SANITA' & POLITICA

Nuovi ospedali in Piemonte, tocca a Cuneo e Alessandria

Non solo Parco di Torino e Città della Salute di Novara. La Regione intende avviare un corposo piano di edilizia sanitaria: "In molti casi costa più ristrutturare che costruire ex novo", spiega l'assessore Icardi. Ancora scontri politici sulla soluzione per il Vco

Il Piemonte ha bisogno di ospedali nuovi. L’età di molti di essi è lì, spesso insieme all’aspetto, a confermare una necessità che quasi sempre poggia su due pilastri principali: la minor sicurezza e il maggior costo di gestione rispetto a edifici costruiti di sana pianta.

Una strada già imboccata da tempo dalla Regione che, adesso si prospetta meno in salita rispetto al passato grazie all’aumento di due miliardi del fondo per l’edilizia sanitaria annunciati ieri dal ministro della Salute Roberto Speranza in audizione in Parlamento. Il provvedimento, rimasto invariato da quanto previsto dal Def a quanto stabilito nella manovra, porterà nella regione un incremento di poco meno di 150 milioni. Circa la metà del costo della Citta della Salute di Novara, per rendere l’idea in concreto. La cifra, va ricordato, non è il complessivo, ma l’aumento annunciato dal Governo e che, quindi, dovrebbe vedere il fondo 2020 per il Piemonte attestarsi attorno ai 400 milioni.

“Una buona boccata d’ossigeno” ammette l’assessore Luigi Icardi che in veste di coordinatore in Conferenza delle Regioni ha seguito l’iter con il ministero e che su come intervenire di fronte a strutture che mostrano i segni del tempo spiega di attingere anche alla precedente esperienza di sindaco: “Quando si fanno i conti, si capisce che è meglio costruire da zero piuttosto che imbarcarsi in lavori che molte volte tamponano senza risolvere il problema e alla fine costano di più”.

Non sono due esempi a caso quelli che fa Icardi quando cita gli ospedali di Alessandria e Cuneo e spiega che nei due capoluoghi “servono ospedali nuovi. Difficile immaginare interventi sulle strutture esistenti. Meglio due nuovi ospedali. Se il Maggiore della Carità è vecchio, non che quello di Cuneo e quello di Alessandria stiano meglio”.

Datato e diviso in due strutture quello della Granda, ormai vecchio e inadeguato quello alessandrino. “Dopo Novara vengono queste due strutture” spiega l’assessore stilando di fatto quella classifica degli hub, ovvero presidi di rilievo per il territorio e l’intera rete regionale, che insieme all’elenco di tutti gli altri ospedali, compresi quelli più piccoli, con decenni e decenni di vita è in via di definizione e si tradurrà in una proposta di interventi da parte della giunta al consiglio regionale.

Dopo l’uscita dal piano di rientro che aveva attribuito all’esecutivo il potere decisionale sull’edilizia sanitaria, la competenza della programmazione è, infatti, tornata in capo all’assemblea di Palazzo Lascaris. “Noi illustreremo quelle che sono le priorità emerse dalle valutazioni e faremo una nostra proposta”, spiega Icardi, anticipando quello che succederà nei primi mesi dell’anno prossimo. Ovviamente, se i due ospedali dei capoluoghi di provincia sono, nella loro categoria, quelli che prima di altri necessitano di una sostituzione con strutture nuove questo non significa affatto trascurare il resto della rete: “La valutazione e le indicazioni riguardano tutte le strutture dalla più grande alla più piccola”.

Ormai avviati gli iter per la costruzione del Parco della Salute di Torino e della Città della Salute di Novara, di fatto completato dopo un’interminabile attesa l’ospedale di Verduno nell’Albese, “sono già finanziati quello di Moncalieri e quelli del Varbano-Cusio-Ossola, anche se in entrambi i casi ci sono problemi sul sito” ammette Icardi. La futura struttura che dovrà servire Chieri, Carmagnola e Moncalieri è da tempo al centro di discussioni tra i comuni interessati e con richiami al rischio idrogeologico che graverebbe sull’area indicata a Vadò per la costruzione del nuovo ospedale.

Non certo meno accesa la polemica sulla decisione assunta dalla Regione di costruire una struttura nuova nell’Ossola e “razionalizzare” l’attuale ospedale Castelli di Verbania, “declassandolo” come denuncia il vasto fronte contrario alla soluzione con cui si è abbandonato il precedente progetto di ospedale unico a Ornavasso.

“L’ospedale unico in un’area come quella del Vco rappresenta un problema per gli interventi che richiedono tempestività” spiega l’assessore rispondendo indirettamente al deputato del Pd Enrico Borghi che in un post ha scritto “Chiedo al Presidente Alberto Cirio, al suo assessore Luigi Genesio Icardi e al capogruppo della Lega Alberto Preioni: i 35 milioni per il Castelli, piuttosto che i 17 milioni per l’ospedale di Borgomanero, intendete stanziarli su queste risorse? E cioè volete usare fondi statali per nuova edilizia sanitaria per realizzare nel Vco ospedali non conformi al D.M. 70/2015?”.

Il parlamentare dem si riferisce alla deroga rispetto al decreto ministeriale, citata da Icardi nel corso della recente presentazione del piano della Regione per i due ospedali e questo non è che l’ennesimo scontro che da settimane ha come oggetto lo sdoppiamento dell’originario ospedale unico e che ha addirittura portato a una spaccatura nella Lega (partito di Icardi e di Preioni) con l’uscita di tre consiglieri su cinque a Verbania. Una vicenda, insieme a quella di Moncalieri, al tormentato percorso per la costruzione dell’ospedale di Verduno e alla finalmente risolta questione del sistema di finanziamento per la Città della Salute di Novara che attesta come le difficoltà nella realizzazione di un nuovo ospedale non stia solo nel trovare i soldi necessari.

Il prossimo anno il Piemonte avrà circa 150 milioni in più, la lista degli ospedali da sostituire con nuove strutture è pressoché pronta, le indicazioni sulle priorità arriveranno in consiglio dalla giunta nei prossimi mesi. Poi, stando a quel che è successo fino ad oggi, verrà il difficile.

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