PALAZZO LASCARIS

Autonomia e assessori esterni, in Regione si cambia lo Statuto

La modifica delle norme per consentire l'istituzione di altre due Commissioni ordinarie è l'occasione per riscrivere nuove regole sulla composizione della giunta. Consiglieri "supplenti" e sottosegretari come in Lombardia? La proposta di Valle (Pd)

Presto o tardi, a seconda dei possibili ostacoli che potranno essere frapposti o superati, la Regione Piemonte aumenterà dalle attuali sei a otto le commissioni permanenti, istituendo quella sull’Autonomia, annunciata e voluta fortemente dalla Lega che ne rivendica la presidenza, e quella alla Legalità presieduta dalla minoranza, quasi certamente da un Cinquestelle. Ma ad aumentare, con un percorso che andrebbe di pari passo con quello che si avvia domani quando sarà incardinato nella Giunta per il Regolamento l’iter per l’istituzione dei due nuovi organismi di Palazzo Lascaris, saranno probabilmente anche gli assessori esterni. La necessità di superare il limite dei tre componenti della giunta non eletti era stata prospettata già nella precedente legislatura dall’allora presidente Sergio Chiamparino. Non se ne fece nulla. Quello che non è avvenuto nei cinque anni precedenti potrà con molte probabilità accadere con la maggioranza di centrodestra.

Mentre ci si prepara alla discussione sulle due commissioni con le deliberazioni del Consiglio predisposte dal presidente Stefano Allasia che prevede l'approdo in Aula entro la fine del mese, nei gruppi di maggioranza e in particolare in quello di Forza Italia (ma con una facilmente ipotizzabile unità di intenti da parte della Lega e di Fratelli d’Italia) si lavora, cogliendo l’occasione della parziale modifica dello Statuto, per superare il limite sugli assessori esterni. Introdotto nel 2013, sotto la presidenza di Roberto Cota, in seguito alla riduzione dei consiglieri da 60 a 50 disposta dal decreto legge 138 del Governo Monti del 2011 e anche sull’onda di un’interpretazione neppur troppo vagamente populista della spending review, lo sbarramento all’ingresso di ulteriori assessori non eletti ha mostrato spesso i suoi limiti: svolgere la doppia funzione di componente del consiglio e dell’esecutivo risulta quasi sempre impossibile, in più c’è la limitazione per il governatore nella selezione della sua squadra cercando spesso competenze che non è detto si trovino tra chi è approdato in via Alfieri in virtù delle preferenze. Problemi da cui non è certo immune anche l’attuale governatore.

La nomina dei tre esterni – l’azzurro Marco Gabusi e i leghisti Matteo Marnati e Vittoria Poggio – da parte di Alberto Cirio è apparsa palese come il prodotto di un bilanciamento tra le varie forze della coalizione. Il doversi fermare a tre ha senza dubbio limitato lo spazio di manovra, come peraltro accaduto al centrosinistra nei cinque anni passati. Insomma, non mancano affatto le ragioni per modificare la regola, magari in tempo per poter applicare la nuova norma con cambi e innesti in concomitanza con una verifica di midterm al giro di boia di metà legislatura. Due le ipotesi su cui si sta ragionando in vista dell’avvio di un iter formale. La prima, ritenuta da alcuni forse un po’ hard rispetto all’attuale normativa eliminerebbe ogni limite attribuendo di fatto al governatore la possibilità di nominare una giunta composta, teoricamente, tutta da non eletti. La seconda seguirebbe il modello della Lombardia (e anche per questo si presume incontrerebbe i favori della Lega) dove nell’ultimo scorcio della precedente legislatura una legge ha introdotto l’incompatibilità della carica di consigliere con quella di assessore, ma con una salvaguardia non da poco: al consigliere che entra in giunta subentra il primo dei non eletti: non in modo definitivo bensì solo per la durata dell’incarico dell’assessore. Una garanzia per quest’ultimo, nel caso lasci l’esecutivo, di poter tornare al suo seggio in Consiglio.

Di questa opportunità si è giovato Attilio Fontana nominando 8 esterni, l’esatta metà degli assessori del Pirellone, cui vanno aggiunti anche quattro sottosegretari, figura che Roberto Rosso auspica venga introdotta anche in Piemonte. Per l’attuale assessore di Fratelli d’Italia le sue deleghe sarebbero perfette per un sottosegretario alla presidenza. A perte il ruolo da Gianni Letta o, a seconda dei gusti, Giancarlo Giorgetti per piazza Castello, i “viceassessori” sempre seguendo il modello lombardo dovrebbero occuparsi di temi specifici o deleghe che richiedano una figura dedicata a particolari dossier.

L’incompatibilità tra assessore e consigliere con relativi subentri è uno schema più che appetibile per tutti coloro che sono al governo della Regione o che potranno tornarci: la moltiplicazione dei posti non la disdegna nessuno. A parte questo aspetto, la norma lombarda, a sua volta ricalcante il modello dell’Abruzzo, effettivamente garantisce il pieno funzionamento del legislativo e supera quel doppio incarico che quasi sempre va a detrimento del Consiglio.

L’attuale limite in vigore pone il Piemonte in una situazione più vincolata sul fronte degli esterni anche rispetto al Veneto dove si può arrivare fino alla metà del numero totale dei componenti della giunta. Una norma, quella in vigore, ritenuta eccessivamente limitativa anche dal Pd che nella scorsa legislatura con il riconfermato consigliere Daniele Valle aveva presentato una proposta di legge di modifica dello Statuto per aumentare a sei il numero massimo degli assessori esterni. Un precedente che lascia immaginare una possibile ampia maggioranza nel caso molto probabile che all’iter per l’istituzione delle due nuove commissioni (con quella all’Autonomia destinata a inglobare alcune materie attualmente in capo alla prima), si accompagni quello per aumentare i posti in giunta per gli esterni.

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