REGIONE

Cirio sulla graticola della Lega

Gli uomini di Salvini sempre più insofferenti verso il governatore, piuttosto incline a una campagna elettorale permanente. "Meno tagli di nastri e più atti governo" e per ora niente rimpasto. Oggi il confronto con il leader piemontese Molinari

Frenare sul rimpasto per dire al governatore che deve fare l’esatto contrario con l’azione di governo. C’è anche questo messaggio nella linea della Lega che Riccardo Molinari ribadirà oggi ad Alberto Cirio nell’incontro, previsto per ieri l’altro e poi rinviato, per discutere del posto lasciato libero in giunta in seguito alle dimissioni di Roberto Rosso.

Varie sono le ragioni che portano il segretario regionale della Lega a sostenere e chiedere al presidente lo schema che non prevede alcuna mossa, almeno per ora. Quel “non c’è nessuna fretta” ripetuto come un mantra da Molinari di fronte all’impazienza di Cirio nel dare un titolare alla poltrona lasciata libera dell’ex assessore tutt’ora in carcere non è solo la volontà del partito di Matteo Salvini di non aprire fronti con gli alleati e pure al suo interno. È, ancora prima di tutto questo, un mettere il governatore sulla graticola, sia pure con garbo e senza soffiare troppo sul fuoco, e fargli intendere che la rosolatura potrebbe essere lunga se da lui non arriverà quel che il vertice leghista ormai non fa mistero di chiedere: un cambio di passo, o per meglio dire il primo passo a quell’altra velocità per il Piemonte, come prometteva lo slogan elettorale di Cirio.

Nel vertice della Lega c’è ormai la consapevolezza che mai un inizio di legislatura sia stato così lento e piatto, senza neppure un guizzo che lasci presagire quella rincorsa annunciata e mei vista neppure all’orizzonte. Un’amara constatazione che diventando, per ora sommessa ma non trascurabile, critica al governatore da parte dell’azionista di maggioranza della coalizione, non può che trovare replica da Cirio il quale ha gioco facile nel ricordare che ben oltre due terzi della sua squadra indossa proprio la maglia della Lega. Giustificazione che se da un lato poggia su solide basi, dall’altro incrina immagine e ruolo del presidente cui spetta scrivere la partitura e dare il ritmo.

Ad accrescere una certa malmostosità nel fronte e nella dirigenza salviniana c’è pure il non passato inosservato tentativo di Cirio di segnare piccole crepe nel Carroccio di governo cercando di portare più vicini e sé alcuni maggiorenti tra via Alfieri e piazza Castello. Di questa irritazione si è avuta contezza anche nella cena dei capataz leghisti ad Alagna, dove si sono aperti libri e cahiers de doleance con pagine dove la geografia del partito in Piemonte si è incrociata con giudizi non tutti positivi rispetto a quello che ci si sarebbe attesi dai primi sei mesi e oltre di governo della Regione.

Un periodo ormai lungo nel quale, agli occhi del vertice leghista, Cirio è spesso se non sempre apparso come più incline alla politica del taglio del nastro, del rapporto indiscutibilmente empatico con la gente, piuttosto che volta a tradurre in pratica le promesse che hanno portato al successo elettorale nel maggio dello scorso anno. Un’impronta quella data dal governatore che addirittura farebbe nascere dubbi nell’alleato su una prospettiva a medio termine che avrebbe sullo sfondo, nuovamente, Bruxelles. Una sorta di continuazione di campagna elettorale, ormai permanente, che piace poco o nulla alla Lega, determinata quindi a chiedere al presidente di cambiare davvero passo e accelerare.

Non tanto sulla nomina dell’assessore mancante, quando sull’azione di governo e nel dare segnali concreti ormai attesi da tempo.Certo, nello schema della Lega che non prevede neppure la sostituzione di Rosso c’è anche la consapevolezza che la ferma intenzione di rivendicare quel posto solleverebbe una forte reazione, peraltro, già anticipata da dichiarazioni severe dal partito di Giorgia Meloni tutt'altro che disposto a cedere quella poltrona. E c’è pure il ragionamento che Molinari andrebbe facendo da giorni valutando le possibili conseguenze che la nomina dell’ottavo assessore leghista potrebbe avere nel partito. Si sa che quando uno si siede su una poltrona c’è più d’uno che mastica amaro. Poi un’inevitabile redistribuzione di deleghe porterebbe a un effetto domino dagli esiti tutti da verificare e, per ora, possibilmente da evitare. La priorità per il partito di maggior peso nel centrodestra non è, dunque, quella di occupare la poltrona vuota da dicembre, bensì tradurre dalle parole ai fatti quello slogan elettorale. Per indurre il governatore a innestare la marcia e dare la promessa altra velocità sono pronti a rosolarlo a fuoco lento.

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