GIUSTIZIA

Piazza San Carlo, colpa dello spray ma i rischi erano molto evidenti

Nelle motivazioni della condanna ai componenti della banda che la sera del 3 giugno 2017 scatenò il panico durante la proiezione della partita di Champions, il giudice rileva come le falle nella gestione dell'evento fossero ben visibili. Un procedimento in cui è indagata la sindaca Appendino

Le “eventuali responsabilità colpose” di chi organizzò e gestì la manifestazione del 3 giugno 2017 in piazza San Carlo a Torino, sfociata in un fuggi fuggi tra la folla, oltre 30mila persone, che causò 1.673 feriti e due decessi, Erika Pioletti e Marisa Amato, non escludono la colpevolezza dei componenti della banda dello spray che scatenò il panico a scopo di rapina. È quanto scrive il gup Mariafrancesca Abenavoli nelle motivazioni della sentenza di condanna dei quattro giovani imputati per omicidio preterintenzionale. Il tema delle lacune nella sicurezza è al centro di un procedimento parallelo in cui, fra gli indagati, figurano la sindaca, Chiara Appendino, e l’ex questore Angelo Sanna. Gli avvocati della banda dello spray hanno sostenuto che i quattro sono stati “accusati ingiustamente delle conseguenze in realtà addebitabili alle disfunzioni connesse all’organizzazione e alla gestione” dell’evento: scarsità delle vie di fuga, transenne, cocci di bottiglia sparsi al suolo e altro. “Quanto agli aspetti legati alla sicurezza – è la replica del gup – va rilevato anzitutto che essi erano visibili a chiunque”. Ma in ogni caso esiste un “nesso di causalità” tra la condotta degli imputati, le ondate di panico e il ferimento delle persone con il successivo decesso di due donne.

A scatenare il panico in piazza San Carlo la sera del 3 giugno 2017 durante la proiezione su maxischermo della finale di Champions League fu l’azione di una sola “banda dello spray”. L’eventuale presenza di altri gruppi di rapinatori non ha influito nell’esito purtroppo tragico. Erano stati i difensori a ipotizzare che il caos fosse sorto in conseguenza dell’azione di altri rapinatori. Un amico degli imputati testimoniò di avere visto, in piazza, “molte squadre di giovani” che conosceva perché “adusi a commettere rapine con quelle modalità”. Alcuni tifosi sostennero di avere avuto difficoltà a respirare “ancor prima dell’inizio della partita”. Un altro riferì di avere avvertito “fastidio alla gola” poco prima delle ore 22:12, l’ora in cui agirono i quattro imputati. Secondo il giudice però l’ipotesi “è contraddetta da diversi elementi”.

Una cosa è certa nella dinamica dell’azione criminosa: “miravano a creare scompiglio tra la gente”. La giudice afferma che i quattro – tutti giovani di origini marocchine – “sapevano perfettamente che la diffusione dello spray avrebbe creato scompiglio e movimenti incontrollabili”. Questo, sulla base degli ultimi orientamenti della giurisprudenza, è sufficiente per arrivare alla condanna per omicidio preterintenzionale. A tre imputati sono stati inflitti 10 anni, 4 mesi e 20 giorni di reclusione, al quarto 10 anni, 3 mesi e 24 giorni.

Scritte sui muri delle celle e persino il disegno di una mappa di piazza San Carlo per concordare una versione su quanto accadde la sera del 3 giugno 2017. Avevano adottato questo espediente, dopo essere stati arrestati, i quattro giovanissimi componenti della “banda dello spray”. Furono però scoperti dalla polizia penitenziaria. Il retroscena è contenuto nelle motivazioni. I quattro erano stati separati e messi in isolamento. Sulle pareti lasciarono delle scritte sperando che i compagni venissero sistemati nella stessa cella dopo di loro “e potessero giovarsi delle loro note o suggerimenti” non solo su piazza San Carlo, ma anche sui numerosi altri colpi addebitati alla banda in Italia e all’estero. “Abbiamo spruzzato e tolto la collana – è uno dei grafiti – fra il secondo e il terzo gol, e non siamo stati noi a fare il casino”. Altre scritte sono: “Io ero sotto il portico quando ho visto tutti scappare”, “Ci fu forte rumore non siamo stati noi”. La polizia penitenziaria scoprì anche un disegno con la piantina di piazza San Carlo con due cerchi, tracciati evidentemente per indicare la posizione dei rapinatori.

Dalle carte emerge anche la ragione che ha portato ad aprire un supplemento di indagine sul caso di Marisa Amato, la donna che, dopo essere stata travolta dalla folla, rimase tetraplegica e morì il 25 gennaio 2019. “Un errore nell’esecuzione di alcuni movimenti fatti realizzare” dopo l’arrivo al pronto soccorso, per questo motivo è in corso un procedimento penale a carico di alcuni medici. La difesa afferma che il decesso di Amato non può essere attribuito agli imputati. Secondo la giudice, però, una eventuale “colpa medica” non esclude le responsabilità dei quattro. La donna era infatti arrivata al pronto soccorso in condizioni già problematiche e “l’eventuale errore medico, avendo come presupposto non la generica presenza in ospedale della Amato, ma proprio la cura delle lesioni cagionate dalla condotta degli imputati, non è certo idoneo a interrompere il nesso di causalità”.

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