REGIONE

Rimpasto, la Lega frena

"Non c'è fretta" ammonisce il segretario Molinari, che sarà commissario del nuovo partito salviniano. Al momento è disponibile ad affrontare solo la sostituzione di Rosso. Cambiamenti più corposi dopo aver aumentato gli assessori esterni

Davanti i selfie, dietro la schiena i coltelli. Il primo, con i faccioni forzatamente sorridenti di Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, per smentire l’esistenza dei secondi. I giorni che hanno seguito le regionali e preceduto il consiglio federale di oggi raccontano anche questo della Lega che ormai non è più quella del Nord e che, proprio nella riunione nel mausoleo di via Bellerio, deve dare struttura e organizzazione a quella nuova, di Salvini premier.

Momenti cruciali e delicati, dove l’imperativo è evitare ogni tensione. Regola immediatamente applicata e interpretata estensivamente anche rispetto agli alleati da Riccardo Molinari con la richiesta, ovviamente subito accolta, ad Alberto Cirio di non procedere al previsto rimpasto di giunta e mettere la pratica nel freezer. “Non c’è nessuna fretta” ha detto il segretario regionale al governatore in una telefonata ieri nel tardo pomeriggio, lasciando intendere che non escluderebbe l’ipotesi di aspettare, per mettere mano alla giunta, la modifica della norma che oggi fissa a tre gli assessori esterni e che negli obiettivi del centrodestra dovrebbe consentire un allargamento assai più ampio, addirittura fino a ipotizzare la possibilità di una squadra tutta di non eletti.

Al massimo, la Lega è disponibile a dare il via libera alla sola sostituzione di Roberto Rosso, riconfermando tuttavia l’intenzione di pretendere per sé il posto che era stato assegnato, dopo un lungo braccio di ferro, a Fratelli d’Italia. E al partito di Giorgia Meloni, che nell’incontro di ieri con il governatore non si è mostrato per nulla disposto a rinunciare alla sua seconda poltrona in giunta, ricorda come la presidenza dell’Atc del Piemonte Nord, che negli accordi spettava al Carroccio, è finita, pur per via di un inciampo, a FdI. Come dire: siete già compensati.

Allontanata a una data ancora indefinita la questione del rimpasto, per la Lega quella di oggi segna invece una giornata importante. Alle 13 incominciano i lavori del Consiglio federale che non sarà una resa dei conti, dopo la sconfitta emiliano-romagnola, perché non potrebbe esserlo per un partito che gli ultimi sondaggi danno al 32 per cento. Difficile, visto il profilo del leader, solo lontanamente immaginare un’analisi del voto vecchio stile, anche se proprio dall’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio e dai suoi i segnali, al netto dei selfie della concordia, sono quelli che indicano la necessità di un cambiamento di toni, uno sguardo al centro e distanza di sicurezza da mosse come quella del citofono.

Ma oggi è anche il giorno in cui, archiviata a bad company (con annesso debito di 49 milioni) la vecchia Lega Nord, il nuovo partito deve incominciare a darsi una struttura. Lo schema difficilmente sembra prevedere, almeno in questa fase, dei congressi. Assai più probabile, anzi quasi certo, l’affidamento del partito a livello regionale a dei commissari che, salvo alcuni casi come l’Emilia, la Lombardia (terra di Salvini, ma anche di Giorgetti), la Calabria e forse qualcun altro, saranno individuati negli attuali segretari della vecchia Lega.

Scontata, in Piemonte, la conferma di Molinari che continuerà a guidare la Lega in una regione dove il successo alle ultime elezioni è stato uno dei migliori e dove nel partito non si registrano tensioni o ambizioni per quel posto.

Arrivano, piuttosto, dalla vicina Lombardia giorgettiana rumors che, pur smentiti dai diretti interessati, e nei fatti privi di fondamento, sembrano spargere gocce di veleno attorno alla riconferma del segretario. Voci che raccontano di un’ambizione alla leadership del sindaco di Novara Alessandro Canelli. La prima secca smentita è la sua, ma quelle indiscrezioni testimoniano di rapporti non propriamente idilliaci tra Molinari e Giorgetti. O meglio di un clima che al ritorno in Parlamento dopo l’esperienza a Palazzo Chigi ha pervaso il gruppo leghista di Montecitorio. Non è un mistero che quando Molinari venne scelto quale suo successore per guidare i deputati del suo partito, Giorgetti non andò oltre una pacca sulle spalle e non stappò certo bottiglie di champagne, avendole pur riservate nella speranza che fosse uno dei suoi a fare il capogruppo. E dire che i segnali distensivi e gesti di rispetto per quell’uomo, considerato tra le menti migliori della Lega, non sono mancati da parte del parlamentare piemontese. Il quale ha assegnato all’ex sottosegretario l’ufficio più grande e più bello, anche del suo.

Una freddezza quella di Giorgetti che troverebbe tra le motivazioni anche l’indiscutibile crescita peso specifico di Molinari, cui viene riconosciuta incisività negli interventi in aula, che lo hanno reso uno dei parlamentari più ascoltati, anche dagli avversari. Un distacco che si palesa anche in quella differenza generazionale tra chi è cresciuto nella lega del Senatur e chi appartiene al vivaio dei Giovani Padani da cui arriva e da cui ha attinto a piene mani Salvini.

Arriverà anche un selfie con Giorgetti e Molinari? Chissà? Di certo arriverà Salvini a Torino. La tappa piemontese del giro d’Italia annunciato dal leader della Lega è prevista per il 13 febbraio. Prima di quella data, già la prossima settimana, il vertice della Lega inizierà a ragionare della candidatura per le comunali torinesi del 2021. Il profilo, negli appunti di Molinari, è piuttosto chiaro: una figura molto probabilmente civica, in grado di allargare il più possibile la base elettorale, perché come va ripetendo il segretario “vogliamo vincere” e quindi non cedere alla tentazione o a spinte verso un candidato politico di cui peraltro non sembra intravvedersi il profilo adeguato alla sfida.

Un nome, il primo a finire sul tavolo, c’è già ed è quello che ha in mente Cirio: Franca Fagioli. Con l’oncologa pediatrica, componente del consiglio della Compagnia di San Paolo, il governatore ha parlato spesso in questi giorni, ancora ieri. E di lei ne parlera la prossima settimana con Molinari. Dal segretario della Lega per ora non ci sono veti, ma siamo solo alle battute iniziali. Per decidere serve ancora un po’ di tempo, condividere con gli alleati una scelta che, comunque, deve avere il placet del partito di Salvini. Se non spunteranno altri nomi che incarnino quelle caratteristiche messe come precondizione dal numero uno del Carroccio piemontese, per Fagioli l’investitura potrebbe arrivare in tempi brevi. Comunque, sarà la Lega a poggiare la spada – quella dell’Alberto da Giussano impugnata dal nuovo partito – sulla spalla di chi dovrà combattere per provare a portare, per la prima volta, il centrodestra al governo della città. 

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