POTERI FORTI

Acri, Profumo presidente a tempo

Con la spada di Appendino sulla sua testa per l'ex ministro montiano si profilerebbe un mandato di un solo anno, prima che decada dal vertice della Compagnia di San Paolo. Lo zampino di Di Maio e Quaglia che finge di prendere le distanze da Palenzona

Un Profumo dalla persistenza limitata, pronto a diventare evanescente appena Chiara Appendino arriccerà il naso. Potrebbe essere questa la soluzione alla successione di Giuseppe Guzzetti al vertice dell’Acri, ovvero un mandato a termine dell’attuale numero uno della Compagnia di San Paolo.

Ormai per nulla gradito alla sindaca di Torino e ancor meno a Luigi Di Maio, il quale pare non aver alcuna intenzione di vedere il professore nominato da Piero Fassino a capo della maggior fondazione del Paese nella veste di azionista di peso di quel bancomat grillino che per il capo politico dei Cinquestelle è la Cassa Depositi e Prestiti. Con in cassaforte il 16% del capitale Acri non solo esprime tre consiglieri (e il presidente) nel board di Cdp, ma è in grado di influenzarne le strategie e financo di porre veti, come si è visto recentemente nel caso di importanti dossier (da Alitalia in giù). Eppure, pur ammaccato e traballante, l’ex ministro del Governo di Mario Monti e già rettore del Politecnico resta in lizza per la successione del Grande Vecchio della finanza bianca lombarda.

Attorno alla sua possibile nomina a capo della potente associazione tra le Casse di Risparmio e le fondazioni di origine bancaria si starebbero piazzando paletti, vincoli e fors’anche modifiche statutarie in grado di evitare che la sua permanenza limitata nel tempo possa provocare conseguenze agli equilibrii interni all’Acri stessa e tra i soci. Tra queste (contro)misure ci sarebbe anche l’introduzione nello statuto dell’associazione (da modificarsi dopo l’elezione del nuovo presidente, ma in base ad accordi precedenti) della norma che prevede l’aumento a quattro dei vicepresidenti e il subentro di uno di essi nel caso di dimissioni o decadenza anticipata del presidente, oltre ad assegnare maggior potere all’attuale direttore generale Giorgio Righetti.

Aggiustamenti che parrebbero fatti su misura nel caso in cui Profumo venisse nominato, sia pure con un mandato assai breve. La sua riconferma, da parte della sindaca di Torino, al vertice della Compagnia è ormai escluso. E lo stesso atteggiamento tenuto dalla Appendino nei confronti dell’ex presidente di Iren Paolo Peveraro, silurato in occasione del rinnovo, è eloquente oltre che palesemente premonitore per l’ex ministro. Non venendo riconfermato alla fondazione di corso Vittorio Emanuele, Profumo sarebbe, infatti, costretto a lasciare l’Acri.

Uno scenario che certo non gioca a favore di Profumo in vista dell’assemblea del 21 maggio. In più, - come rivela Starmagazine, il giornale online diretto da Michele Arnese solitamente ben informato sulle questioni finanziarie e i loro retroscena – Guzzetti non avrebbe apprezzato del tutto le scelte di Profumo in merito alla presidenza dei Intesa Sanpaolo dov’è stato riconfermato Gian Maria Gros-Pietro. E se il borsino di Profumo, sarebbe aggiornato al ribasso dall’uomo che è rimasto al vertice dell’Acri per quasi vent’anni, è sempre in Piemonte la riserva della Repubblica delle fondazioni che risponde al nome di Giovanni Quaglia.

L’omologo di Profumo in Fondazione Crt, che con Guzzetti condivide la lunga carriera politica sotto il segno della Dc prima e della finanza bianca poi, sembrava uscito di scena pur avendo ottenuto un incarico di prestigio in Cdp dove presiede il Comitato di supporto. Ma è il suo il nome che è tornato ad affacciarsi con una certa decisione sullo scenario di un risiko le cui mosse cruciali passano per Torino, sia pure sotto lo sguardo attento del vertice dei due partiti di Governo. Non è un mistero il legame tra la Lega, in particolare il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti con quel mondo in cui da decenni si muove Guzzetti. Ma è nelle mani della Appendino il futuro di Profumo e, quindi, i fili sempre più deboli che lo legherebbero alla presidenza di Acri.

L’annunciata mancata riconferma dell’ex rettore del Poli e la sua sostituzione al vertice della Compagnia (magari con l’attuale vicepresidente di Confindustria Licia Mattioli o di un altro nome che farà la sindaca), ha per Acri due possibili soluzioni. La prima: procedere con la nomina di Profumo, sapendo che nel giro di un anno dovrà essere sostituito. La seconda:smentendo quella che era parsa come una pre-investitura da parte di Guzzetti – “Ci mancherebbe, è un nome più che giusto”, ha ribadito venerdì scorso – virare su un’altra figura, ovvero su Quaglia. Il quale oltre a poter contare su un consenso, tra i vertici delle fondazioni, assai più vasto rispetto a quello di Profumo, ha iniziato ad accreditare voci circa un suo progressivo allontamento da Fabrizio Palenzona: un affrancamento, quello dal suo antico dominus, non si sa quanto reale ma comunque utile a presentarsi agli occhi dei nuovi potenti sgravato da ipoteche esterne. Inoltre, l’ex sindaco di Genola ha dalla sua il numero uno della Fondazione Cr Cuneo (primo socio italiano di Ubi Banca) Giandomenico Genta, potrebbe essere lui a formalizzare la candidatura in assemblea a nome di un cartello di fondazioni minori. Insomma se la strada di Profumo sembra destinata a farsi pericolosamente in salita a Torino, quella di Quaglia si fa in discesa.       

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