GLORIE NOSTRANE

Tricarico risuscita nel cimitero grillino

Quarta vita (politica) dell'ex assessore di Chiamparino. Dai natali socialisti alla svolta con i verdi, dalla militanza piddina alla migrazione romana alla corte di Ignazio Marino. Ora tocca alla Appendino fare gli scongiuri

Si scoprono le tombe, si levano i morti, i martiri nostri son tutti risorti. Chissà se anche Roberto Tricarico è da considerarsi tra i martiri del Pd, intanto però risorge tra i sepolcri imbiancati dei grillini, nominato dalla sindaca Chiara Appendino al vertice di Afc, la società che gestisce i cimiteri di Torino. Un incarico che riporta l’ex assessore alla Casa di Sergio Chiamparino nell’agone pubblico. Siederà nel cda in compagnia di Anna Merlin, cinquestelle doc, già consigliera della Città Metropolitana di Torino, e Antonio Colaianni, l'amministratore delegato che la prima cittadina ha deciso di confermare.

Un’anima in pena, il Tric. Livoroso per i suoi antichi compagni del Pd che disarcionando Ignazio Marino da sindaco di Roma provocarono anche la fine del suo grande sogno al Campidoglio, dov’era braccio destro del primo cittadino della Capitale. C’era anche Stefano Esposito tra gli assessori che nell’ottobre 2015 si dimisero provocando un effetto domino che portò alla caduta del “Marziano” di lì a qualche settimana. Lo stesso Esposito che, nella prima giunta Chiamparino, affiancava l’allora giovane assessore Tricarico come staffista. Quanti tradimenti ritiene di aver subito “Tric” e quanti lui stesso ne ha consumati. Come quando, da poco iscritto al Psi, voltò le spalle a Giusi La Ganga alla vigilia di un congresso, passando armi e bagagli con la componente guidata da Gabriele Salerno. Giustificò il voltafaccia con “l’adesione ai valori ideali” di colui che non a caso il vecchio ras craxiano definiva con disprezzo l’enfant betè, essendo figlio di Totò Salerno uno dei più noti uomini delle tessere nel Garofano torinese. Tangentopoli era alle porte, lui fiuta l’aria e trova riparo nei Verdi: così eccolo rispuntare tra i corridoi di Palazzo Lascaris dove ottiene un incarico da portaborse dell’allora consigliere regionale Pasquale Cavaliere. Il tempo passa veloce, Tricarico scala il partito e finisce in Sala Rossa nel 1993 sotto le insegne del Sole che ride ed è lui a ridere ancora di più quando nel 2001 Chiamparino lo vuole con sé nella squadra della grande abbuffata olimpica. Un trampolino che lui pensava potesse portarlo fino al piano nobile di Palazzo Civico, ma quando si è trattato di competere per le primarie da sindaco non riesce a ottenere le firme necessarie e così non gli rimase che ripiegare su una candidatura a consigliere. Un’altra delusione arriva quando Piero Fassino lo esclude dalla sua giunta e il gruppo dem in Consiglio sceglie Stefano Lo Russo come capogruppo. È isolato, cerca rifugio a Roma dove Marino lo accoglie al Campidoglio per un paio di anni, neanche il tempo di disfare le valigie. Torna a Torino e si reinventa barista e pure scopre una vena intellettualoide sfornando pistolotti e sermoncini sulle pagine locali del Corsera.

La sua designazione ai Cimiteri di Torino non ha certo fatto piacere al Pd. C’è chi reagisce con rabbia – “Dopo aver pontificato per due anni sui giornali ora vende l’anima al Movimento 5 stelle” – chi scherza sulle sue ambizioni di diventare il consigliori della sindaca: “Se le porterà fortuna come ha fatto con Marino…”. 

print_icon