GIALLOROSSI

Pd-M5s, "intesa senza ombre"

Nessuna abiura né diktat ma le condizioni per dar vita a un'eventuale governo devono essere chiare. Tra mosse tattiche, programmi di "ampio respiro" e strategia politica Gariglio spiega perché non bisogna temere l'accordo con i grillini

La porta è la stessa, come la spiaggia e il mare. “E Renzi ha fatto bene a chiuderla un anno e mezzo fa e riaprirla adesso”, dice Davide Gariglio nel sabato concesso con la famiglia sotto l’ombrellone. Il deputato del Pd, segretario regionale dal 2014 al 2018, sa che è meno difficile convincere la prole a uscire dall’acqua che una buona parte del suo elettorato e degli stessi quadri dirigenti della giravolta di Matteo che, piaccia no no, ha messo nell’angolo l’altro. Occhi sullo smartphone come un tempo l’orecchio attaccato alla radiolina, la partita è ancora tutta da giocare.

Onorevole Gariglio, provi a spiegare a un vostro elettore che aveva esultato davanti a quel gol segnato in zona Cesarini da Renzi, ospite da Fabio Fazio, perché adesso poco più di un anno dopo il “mai con i Cinquestelle” dovrebbe tifare per il Governo giallorosso.
“Un anno e mezzo fa i Cinquestelle erano i veri vincitori delle elezioni, erano portatori di un messaggio ostilissimo nei nostri confronti, venivamo da cinque anni di fortissima contrapposizione. Ci pareva giusto prendere atto che eravamo stati bocciati e che loro avevano vinto”.

Per questo sarebbe bastato monsieur De Lapalisse. Il punto è quel veto dell’ex segretario quando una parte del Pd, con i grillini, era pronta a farlo il Governo.
“E aveva fatto senz’altro bene, Matteo. Col senno di poi dico che ha fatto benissimo”.

E ha fatto bene anche adesso, insomma pochi giorni fa, ad aprire quella porta che pareva murata?
“Certo che sì. Ora la situazione è estremamente mutata, le elezioni europee hanno consacrato un quadro politico diverso, i Cinquestelle si sono molto ridimensionati, non hanno più la golden share che avevano e nel contempo è cresciuto un soggetto politico che se andassimo al voto ora rischierebbe di ottenere la maggioranza assoluta dei parlamentari. E questo pone seri problemi essendo in gioco la stessa collocazione dell’Italia nell’Unione Europea, le alleanze internazionali, senza dire dei principi di solidarietà che nel Paese ci sono sempre stati con qualsiasi governo e che la destra estrema di Matteo Salvini sappiamo, invece, come tratta”.

Lei dice che i grillini non hanno più la golden share, ma quando indicano i punti della possibile intesa sembrano dire: questo è il nostro programma se lo condividete bene, altrimenti si vota. Insomma ragionano come se l’avessero ancora quella carta.
“Siamo in fase di trattativa, Luigi Di Maio ormai è politico di professione che fa il suo lavoro. Però più di tanto non potranno fare. Il Pd all’unanimità ha aperto una trattativa, ma se l’interlocutore fa la politica dei due forni o tira troppo la corda, l’intesa non si trova”.

A questo punto, a trattare per un Governo mettendo fuori Salvini, si è arrivati grazie alla sortita di Renzi, anche per questo le è piaciuta?
“Senza dubbio l’uscita di Matteo ha cambiato lo scenario e ha fatto bene a farla. Dopo quello che era successo l’anno scorso chiunque altro nel Pd sarebbe stato titubante ad aprire quella porta visto che era stato proprio Renzi a chiuderla. Ha fatto una cosa giusta, una mossa tattica che ha messo in un angolo Salvini e ha aperto anche una possibilità per Zingaretti e per gli altri che sono stati in qualche modo coperti proprio dal fatto che l’apertura sia arrivata da Renzi”.

Però c’erano già nel suo partito, e una bella pattuglia pure in Piemonte, quelli che, aperta la crisi, guardavano al voto sapendo di non poter governare, ma di scalzare i renziani dalla maggioranza dei gruppi parlamentari sì.
“È normale, ci sono le legittime aspirazioni personali. Alle ultime elezioni sono rimaste fuori risorse importanti a causa di una legge elettorale particolarmente sbagliata”.

