CARTAPESTA

La Stampa, Molinari in bilico

Dopo aver giubilato Calabresi da Repubblica, la Gedi sarebbe sul punto di dare il benservito pure al direttore della Busiarda. Calo delle vendite e scarsa raccolta pubblicitaria all'origine della decisione, ma anche una linea editoriale contraddittoria

Dopo Repubblica toccherà alla Stampa? Nessun automatismo, ovviamente. Ma che al cambio di direzione che è piombato nelle scorse settimane sul quotidiano fondato da Eugenio Scalfari e, soprattutto, su uno sconcertato Mario Calabresi non possa seguire analoga decisione dell’editore per quanto riguarda la testata torinese oggi pochi sono pronti a escluderlo.

Soprattutto tendendo l’orecchio ai rumors che da qualche tempo si rincorrono sulla durata di Maurizio Molinari in plancia di comando in via Lugaro. Lo scorso gennaio ha superato la boa dei tre anni, tanto quanto è durato Calabresi alla guida di Repubblica dov’era arrivato lasciandogli il posto a Torino e la prima direzione dopo una carriera percorsa soprattutto all’estero come corrispondente in sedi importanti e prestigiose, dagli Usa a Israele con un breve periodo a Bruxelles, e uno standing internazionale.

Un profilo forse addirittura eccessivo per chi guarda al futuro, non lontano, del quotidiano torinese come a un giornale regionale intendendo affidare il ruolo di ammiraglia nell’ambito di Gedi proprio a Repubblica appena consegnata nelle mani di Carlo Verdelli. Certo contano anche i numeri, quelli delle copie e della pubblicità. Anche in questo caso la busiarda, come l’han sempre chiamata i torinesi, se la passa peggio di tanti altri: nell'ultimo anno le copie perse sono state quasi 20mila (-11,93%) passando da 164.210 a 144.621 e perdendo il quarto posto tra i quotidiani più venduti a vantaggio della Gazzetta dello Sport. Una performance tra le peggiori se si esclude il Giornale, ormai in caduta libera. Insomma, dal matrimonio con Repubblica non pare averci certo guadagnato. E assai poco consolatoria dev’essere quell’adozione del Secolo XIX, passato in poco tempo da storico quotidiano ligure a poco più di un contenitore di pezzi fotocopia del foglio torinese con margini di manovra confinati quasi esclusivamente alle cronache dei quartieri della Superba.

Altri quartieri, quelli di Torino, si è trovato a dover frequentare Molinari, probabilmente con un certo spaesamento per chi è abituato a muoversi su teatri internazionali, tra Bilderberg e capi di Stato, summit e questioni di rilevanza globale. Operazione lodevole, ma che agli occhi di più d’uno ha finito con il presentare un’immagine stridente: quella di un quotidiano che nell’intenzione dell’editore dovrà essere sempre più locale e quella di un direttore più abituato a raccontare e commentare scenari geopolitici piuttosto che gli inciampi della giunta grillina di Torino o gli affanni di quella di Sergio Chiamparino. E proprio una certa qual morbidezza nei confronti della sindaca Chiara Appendino e del suo governo cittadino, pare sia stata una linea che seppur aggiustata in maniera repentina tanto da sconcertare più di un lettore, non abbia riscosso grandi apprezzamenti da parte dell’editore.

Ma forse non sarà, nel caso, né quello né altre scelte fatte da Molinari a far decidere il gruppo Elkann-De Benedetti che anche per lui è arrivato il momento di cambiare. Perché a cambiare, probabilmente, sarà lo stesso giornale, tant’è che già si vocifera di una possibile unificazione delle cronache locali con Repubblica, rafforzando quell’immagine di Stampubblica, a scapito delle ambizioni (e della storia) di giornale nazionale del foglio torinese a vantaggio del quotidiano che Calabresi è stato costretto a lasciare dalla sera alla mattina.

Molti assicurano che, se dovesse capitare, non accadrebbe così per Molinari. C’è, addirittura chi si spinge ad azzardare che l’ex corrispondente da Gerusalemme sia già ben informato delle manovre che si starebbero approntando in Gedi dove per la futura direzione della Stampa pare si guardi a un profilo più da uomo-macchina.

Come sempre accade, quando ancora la vicenda sta a livello di voci (pur se da fonti attendibili), non possono che spuntare i nomi per quella che, prima o poi, sarà la successione a Molinari. Gira, tra gli altri, quello del torinese Dario Cresto-Dina, vicedirettore di Repubblica e dal 2000 nel giornale diretto per vent’anni da Ezio Mauro e prima proprio alla Stampa. Calabresi lo aveva nominato vicario dopo il periodo un po’ turbolento a causa dell’arrivo alla vicedirezione (durata pochissimo) di Tommaso Cerno. Giornalista di lunga esperienza nella gestione della macchina, Cresto-Dina, non è certo uno di quei volti che si affacciano più spesso dai teleschermi che nelle redazioni. Se non sarà lui, probabilmente sarà un profilo molto simile al suo quello del prossimo direttore che arriverà in via Lugaro.

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