POLITICA & GIUSTIZIA

Salone del libro, Fassino a processo

Chiesto il rinvio a giudizio per l'ex sindaco e altri 25 per la gestione tra il 2010 e il 2015 della kermesse letteraria torinese. Tra loro anche gli ex presidenti Picchioni e Milella. Le accuse variano dal peculato alla turbativa d'asta. Verso l'archiviazione Coppola

La procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio di 26 persone al termine nell’inchiesta sulla vecchia gestione del Salone del Libro. Tra i destinatari del provvedimento figurano l’ex sindaco di Torino, Piero Fassino, gli ex presidenti della Fondazione del libro Rolando Picchioni e Giovanna Milella, l’ex assessore regionale alla Cultura della giunta Chiamparino, Antonella Parigi. Le ipotesi di reato, forulate dal pm Gianfranco Colace e dall’aggiunto Enrica Gabetta per l’affidamento senza gara a Gl events e per la predisposizione di un bando ad hoc per l’edizione 2017, variano dal peculato alla turbativa d’asta. Sotto accusa anche i vertici della multinazionale francese proprietaria della struttura espositiva del Lingotto Fiere, Régis Faure e Roberto Fantini.

È stata invece stralciata la posizione di Michele Coppola, ex assessore regionale del Piemonte nella giunta di centrodestra del governatore Cota e oggi direttore del settore Arte e cultura di Intesa Sanpaolo. Il nome di Coppola non compare tra le 26 richieste di rinvio a giudizio. Lo stralcio, normalmente, è il preludio di una proposta di archiviazione. Anche per altri due indagati è stato disposto lo stralcioì: si tratta dell'avvocato Claudio Piacentini e dell'amministratore di Dmo Piemonte Marketing Scarl, l’agenzia turistica della Regione, Alberto Ansaldi: non sarebbe stata viziata da irregolarità la nomina di Maria Elena Rossi, che del resto non è mai stata indagata.

“Ho sempre agito con assoluta correttezza e trasparenza con l’unico obiettivo di garantire che il Salone del Libro potesse continuare la sua attività, evitando ogni evento che lo potesse mettere a rischio – afferma Fassino –. Stante le difficili condizioni finanziarie della Fondazione, la messa in sicurezza del Salone era tutt’altro che scontata e ogni mio atto è stato finalizzato a quell’obiettivo in modo trasparente, rispettando le prerogative della Fondazione, ottemperando pienamente alle leggi vigenti e aderendo, in ogni passaggio, alle indicazioni dei consulenti legali”. L’ex sindaco di Torino, oggi deputato conclude: “Valuterò con i miei legali la richiesta di rinvio a giudizio, che in ogni caso non mi addebita alcuna forma di arricchimento o interesse personale. Guardo con serenità ai prossimi passaggi dove dimostreremo l’assoluta correttezza e linearità dei miei comportamenti, ispirati unicamente alla tutela del bene della città”.

L’inchiesta è nata nel 2015 seguendo l’ipotesi di peculatocontestata all’ex presidente Picchioni: secondo la procura di Torino (il pm è Gianfranco Colace) nell’arco di cinque anni il vertice del Salone avrebbe speso circa 850mila euro “per finalità personali e comunque estranee alle finalità” della Fondazione che gestiva la kermesse libraria, oggi in liquidazione. Sotto la lente dei giudici ci sono state fin da subito le gare d’appaltobandite per l’organizzazione delle edizioni 2015 e 2016, ma anche i bilanci. Secondo l’accusa non si sono mai create le condizioni perché il Salone del libro venisse organizzato in spazi diversi dal Lingotto. L’edizione del 2015, ad esempio, già oggetto di un procedimento (che portò ad alcuni arresti nell’estate 2016), era stata affidata direttamente alla filiale italiana di Gl Events, il colosso francese che gestisce il polo fieristico dell’ex stabilimento Fiat. Tutto ciò è stato fatto “con la fittizia motivazione dell’urgenza, così evitando di effettuare le procedure di evidenza pubblica”, ma anche con “collusioni e altri mezzi fraudolenti” e per questo la procura contesta la turbativa d’asta all’ex presidente, a Fassino, all’assessore Parigi, all’ex consigliere Roberto Moisio, al dg di Gl Events Italia Regis Faure e al direttore commerciale del Lingotto Roberto Fantino. A questi nomi si aggiunge quello del successore di Picchioni, Giovanna Milella, per il bando per il triennio 2016-2018: nel 2015 era stato stipulato un contratto triennale d’affitto del Lingotto per 1,16 milioni di euro l’anno e poi nel bando di gara per l’organizzazione materiale della rassegna erano state inserite una serie di clausole a favore di Gl Events Italia.

Un grosso capitolo dell’indagine è stata dedicata a sei bilanci che per gli inquirenti sono taroccati (dal 2010 al 2015) con l’iscrizione, tra gli attivi, del valore gonfiato del marchio del Salone del libro, valutato in 1,8 milioni di euro. In questo modo, con la complicità del collegio dei revisori e altri, i debiti della Fondazione venivano “nascosti”.

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