POLITICA & GIUSTIZIA

Da Rosso a Marrone, FdI cambia colore

Con l'arresto di Rosso la cordata degli ex di Forza Italia subisce un colpo letale. Ora il partito è (di fatto) nelle sue mani e a lui toccherà decidere se accettare o meno il posto nella giunta regionale che prima o poi gli verrà offerto

Come una bufera giudiziaria rischia di travolgere un partito con il vento in poppa. L’arresto di Roberto Rosso si abbatte su Fratelli d’Italia proprio mentre i sondaggi fotografano, settimana dopo settimana, un’area politica che ormai veleggia stabilmente in doppia cifra. Pacchetti di voti acquistati da personaggi collegati direttamente alla criminalità organizzata, il carcere per uno dei personaggi più in vista dei meloniani torinesi, un terremoto in una giunta, quella della Regione Piemonte, che già aveva i suoi bei problemi a mandare avanti l’ordinaria amministrazione e che ora si ritrova a convivere con una macchia infamante. Col senno di poi quanta ragione avevano quelli che in tutti questi mesi avevano considerato Rosso come un corpo estraneo, lui ex Dc poi coordinatore regionale di Forza Italia, più volte parlamentare e infine sottosegretario nell’ultimo governo Berlusconi, cosa mai aveva a che fare con gli An, con gli eredi politici di Ugo Martinat e Agostino Ghiglia? E invece proprio per quello c’era chi riteneva il suo profilo ideale, un testimonial eccellente della volontà di Fratelli d’Italia di emanciparsi dall’immagine di partito-ridotta per un manipolo di nostalgici della Fiamma.  

Ancora tutti hanno sotto gli occhi la fauna che Rosso aveva raccolto nel sottobosco politico in quel fantomatico quarto polo messo insieme nel 2016 per candidarsi a sindaco di Torino. Allora era fittiano, portavoce torinese di quell’ossimoro politico che era Riformisti e Conservatori, il partito dell’ex governatore pugliese. Di lì a poco avrebbe preparato il suo ingresso in FdI, portando in dote il gruppo a Palazzo Civico, mentre il suo sodale storico Fabrizio Comba gli faceva da apripista, salendo nelle gerarchie fino a diventare il segretario regionale del partito. Al momento delle elezioni regionali si formano due cordate: Ghiglia, candidato alle Europee, si allea proprio con Rosso nel disperato tentativo di arginare Maurizio Marrone. Intanto, però, Rosso si stava scavando la fossa in una campagna elettorale che in quei giorni sembrava solo estremamente stravagante (e costosa) con autobus, tram e muri di Torino tappezzati in ogni angolo col suo bel faccione, ma in realtà era macchiata dalla compravendita di voti peraltro effettuata (pure) con gente molto più che in odor di ‘ndrangheta, secondo quanto ricostruito dall'inchiesta Fenice.

Dopo la durissima presa di posizione di Giorgia Meloni, alla quale è venuto il “voltastomaco” per quel che trapelava in mattinata, in Fratelli d’Italia Comba chiede che “sia fatta chiarezza nei tempi più brevi possibili” perché quanto accaduto “ci lascia attoniti e increduli, perché ogni forma di mafia è da noi aberrata e ci fa schifo”.

Non parla però il capogruppo in Regione Marrone – “quello che ha detto Giorgia va bene anche per me” – si limita a dire. Eppure le cronache di quei convulsi giorno dopo il trionfo elettorale raccontano che fu proprio la leader nazionale del partito a imporre Rosso in giunta ad Alberto Cirio in ossequio a quella regola interna che si erano dati i candidati: chi prende più voti diventa assessore. E così è stato, vista anche la desistenza di Marrone che in quei giorni non fece nulla per contravvenire all’accordo. Il governatore però si rifiutò di affidargli la responsabilità della Cultura limitandosi ad assegnargli qualche frattaglia. Nei prossimi giorni però, mentre le (poche) deleghe di Rosso sono state congelate in seguito alle sue dimissioni, si porrà il problema di continuare a garantire una rappresentanza a FdI che oggi nella squadra di Cirio può contare solo sulla biellese Elena Chiorino. Checché ne dica il coordinatore cuneese William Casoni, che in modo quantomeno intempestivo già lancia Paolo Bongioanni, quella poltrona oggi spetta di diritto a Marrone: ora il partito, non solo a Torino, è nelle sue mani. Se lui vorrà entrare in giunta difficilmente il governatore o qualcuno in FdI potrebbe opporsi. Dipende da lui.

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