ARCHITETTURA ISTITUZIONALE

Prima l'Autonomia poi la Commissione

Pronta entro fine mese la delibera per chiedere più poteri alla Regione. Salvo sgambetti del M5s. Irrinunciabile per la Lega l'istituzione dell'organismo consiliare: entrerà in funzione nel nuovo anno e si occuperà della sua attuazione

Era stata annunciata dalla Lega, con l’appena eletto presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia, come una priorità assoluta, asta su cui sventolare il vessillo di un Carroccio pur ormai incamminato da Matteo Salvini verso lidi nazionalisti. Poi un accorto Alberto Cirio, anch’egli ai suoi primi giorni da governatore, ne aveva stinto i colori battaglieri evitando chi chiamarla con suo vero nome e ricorrendo a un meno impegnativo “gruppo di lavoro”.

Sono passati ormai cinque mesi e della commissione consiliare sull’Autonomia continua a non esservi traccia. Si farà, assicurano nella maggioranza dove chi detiene il grosso del capitale elettorale non rinuncerebbe per nessuna ragione al mondo a tenere fede all’impegno preso. Anche se questo succederà quando l’iter per chiedere al Governo e al Parlamento più poteri e competenze, come previsto dal terzo comma dell’articolo 16 della Costituzione, avrà già compiuto il viaggio da Torino a Roma. Già, perché la commissione ancora non c’è, ma il lavoro preparatorio sulla proposta di delibera della Giunta da sottoporre al Consiglio, procede più speditamente e con meno ostacoli del previsto. Tanto da far ipotizzare il voto entro la fine dell’anno, molto probabilmente il 17 dicembre.

A questo punto, l’annunciata commissione permanente quando verrà istituita sarà chiamata a svolgere quel mandato senza scadenza di accompagnamento della riforma,“ruolo preminente alla base della sua ragion d’essere per la complessità dell’applicazione delle nuove norme anche con ricadute sugli enti locali, ancor più che nella fase iniziale com’è quella attuale”, osserva Riccardo Lanzo, consigliere leghista e presidente in pectore del futuro organismo.

Nel frattempo è nella prima commissione presieduta dal forzista Carlo Riva Vercellotti che si discute il testo che porta la firma di Cirio e la data del 14 novembre: una ventina di pagine tra relazione introduttiva e allegati, dove il succo sta nell’elenco delle materie per le quali il Piemonte intende chiede di esercitare la sua piena potestà. Lo aveva già fatto con l’amministrazione di Sergio Chiamparino, nell’ultimo scorcio di legislatura. L’allora vicepresidente Aldo Reschigna aveva stilato un elenco di otto ampie aree tematiche: governo del territorio, beni paesaggistici e culturali; protezione civile e infrastrutture; tutela e sicurezza del lavoro, istruzione tecnica e professionale, istruzione e formazione professionale e istruzione universitaria; politiche sanitarie; coordinamento della finanza pubblica e governance istituzionale; ambiente; fondi sanitari  integrativi; rapporti internazionali e con l’Unione Europea.

“Troppo poche, noi le vogliamo tutte e le chiederemo tutte” avevano annunciato i leghisti appena incassata la vittoria alle urne nel maggio scorso. Il modello indicato: quello del Veneto di Luca Zaia. “Pensiamo di rifarne uno completamente nuovo – spiegava in un’intervista Allasia – perché ci sono criticità che stanno venendo fuori e che dobbiamo affrontare e poi perché non ci fermiamo certamente a otto competenze”. In realtà, i punti elencati da Chiamparino e Reschigna sono rimasti tali e quali anche nel testo del centrodestra che, ovviamente ha aggiunto gli altri, “talvolta con un visibile copia incolla fatto con le delibere del Veneto e della Lombardia”, si osserva con una certa perfidia dalle parti del Pd, dove tuttavia non sembrano alzarsi barricate. Il rivendicato “approccio laico” dei dem a una questione “che non è della Lega e di nessun partito, ma dev’essere a favore del Piemonte”, sembra tradursi anche in questi giorni di lavoro del gruppo ristretto formato oltre che dal presidente della commissione Riva Vercellotti, da Lanzo per la Lega, Alberto Avetta per il Pd, Maurizio Marrone di Fratelli d’Italia e Alessandra Biletta per Forza Italia.

In questi giorni vengono ascoltati alcuni costituzionalisti: dopo Anna Maria Poggi, sarà la volta di Enrico Grosso, quindi Francesco Pallante. Pareri e osservazionidi cui si terrà conto nella non improbabile opera di smussatura e modifica del testo prima dell’approdo in aula. Alcuni punti, come quello inerente alla regionalizzazione dei concorsi per i vigili del fuoco o, ancora, il trattenimento di una quota del canone Rai, così come un ordinamento delle cosiddette banche regionali, paiono destinati a rimanere puri enunciati. Il nodo più intricato e che già nell’interlocuzione con il Governo ha creato problemi resta sempre quello del reclutamento su base reginale degli insegnanti. Punto su cui il centrosinistra, ma anche i sindacati, non intendono avallare le richieste di Veneto e Lombardia, contrariamente all’Emilia Romagna.

E proprio questo tema è stato oggetto della proposta fatta l’altro giorno a Milano da Cirio ai suoi omologhi del Nord: “Sono pronto, se il governatore Fontana vorrà, visto che abbiamo già fatto un incontro proprio qui a Milano con lui, Zaia e Giovanni Toti, a fare tutti noi una legge uguale sull’istruzione”. Il presidente della Lombardia ha subito risposto positivamente: “Questa cosa l’ho già detta anche al ministro Francesco Boccia. Nel momento in cui mi dovesse dare una riposta definitiva sul mancato trasferimento dell’organizzazione dell’istruzione io depositerò e approverò la legge, se poi lui fa ricorso alla Corte costituzionale mi va benissimo, lasciamo decidere alla Corte chi ha ragione e chi ha torto”.

Resta il nodo del Governo, con i Cinquestelle da sempre contrari all’autonomia differenziata, e più avanti – se la legislatura proseguirà – del Parlamento. “Un risvolto positivo dell’azzeramento dell’iter da parte del ministro riguarda proprio il Piemonte – osserva il leghista Lanzo – a questo punto non dobbiamo più recuperare la distanza rispetto a Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna”.

Nella road map del centrodestra piemontese c’è il voto in aula tra poco più di dodici giorni. Un passaggio che, salvo tutto si incagli sulla questione della scuola, e se si smusseranno ancora alcuni spigoli potrebbe vedere un voto favorevole anche del Pd. Resta l’incognita dei Cinquestelle: non sul voto che sarà contrario ma su un possibile ostruzionismo, in risposta all’annunciata ripresentazione da parte della Lega dell’ordine del giorno con cui chiedere il taglio dei contributi al Comune di Torino se l’amministrazione grillina andrà avanti con il progetto della Ztl. Basterebbe poco ai Cinquestelle per tirare alle lunghe la seduta e far slittare all’anno nuovo l’approvazione del testo sull’autonomia, che per la Lega resta un'irrinunciabile bandiera. Da sventolare al più presto.

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