GIALLOROSSI

No all'inciucio con i Cinque Stelle, nel Pd torinese vince la linea dura

Il gruppo dem in Sala Rossa compatto con il capogruppo Lo Russo: "Nessuna mano tesa ad Appendino. Piuttosto accolga le nostre proposte per la città". L'affondo di Lubatti. Isolati il segretario regionale Furia e la sua vice Canalis

Un amore appena nato e già finito. È quello tra Chiara Appendino e il Pd, almeno a Torino, dove le aperture del segretario piemontese Paolo Furia, in combutta con la sua vice Monica Canalis, sono state rispedite al mittente prima dalla stessa sindaca e poi da quasi tutti i componenti del gruppo dem in Sala Rossa, capitanati da Stefano Lo Russo.

Il varo del nuovo governo giallorosso, ormai imminente, non sembra in grado di cambiare i rapporti tra i due principali azionisti dell’esecutivo nazionale nel capoluogo piemontese dove il Pd non solo resta saldamente all’opposizione, ma torna a chiedere con determinazione  le dimissioni della sindaca con un esponente di rilievo come il senatore Mauro Laus. Posizione sulla quale si attestano anche il segretario di Torino Mimmo Carretta e la consigliera Maria Grazia Grippo. Insomma, alla mano tesa di Furia e Canalis Appendino ha risposto con una sostanziale alzata di spalle, ma la mossa un tantino avventata del vertice regionale piddino ha indispettito non poco chi in questi anni si è fatto carico del badò di contrastare l'amministrazione grillia, per l'appunto il gruppo di Palazzo civico.

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La prima cittadina non ha intenzione, almeno per il momento, di aprire un confronto con la prima forza di opposizione in Consiglio sui principali dossier sulla sua scrivania a partire dalla nuova Ztl allargata e con pedaggio di 5 euro: il primo di tutti gli errori di questa amministrazione, secondo il Pd. Lo Russo per certificare una distanza a suo giudizio incolmabile rilancia e a fronte della chiusura di Appendino pianta tre paletti come base per un dialogo. Il primo: “moratoria e sospensione del pedaggio di 5 euro per entrare in Ztl previsto nel 2020”; secondo: “rientro di Torino nell’Osservatorio Tav alla luce del fatto che l’opera si farà”; terzo: “avvio della progettazione del sottopasso di piazza Baldissera”. “Si tratta di tre tra le tante proposte che abbiamo fatto in questi anni. Semplici e a costo zero per il Comune, con cui Appendino se vuole davvero lavorare insieme al Pd nell’interesse di Torino troverà come sempre idee e disponibilità” dice Lo Russo. Insomma, i rapporti sono destinati a rimanere piuttosto freddi e all’insegna dello scontro, checché ne dica il capogruppo della Lega in Consiglio e neo assessore regionale Fabrizio Ricca, secondo il quale “Appendino ha sempre amato il Pd”.  

La fase attuale è confusa, la provocazione è dietro l’angolo e forse non era questo il momento più opportuno per lanciare certe ardite suggestioni, che peraltro non è ben chiaro su cosa dovrebbe vertere. Lo spiega bene Claudio Lubatti, consigliere Pd, già assessore ai Trasporti nella passata amministrazione e ora presidente della Commissione Controllo di Gestione: “Sbaglia chi pensa a una convergenza possibile perché non ci sono i presupposti politici per farlo”. In sostanza, la questione è che “in questi anni si sono confrontate in aula, e non solo, due visioni diverse di città e allora o Furia e Canalis ci spiegano che la nostra non è giusta o convincono Appendino a modificare la propria, due possibilità che non vedo all’orizzonte” dice Lubatti. Non mancano gli esempi, a partire dall’ultimo “pasticcio” dell’amministrazione pentastellata con il Salone dell’Auto, “una manifestazione a cui la sindaca non ha dedicato neanche una parola, mentre pubblica un post ogni volta che cambia una panchina in un giardinetto”, salvo poi silurare il suo vice Guido Montanari per le improvvide parole pronunciate sulla kermesse. Una differenza d’impostazione che emergerà, secondo Lubatti, anche a Roma dove “mi chiedo cosa succederà quando si inizierà a discutere di grandi opere: la Gronda si farà, come vuole il Pd, o no?”.

Insomma, c’è chi pensa a una scomposizione e ricomposizione dello scacchiere politico, chi addirittura azzarda parlando di un nuovo centrosinistra in grado di inglobare il M5s, “una strategia tatticamente ineccepibile ma, al momento, politicamente inaccettabile” prosegue Lubatti. “Se poi abbiamo paura di perdere anche a Torino tra due anni e siamo già pronti a calare le brache è un altro discorso”.