente ampio da non compromettere la vittoria nelle urne del 26 maggio.

Il tema, insomma non è soltanto più quello relativo alla tenuta del patto, siglato nel lontano settembre dello scorso anno a Palazzo Grazioli, che attribuisce a Forza Italia l’indicazione del candidato cui affidare il compito di conquistare la poltrona su cui oggi siede Chiamparino. La questione non è solo più circoscritta a una possibile forzatura da parte della Lega, con tutto il suo peso elettorale e di governo, per assumere in prima persona la guida dell’ultima regione del Nord a tutt’oggi nelle mani del centrosinistra portandola nel carniere dove già ci sono Lombardia, Veneto e Friuli Venezia-Giulia. Il ragionamento che, oggi assai più di ieri, si fa ai vertici del Carroccio salviniano e prende pure corpo con una certa intensità nella dirigenza nazionale azzurra così come nell’inner circle berlusconiano verte sul profilo del competitor da opporre a Chiamparino.

Nelle ultime settimane la certezza di riuscire finalmente a incoronare Alberto Cirio, dopo una lunga e una tantino stucchevole serie di designazioni ufficiose, è assai meno granitica di quanto i principali sponsor dell’operazione – anzitutto la “cricca” cuneese, animata da interessi di bottega politica (e da calcoli sulle prospettive di alcuni notabili) – ammettano. In questo quadro, persino il rischio residuale legato a possibili soprese nel prosieguo dell’iter giudiziario della Rimborsopoli regionale nella quale il pm ha chiesto l’archiviazione per Cirio e sulla quale deve ancora esprimersi il gup, passa in secondo piano. L’interrogativo che ora si pongono esplicitamente molti maggiorenti del centrodestra concerne le caratteristiche che deve avere lo sfidante di Chiamparino. Insomma, siamo sicuri che Cirio sia il miglior candidato?

Dubbi e perplessità mai di fatto nascoste dalla Lega che, pur continuando a elogiare in pubblico le qualità del candidato “in pectore”, da tempo ha avviato i contatti con una figura di primo piano del mondo imprenditoriale torinese: Paolo Damilano. Il quale non solo ha recentemente incontrato Matteo Salvini, ma tiene costantemente i rapporti con il Richelieu del Carroccio a Palazzo Chigi. Prima di partire per gli Stati Uniti, Giancarlo Giorgetti, a cui pare si debbano ascoltate indicazioni che hanno portato lo stesso segretario regionale Riccardo Molinari a tessere la discreta ma concreta relazione con l’imprenditore, avrebbe dato appuntamento a quest’ultimo al suo rientro dagli Usa, quando insieme al capogruppo alla Camera riprenderà in mano il dossier Piemonte.

Nessuna promessa a Damilano, la cui disponibilità a correre se chiamato è stata riconfermata ai vertici leghisti, ma la certezza che, come ribadito dal Capitano, nel caso la Lega debba fare un nome, quello sarà il suo. E non è un caso che il profilo di quello che potrebbe essere il candidato civico del centrodestra sia molto vicino a quello ideale su cui sta convenendo anche Forza Italia, più a livelli di vertice che non tra la dirigenza locale ancora pervasa dalle solite invidie e dai mai scemati timori che armano l’un contro l’altro. Imprenditore e dunque espressione di quel mondo che il centrodestra al Nord non può permettersi di non ascoltare e di perderne la storica rappresentanza e, soprattutto, torinese. Due elementi che, ovviamente, non per colpa sua Cirio non possiede e che, invece, nella competizione elettorale solo sempre più cruciali. Il ragionamento, in fondo, è così semplice che persino il coordinatore regionale di Forza Italia, Paolo Zangrillo, potrebbe capirlo: Torino e la sua provincia sono il terreno da conquistare, avendo il centrodestra già dalla sua ampi numeri a favore nel resto della Regione.

Mondo delle imprese e radicamento nel capoluogo. Competenza e relazioni. Binomi che compongono il profilo del candidato “ideale” in grado di far breccia (anche) in un establishment che, per quanto appannato, orienta una fetta consistente di consenso e condiziona l’opinione pubblica (come si è visto con la recente battaglia pro Tav). Un sistema che non si conquista con le (sole) lusinghe né evocando immagini di sé che stridono con la realtà. Una situazione ormai chiara a più di un consigliere del Cav che non ha mancato di rammentarglielo, trovando facile approvazione. Quella che, al contrario, è capitato di non trovare proprio a Cirio inciampando su un intervento definito parecchio approssimativo, nel quale ha mescolato autonomie e residui fiscali rimediando una stoccata da Chiamparino e più di un sopracciglio inarcato dagli stessi amministratori locali di centrodestra al congresso dell’Uncem. Un passo falso che se non aiuta, certo non sarà tra le ragioni che faranno sfumare una candidatura sempre più in bilico, mentre come non di rado accade prendono a girare rumors su possibili schizzi di veleno pronti a colpire l’europarlamentare.

Quanto possa essere vicina la soluzione per il centrodestra, forse solo Salvini e pochissimi altri lo sanno. Molto dipenderà anche da quanto in Forza Italia si comprenderà come per l’azionista di maggioranza quello standing legato al mondo produttivo e al capoluogo con la sua provincia come terra da non lasciare al centrosinistra sia di fatto irrinunciabile.

Un profilo che nel partito di Berlusconi s’attaglia, senza dubbio, all’attuale parlamentare e già assessore regionale Claudia Porchietto. Il suo nome, pur continuando a provocare orticarie a più di un compagno di partito, è stato fatto ancora di recente a Palazzo Grazioli. Lo ha pronunciato esplicitamente quale candidato ideale, lo scorso 12 febbraio, il portavoce delle 33 associazioni Sì Tav Corrado Alberto. Raccontano di un malcelato imbarazzo del fratello del medico personale di Berlusconi, ancora fermo su Cirio, a quell’endorsement che, è pur vero, arriva dal presidente dell’Api e quindi successore indiretto della deputata che guidò l’associazione dal 2005 al 2009, ma che sarebbe finito negli appunti di chi consiglia e aggiorna il Cav. E, grazie alla diplomazia segreta tra i due partiti, è a conoscenza di un particolare tutt’altro che marginale: nel caso Forza Italia proponesse la Porchietto, da parte della Lega non verrebbe frapposto alcun ostacolo, nessuna resistenza a quella che, tra l’altro, sarebbe anche la candidatura più indigesta per Chiamparino.

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