VERSO IL VOTO

Sta cambiando il vento (del Nord), la Lega teme contraccolpi sul voto

Salvini si sente sotto assedio ma fa comunque lo spavaldo: "Con noi il Piemonte può cambiare". Il vaticinio della sondaggista Ghisleri a Cirio: "Attento ai mutamenti nazionali". La visita del governatore ligure Toti

Il vento del Nord non è quello che piace e serve alla Lega: porta tempesta dalla Lombardia flagellata da inchieste e arresti e non rassicura più così tanto coloro i quali erano convinti gonfiasse le vele della flottiglia con rotta verso piazza Castello, sede da espugnare al centrosinistra per il governo del Piemonte. Tira una brutta aria, Matteo Salvini denuncia l’assedio mosso da “forze potenti” e con immutata spavalderia tenta di esorcizzare lo spettro di contraccolpi nelle urne: “In Piemonte c’è l’occasione di cambiare dopo cinque anni di governo di sinistra – ha detto ieri a Napoli –. Il voto alla Lega è anche un voto per le grandi opere e per la Tav. Noi siamo a favore dello sviluppo mentre per i 5 stelle c’è un ritorno al passato fondato sui no. Ultimamente al governo c’è un partito che dice solo no”.

Brezza da bolina per Sergio Chiamparino che, non a caso, passerà l’ultima settimana a battere palmo a palmo, mercato per mercato, quella Torino che conta pur sempre il cinquanta per cento del bacino elettorale della regione e dove il suo avversario Alberto Cirio continua ad accusare una debolezza fino ad ora non superata. Oggi il candidato forzista del centrodestra ospita nella sua sede elettorale di via Barbaroux l’amico ed auspicato collega Giovanni Toti. Il sodalizio con il governatore della Liguria affonda nel periodo in comune passato a Bruxelles prima che l’ex consigliere politico di Silvio Berlusconi facesse incetta di voti da La Spezia a Ventimiglia accrescendo il carniere del centrodestra nel Nord. La sera in cui vinse, Toti ricevette l’abbraccio in via XX Settembre a Genova proprio dall’eurodeputato di Alba al quale oggi ricambia, in anticipo, la cortesia. I due si spingono forse un po’ troppo in avanti, siglando un patto tra le due Regioni -–su lavoro, infrastrutture, turismo, tutela della salute e autonomia – che per ora è a futura memoria.

Bisogna superare il 26 maggio e, oggi per il centrodestra non è certo più facile di quanto non lo fosse l’altro ieri. Il nervosismo che pervade anche i vertici regionali del Carroccio, azionista di maggioranza della coalizione, raccontano di come quel vento sia cambiato in fretta e possa preludere a una tempesta. “Stai tranquillo, anche se non di molto sei sempre avanti. L’importante è che non cambi il quadro nazionale”, così giorni addietro Cirio riferiva quanto gli aveva detto la sondaggista Alessandra Ghisleri.

Parole rassicuranti che tali adesso forse non sono più di tanto, perché quel quadro nazionale è cambiato in fretta e continua a cambiare: lo scontro con l’alleato di governo è ormai ai massimi livelli, la questione dello spread alzato per via delle esternazioni di Salvini hanno visto il vicepremier leghista tenuto a distanza di sicurezza, rispetto alle valutazioni di Bruxelles e dei mercati, non solo da Luigi Di Maio e dal premier Giuseppe Conte, ma anche dallo stesso ministro dell’Economia Giovanni Tria. Poi oltre all’inchiesta sui voli di Stato del Capitano, ci sono quelle che stanno terremotando la Lombardia con propaggini in Piemonte dove c’è un parlamentare azzurro, Diego Sozzani, per cui è stata chiesta al Parlamento l’autorizzazione all’arresto. Sì, lo scenario nazionale è cambiato e probabilmente non ha terminato di farlo.

Quanto ciò potrà pesare in negativo sul centrodestra? Non è la sola domanda da porsi a una settimana dal voto. Già, perché non è arrivato nessun endorsement di peso a favore della coalizione data favorita e del suo candidato da personalità in grado di spostare (o perlomeno provarci) voti? Perché la Lega non ha richiamato in servizio il notaio Alberto Morano, lasciandolo nel limbo nonostante un più che buon risultato alle comunali torinesi nel 2016, puntando su un civico rivelatosi un consigliere attento e capace a far le pulci alla maggioranza pentastellata? Errori strategici della dirigenza leghista? Forse sì. Come probabilmente è stato un pasticciaccio quel mandare avanti un imprenditore del calibro di Paolo Damilano come candidato governatore in pectore e poi mollarlo quattro a zero, che fino ad ora si è ben guardato dallo spendere solo una parola per il centrodestra. Bisognerebbe chiedere a Giancarlo Giorgetti: il potente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio aveva individuato e costruito quella candidatura e non l’ha certo presa bene quando si è deciso altrimenti. “Forse abbiamo concesso troppo a Forza Italia” il glaciale commento del Gianni Letta del Carroccio all’investitura di Cirio. Il quale oggi incontrando il suo sodale ligure, su posizioni sempre più critiche nei confronti di Forza Italia e dato sempre più pronto (dopo le elezioni) a costruire qualcos’altro con Giorgia Meloni, certo non rafforza l’immagine di un partito (il suo) sempre più in affanno nella corsa verso il voto.

Fino all’altro giorno di questa difficoltà del partito del Cav se ne avvantaggiava visibilmente la Lega. Adesso anche per il partito di Salvini il vento del Nord sta cambiando. Quanto potrà frenare il centrodestra e gonfiare un po’ le sbattacchianti vele del centrosinistra in Piemonte dipenderà da come capitani ed equipaggi manovreranno in questi ultimi giorni di campagna elettorale. E da quel che potrebbe ancora succedere prima del conclusivo giro di boa.

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