Che avete fatto voi.
“Sì ed è stato il più grande errore della scorsa legislatura”.

Altri errori vi sono costati la sconfitta alle comunali di Torino. Fare un governo con i grillini che hanno sconfitto Piero Fassino, le costa più fatica?
“No. Dall’epoca de pentapartito in poi siamo stati abituazioni a situazioni in cui c’erano alleanze politiche nazionali e locali diverse. E poi...”.

E poi la Dc, da dove lei proviene, non faceva i salti di gioia nel vedere i socialisti alleati con i comunisti nelle Regioni e nelle grandi città. Comunque, diceva?.
“Dicevo che è chiaro che noi continueremo con la nostra contrapposizione, non personale ma politica e di contenuti, all’amministrazione di Chiara Appendino”.

Tav questione definitivamente chiusa? Tra i Cinquestelle c’è chi la ritira fuori.
“La Tav, tutti lo sanno, era arrivata a un punto tale che era impossibile e irrazionale bloccarla, oltre che profondamente sbagliato. Semmai nelle trattive dovesse essere messa la chiusura come impegno irrinunciabile, sarebbe la certificazione della volontà di far saltare la trattativa stessa”.

Aperta rimane invece un’altra vicenda, quella della Asti-Cuneo. Chiederete di cestinare il piano di Toninelli?
“Non siamo attaccati ai dogmi, ma quanto ha fatto il Governo è una non soluzione e soprattutto un grossissimo regalo al concessionario. Pare curioso che un esecutivo che annunciava la linea dura verso i concessionari, faccia di questi omaggi”.

Resta ancora il nodo della riduzione parlamentari. Se ne esce e come?
“Ci fanno passare come quelli che non vogliono ridurre i parlamentari e non è vero, avevamo addirittura proposto l’abolizione del Senato. Però questa riforma ci è parsa non risolutiva. Molto populistica, ma non toglie i problemi sul tappeto. Una riforma deve calibrarsi con la riforma della legge elettorale, c’è un problema di rappresentare tutte le regioni e anche l’equlibrio, per le elezioni del Capo dello Stato, tra parlamentari e rappresentanti delle Regioni”.

Renzi e la Boschi hanno detto e ripetuto che non entreranno nell’ipotetico Governo con il M5s. Sarà un esecutivo di zingarettiani, anche se viste le collocazioni in varie correnti dei sostenitori del segretario pare che, come s’è detto, l’unico zingarettiano sia Zingaretti.
“Se si dovesse fare un governo dovrebbe essere di altissima levatura, ministri di altissimo profilo. Anche n quella logica ci saranno figure di ogni componente, come peraltro era stato con Renzi a Palazzo Chigi. È ovvio che il segretario ha una voce importante”.

Senta Gariglio, che ne pensa di Chiamparino ministro?
“Sergio è una persona autorevole e capace che potrebbe fare bene anche il ministro. Onestamente credo che si vada verso altre figure. E poi non credo che sia una sua ambizione e che non sia oggetto di trattiva questa cosa”.

Zingaretti dice che il no del Pd a Giuseppe Conte non è negoziabile e apre al presidente della Camera Roberto Fico. Tornando all’elettore cui spiegare quel che è difficile da capire anche per gli addetti ai lavori, lei che gli dice?
“Che questa operazione non può apparire come un’operazione di Palazzo. Ha senso fare un accordo se serve al Paese, agli italiani, un’intesa di grande respiro, impresa non facile, con i nostri interlocutori. Dobbiamo lavorare per lo sviluppo dell’economia, per fugare concretamente la paura di chi rischia di perdere o ha perso il lavoro. Poi c’è il problema drammatico dell’ambiente. Da padre di famiglia sono preoccupatissimo. Sono temi reali, questi. Se su di essi c’è un’intesa forte e convinta bene, altrimenti l’accordo rischia di essere effimero, lontano dai cittadini e di breve durata. A quel punto se si andasse al voto tra sei mesi o un anno il risultato sarebbe peggiore rispetto a quello se ci si andasse ora e faremmo un regalo a Salvini. Se l’accordo si fa bisogna farlo bene, altrimenti tanto vale votare subito”. 

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