CENTRODESTRA

"Non più ostaggio di Salvini" Forza Italia rialza la testa

Passata la grande paura del voto anticipato, per i berluscones è l'ora del riscatto. Pichetto: "Presenteremo un programma in grado di far tornare il nostro elettorato". Totiani in difficoltà? "Macché abbiamo più tempo per lanciare il nostro progetto"

“Cercate di farlo nascere questo Governo”. Nelle ore del travaglio c’è stato una sorta di inconfessabile Patto del Nazareno che ha viaggiato su Whatsapp. E se nei messaggi ricevuti almeno da un parlamentare di rilievo piemontese del centrosinistra ci fosse stata l’emoticon, sarebbe stata una faccina azzurra in ansia. Non è un mistero lo stato ansiogeno diffuso in Forza Italia al pensiero di urne alle viste con un partito sbrindellato, sondaggi in caduta libera e ancora troppe grane da risolvere. Mentre la capogruppo al Senato Anna Maria Bernini chiedeva di andare alle elezioni, più di un collega teneva le mani sotto il banco e non era per pigiare sui pulsanti delle votazioni.

Il Conte dei sospiri di sollievo tirati dai berluscones che oggi incontrerà proprio il Cav., mentre sia sia Matteo Salvini sia Giorgia Meloni marcheranno con la loro assenza la loro opposizione al nascente governo, è una bombola d’ossigeno per chi pur dicendo di essere pronto ad andare alle urne sapeva di andare verso il baratro. È una verità un po’ scomoda da ammettere. Nell’ubriacatura da imbonitori e ganassa, anche un’analisi che in altri tempi sarebbe stata quasi ovvia  non solo riporta alla realtà dei fatti, ma non di meno apre a quella che nei migliori auspici di tutti gli uomini del Presidente potrebbe essere la possibile riscossa del fronte azzurro.

Così quando uno dei suoi pretoriani, il senatore Gilberto Pichetto, spiega e ammette che “se si fosse andati al voto subito ci saremmo andati nella condizione del salviamo il salvabile e poi vedremo” dice quel che tutti (o quasi tutti, per largheggiare) nel partito pensano, anche se pochi dicono. Meglio affidarsi a qualche disperato messaggio e agli scongiuri. Adesso tutto cambia, il Governo spinge le elezioni più in là anche se nessuno azzarda quanto, “ma basterebbe anche solo un anno”, osserva l’uomo che per anni ha guidato Forza Italia in Piemonte accompagnandola nei successi e assumendosi le responsabilità quando le urne sono diventate avare. “Mai come adesso, però si impone avere una posizione politica e una organizzazione, non ci si può presentare con un partito sfibrillato” avverte il senatore che quei due passaggi cruciali non li considera affatto impossibili, anzi: “l’organizzazione verrà per forza altrimenti si ci lacera e la posizione politica pure, altrimenti la rappresentanza di quella vasta area moderata la occuperà qualcun altro”.

Ed è proprio verso quell’elettorato che, voto dopo voto, è migrato da Forza Italia alla Lega che il parlamentare azzurro guarda in virtù di quella “prateria che si apre nell’elaborazione del pensiero politico” dopo la fine dell’egemonia salviniana sempre più mal sopportata – anche per i toni del Capitano – tra gli azzurri, ma anche grazie a quello che Pichetto definisce un enorme vantaggio dato dal’evoluzione della situazione politica comportata dalla crisi, che non va mai dimenticato è stata aperta proprio dal leader leghista. Il senatore la spiega così: “Essendo tutti i partiti del centrodestra singolarmente e liberamente all’opposizione si è liberi di avere proprie posizioni politiche. Questo non significa rompere il centrodestra, ma vuol dire che nel momento in cui si fa una coalizione le posizioni devono essere mediate”.

Una rivoluzione copernicana rispetto a quel che accadeva fino a pochi giorni fa, quando “c’era una situazione che vedeva noi all’opposizione di un Governo che aveva in sé una parte del nostro programma”, ma anche quando “ogni tanto sentivo dire: Salvini ci deve dare pari dignità. Io che arrivo da un grande partito del due per cento – dice ironico ricordando i suoi lontani trascorsi nel Pri – spiegavo che la dignità o ce l’hai o non te la dà nessuno”.

Dignità e diversità. Come quella rimarcata dal numero due del partito, Antonio Tajani, rispetto alla chiamata alla piazza da parte di Meloni e Salvini: “Ognuno fa le sue scelte…”. Gli azzurri non ci saranno, ma Giovanni Toti ha già detto che sarà con la leader di Fratelli d’Italia. Un posizionamento che lascia assai poco spazio ai dubbi, quello del governatore ligure, l’altra sera ospite d'onore alla Festa della Lega. Se la scomparsa del voto dall’agenda è ossigeno per Forza Italia, non altrettanto si può dire per l’ex consigliere politico di Berlusconi e il suo nuovo partito. “Ma no – minimizza Massimo Berutti, il senatore che in Piemonte tesse la tela di Toti e dopo un passo avanti e uno indietro di Osvaldo Napoli e Daniela Ruffino è oggi l’unico parlamentare totiano in terra allobroga –. Abbiamo più tempo per lavorare al nostro progetto che cresce. Salgono le adesioni e l’interesse degli elettori”. Meno quello degli eletti, “perché hanno la poltrona da difendere o perché vengono pressati dai vertici del partito. Quelli che non sono marcati a uomo da Zangrillo – dice riferendosi al coordinatore regionale – si stanno muovendo”.  Ben fermo, pur se sollecitato dall’amico e collega Giovanni, è rimasto Alberto Cirio, “tenendo un assai apprezzabile equilibrio in una situazione complessa”, come gli riconosce Pichetto.

E proprio il governatore potrebbe avvantaggiarsi di questa mutata situazione con la Lega, pur sempre azionista di maggioranza della coalizione ma con la prospettiva di dover tenere quel consenso nel Nord dove, alla fine, molte delle promesse non sono state mantenute: dalla riduzione delle tasse alla maggiore autonomia, temi che in un certo elettorato hanno molta più presa che non la linea dura sugli sbarchi. Anche Cirio, in fondo, ha le mani più libere. E non dovrà fare equilibrismi di fronte a provvedimenti presi o mancati di un Governo con dentro la Lega.

Quello giallorosso potrebbe non essere poi una sciagura per il Piemonte nelle salde mani del centrodestra: “Abbiamo governato la Regione per molto tempo sotto esecutivi politicamente distanti e devo dire che, per esempio Massimo D’Alema quando era presidente del Consiglio e aveva Giuliano Amato alle Finanze, forse trattava meglio le regioni avversarie che non quelle del suo colore. Di sicuro – osserva il senatore forzista – viene meno il dovere di difendere le eventuali misure sbagliate del governo nazionale”. È proprio il Conte dei sospiri a dare sollievo agli azzurri. “Non più ruota di scorta” della Lega, ma “con una posizione autonoma che credo – spiega ancora Pichetto – possa fare bene a tutto il centrodestra”.

Certo non può essere l’accordo tra Pd e Cinquestelle a risolvere i problemi dalle parti di Palazzo Grazioli e, soprattutto, sul territorio troppo spesso trascurato negli ultimi tempi dal partito del Cavaliere sempre più (anche per questo) in difficoltà nel frenare il travaso di consensi verso il Carroccio salviniano, come attestato anche dalle ultime regionali in Piemonte. “Possiamo avere un programma che rappresenti la classe media e pensare a un modello di società proiettato non su domani, ma a cinque, dieci anni?” si chiede il senatore avendo già il sì in quel “tornare ad essere il grande partito moderato”. 

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