ECONOMIA DOMESTICA

Pernigotti: salta la trattativa con Spes

La proprietà turca recede dal preliminare a tre giorni dalla firma dei contratti. Per la cooperativa torinese si tratta di una "doccia gelata" che mette a repentaglio il futuro dello stabilimento di Novi Ligure nell'Alessandrino

Torna a farsi nuovamente incerto il futuro della Pernigotti. A tre giorni dalla scadenza prevista per la firma dei contratti che avrebbero dovuto rilanciare la produzione dello stabilimento di Novi Ligure (Alessandria), la proprietà turca della storica azienda dolciaria italiana ha comunicato alla cooperativa torinese Spes il recesso dal contratto preliminare per la cessione del comparto cioccolato-torrone. Una “doccia fredda”, come la definisce la stessa cooperativa, a poche ore dalla rottura delle trattative tra il Gruppo Toksos e Giordano Emendatori per la cessione a quest’ultimo del comparto gelati. Scricchiolano dunque i due pilastri su cui si basava il piano di salvataggio della fabbrica, annunciato a inizio agosto dall’allora ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio.

Insomma, il futuro dello storico stabilimento alessandrino torna a riempirsi di punti interrogativi: il recesso del contratto preliminare con la cooperativa torinese, alla quale doveva essere affidata la produzione di cioccolato e torroni in conto terzi, e la rottura delle trattative per la cessione del ramo gelati, rendono il quadro di nuovo molto incerto. C’è quindi grande attesa per l’incontro di mercoledì prossimo al Mise. La proprietà, il gruppo turco Toksoz, pur senza un intervento ufficiale, fa trapelare rassicurazioni, ricordando che nello stabilimento novese la produzione è piena e non vi è più nessun lavoratore in cassa integrazione. In fabbrica la forza lavoro è di 80 dipendenti e una cinquantina di interinali, impegnati nella lavorazione dei prodotti per le prossime feste natalizie. Gli ultimi sviluppi, tuttavia, hanno fatto tornare l’apprensione tra i lavoratori dell'azienda dolciaria creata nel 1860. “Oramai non ci stupiamo più di nulla – è l’amaro commento di Piero Frascucci, rsu Uil dello stabilimento di Novi –. È inutile commentare ed è prematuro fare pronostici. Così come organizzare manifestazioni o altre iniziative. Aspettiamo di fare il punto nella riunione di martedì prossimo al ministero”.

Gli accordi saltati avrebbero dovuto essere firmati il 30 settembre. “Per l’ennesima volta siamo ritornati al 6 novembre 2018 – commenta Tiziano Crocco, segretario provinciale Uila quando c’era una totale incertezza. E non è piacevole. È stata una lunga cavalcata che ha portato a far rientrare i lavoratori, non dico tranquilli ma per lo meno a lavorare. Oggi, invece, ci ritroviamo di nuovo in una totale confusione”. Il sindaco di Novi Ligure, Gian Paolo Cabella, commenta le novità con “disappunto. Per noi – sottolinea – la priorità resta sempre il mantenimento dei posti di lavoro, a prescindere dal marchio. Comunque, è una trattativa tra privati e possiamo fare ben poco. Nello scorso agosto il ministero aveva fatto tutto il possibile per trovare un accordo, mi auguro che il 2 ottobre riesca di nuovo ad avviare una trattativa”. Per il presidente nazionale della Coldiretti Ettore Prandini la vicenda della Pernigotti “è il risultato del circolo vizioso della delocalizzazione che inizia con l’acquisizione di marchi storici del Made in Italy, continua con lo spostamento all’estero delle fonti di approvvigionamento della materia prima agricola e si conclude con la chiusura degli stabilimenti con effetti sull’occupazione e sull’economia nazionale dal campo alla tavola”.

Massima allerta in Regione. L’assessore al lavoro Elena Chiorino insieme al governatore Alberto Cirio lancia l’idea del “workers buyout”, una soluzione prevista dalla cosiddetta legge Marcora che prevede la possibilità per i dipendenti di associarsi in cooperativa e rilevare una quota della società, magari con il sostegno di Finpiemonte, di Invitalia e della stessa Spes. Fiato sospeso fino al 2 ottobre, quando al tavole del Mise ci si augura venga definitivamente chiarita la situazione.

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