RETROSCENA

Operazione Torino giallorossa nel vertice Zingaretti-Di Maio

Dal Nazareno confermano: nell'incontro di sabato scorso si è parlato anche delle comunali sotto la Mole "ma non è stata presa alcuna decisione". Intanto nel Pd il fronte dei favorevoli all'accordo si amplia con i riposizionamenti del big, a partire da Gariglio

Non stupisce che nei quarantacinque minuti di colloquio a Palazzo Chigi, sabato scorso, Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio abbiano toccato anche l’argomento Torino. Quanto approfonditamente o di sfuggita non è dato sapere, ma certo anche sia pure solo a volo d’uccello, insieme a Roma e probabilmente Napoli, la questione dei possibili schemi per la prossima tornata amministrativa è entrata nei ragionamenti dei leader dei due principali partiti di governo.

Non stupisce se questo avviene in seno alla maggioranza che guida il Paese. O meglio non dovrebbe stupire e, più ancora, imbarazzare se la versione ufficiale dell’approccio agli appuntamenti cruciali che si prospettano entro la fine naturale della legislatura non fosse differente, con fin troppo ribadite distanze e differenze tra la coalizione che ha permesso la nascita del Conte 2 e possibili repliche municipali. Il mantra del vertice del Nazareno che rimanda in sede locale ogni decisione circa un’eventuale fronte Pd-M5s, pur eventualmente e probabilmente ammantato di civismo con il profilo del candidato sindaco, mostra ogni giorno che passa la sua fragilità e pure alcune sue incongruenze. Insomma, pochi o nessuno credono davvero che la questione Torino e il dopo Chiara Appendino sarà decisa solo e soltanto dal Pd torinese e che questa possa viaggiare sganciata da quelle logiche di governo e nazionali che invece si fanno sentire sempre più, anche se formalmente negate.

Conseguenza e segnale di ciò, sono alcuni riposizionamenti in corso tra parlamentari e dirigenti del partito dove – va ricordato – c’è una figura di primissimo piano nonché capodelegazione al governo come Dario Franceschini che l’alleanza organica e sistematica con i Cinquestelle la interpreta e indica come elemento rafforzativo proprio dell’esecutivo che si vuole portare a scadenza naturale.

In un quadro che si prospetta basato su questi presupposti è, dunque, immaginabile pensare che a Torino ci sia chi possa mettere in discussione uno schema, solo formalmente fuori dall’ordine del giorno, magari ponendo sul tavolo lo strumento delle primarie, come peraltro ipotizzato? Non è un caso che, come si accennava prima, lontano dai riflettori ma non del tutto invisibili nel Pd piemontese siano in corso riposizionamenti in virtù di quel disegno che dai vertici nazionali prima che poi calerà sotto la Mole.

Quanti si metteranno di traverso nel caso quanto teorizzato da Franceschini (e non osteggiato apertamente da nessuno dei vertici nazionali) potrà trovare concreta attuazione in una città dove la sindaca la sua strategia l’ha già esplicitata con l’eventualità (ai limiti dell’impossibile) di una ricandidatura per aprire la via a una soluzione civica, grimaldello per l’alleanza e ghigliottina per chi tra i dem studia(va) da sindaco? Impossibile vedere sulle barricate contro una proposta giallorossa il deputato Stefano Lepri, autore dell’invito ai suoi a non proseguire in attacchi all’arma bianca contro la sindaca e anche per questo indicato come uno dei pontieri verso lidi comuni coi grillini.

Non certo il sottosegretario Andrea Giorgis che, come ha ricordato qui sullo Spiffero ieri l’altro la renziana Silvia Fregolent, è da sempre favorevole all’alleanza. E se la sinistra, cui appartiene pure la vicepresidente del Senato Anna Rossomando, è “naturalmente” meno ostile per non dire caldeggiante rispetto non solo a una mano tesa verso Appendino in questo periodo, in cui la sua maggioranza continua a perdere pezzi, ma anche a una evoluzione sistematica, va invece considerato come segnale non trascurabile la posizione che starebbe maturando Davide Gariglio il quale, riferiscono insider di Montecitorio, ne avrebbe parlato direttamente con Franceschini in un colloquio che sarebbe avvenuto poco prima delle vacanze natalizie. Chissà.

Inabissatosi da un po’ di tempo, l’ex segretario regionale, diventato onorevole, si muoverebbe con il periscopio a pelo d’acqua pronto, nel caso, a puntare la prua sull’approdo segnalato dalla bandiera gialla. Oltre ai segnali chiari lanciati a favore dell’intesa dal suo luogotenente storico Domenico Mangone, a mettere Gariglio sullo scacchiere in posizione diversa rispetto al passato e più in linea con quella franceschiniana ci sarebbero pure rapporti sempre più stretti con un’altra figura che si è apertamente schierata sul fronte aperturista verso i grillini, ovvero l’ex assessore regionale Gianna Pentenero.

E, forse, vale la pena di guardare a questi riposizionamenti certamente in vista delle comunali, ma anche a quel ritorno (o sbarco per la prima volta) in Parlamento che non potranno non dipendere anche da quale ruolo si sarà giocato nella vicenda torinese rispetto allo schema del Nazareno. Una variabile per nulla irrilevante nei ragionamenti e nelle possibili scelte di fronte a quello scenario legato a un rafforzamento dell’attuale maggioranza di governo. Insomma, chi e quanti terranno fino in fondo la posizione sul mai con i Cinquestelle a Torino? Perdipiù con una candidatura civica che oggi vede il nome più accreditato essere quello di Guido Saracco. Quanti si metteranno contro il rettore del Politecnico, sia pure possa apparire una sorta di Conte e dunque emblema della coalizione Pd-M5s in versione torinese, senza neppure la giustificazione di dover fermare un Matteo Salvini

Se, costi quel che costi, tra questi si iscrive il senatore Mauro Laus (il cui sodale Mimmo Carretta dal vertice della segreteria provinciale continua a tenere il punto, insieme al capogruppo Stefano Lo Russo rischiando di finire ultimi giapponesi nella giungla del Pd dopo la resa), allargando il campo al centrosinistra, il leader dei Moderati Mimmo Portas annuncia un eloquente “liberi tutti”, ipotizzando altre alleanze nel caso si prospetti e concretizzi quella con i grillini. Per il resto (guardando anche al futuro Parlamento che probabilmente sarà fortemente snellito dal taglio di onorevoli e senatori) non ci sarà da stupirsi di fronte a ulteriori atteggiamenti aperturisti o comunque non ostili verso l’ipotesi di una proposta giallorossa per il 2021.

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