EMERGENZA SANITARIA

"Diagnosi precoce e cure a casa"

Mentre si discute sul monitoraggio digitale dell'epidemia, occorre liberare i letti di ospedale e riservarli solo ai casi più gravi. Ecco perché servivano più tamponi, conferma l'infettivologo Chichino. "Quando arrivano hanno già tutti la polmonite"

“Stiamo vedendo che arrivano in ospedale pazienti che hanno avuto l’esordio della malattia a casa otto, dieci anche quindici giorni prima, quindi quando vengono ricoverati hanno già tutti la polmonite. Questa è una cosa drammatica”.

Guido Chichino è il primario del reparto di infettivologia dell’ospedale di Alessandria. Un’esperienza negli anni passati da dirigente medico al San Matteo di Pavia, ancora prima a guidare lo stesso reparto all’ospedale di Casale Monferrato, adesso è sul fronte più complesso dell’emergenza coronavirus in Piemonte. La provincia di Alessandria ha il tragico primato di un quarto dei decessi di tutta la regione e a fronte degli oltre due milioni di abitanti dell’area torinese dove i contagi sono 2.660, tra i circa 500 mila residenti l’Alessandrino deve contare poco meno di mille casi accertati.

Professor Chichino, dicendo che arrivano in ospedale pazienti in gran parte in condizioni molto critiche significa sostenere che bisogna anticipare diagnosi e terapie a casa, riducendo l’aggravarsi dei pazienti ed evitando così il collasso degli ospedali?
“Sì. Bisogna anticipare il più possibile”.

Lei, insieme al presidente dell’Ordine dei medici di Alessandria Mauro Cappelletti, ha autorizzato il progetto “Covid a casa”, elaborato dall’oncologa Paola Varese. che tra l’altro è rimasta contagiata dal coronavirus. Un protocollo che mira proprio a prendere in carico il più presto possibile chi è contagiato e presenta anche sintomi lievi, o addirittura è asintomatico. È questa la strada da percorrere?
“Ripeto, bisogna anticipare quanto possibile diagnosi e terapia. Certo, la gestione domiciliare da parte dei medici di base è una cosa piuttosto difficile, perché i farmaci che si è visto che possono funzionare bene, come clorochina e macroliti, sono una combinazione di medicinali che possono avere interferenze sul ritmo cardiaco e che vanno monitorati”.

Si può farlo a domicilio o serve l’ospedale?
“Assolutamente si può fare a casa. Ovviamente se si ha un paziente anziano che prende già altri farmaci bisogna fare un elettrocardiogramma e altre valutazioni. Però va anche detto che il ministero ha licenziato, solo tre giorni fa, la clorochina che è un antimalarico in prima battuta, ma anche un farmaco che si usa per l’artrite reumatoide, dando anche l’indicazione per coronavirus. Ma solo tre giorni fa. E specificando che deve essere distribuita da strutture ospedaliere. Per questo si è deciso di ricorrere all’assistenza domiciliare con cui può essere erogato il farmaco ospedaliero, come previsto nel progetto che lei ha citato e in altri che stanno prendendo corpo”.

Professore, una domanda diretta: si devono fare più tamponi?
“Si devono fare, ma dico che si sarebbero dovuti fare più tamponi. Il tampone non serve più tanto a identificare i pazienti, quanto identificare gli asintomatici. Questa è una cosa che andava fatta prima, ovunque, non solo in Piemonte. Prendiamo la mortalità: abbiamo il numeratore certo che è il numero delle vittime, ma il denominatore con un numero presunto, quello degli infetti. Noi non sappiamo quanti davvero sono”.

Mentre il presidente della Regione Alberto Cirio adesso annuncia che in Piemonte si faranno quattromila tamponi al giorno, su questo sistema di accertamento indubbiamente ci sono stati dei problemi. Qual è la situazione adesso?
“Vero, ci cono stati diversi problemi. I reagenti venivano soprattutto prodotti in Cina e quindi li hanno usati in gran parte loro. Poi c’erano difficoltà di approvvigionamento in alcuni casi pure degli strumenti. Adesso siamo abbastanza allineati, addirittura qui ad Alessandria sta per partire un sistema che, pur leggermente più lento, è in grado di fare tantissimi esami in mezza giornata. Poi altri metodi sono molto rapidi. Naturalmente tutto è necessario sia validato per evitare falsi positivi o falsi negativi”.

Professore, come spiega gli alti numeri di Alessandria, rispetto al resto del Piemonte?
“Intanto diciamo che non ci sono le guardie ai confini regionali, noi siamo la fotocopia della Lombardia, per la precisione della provincia di Pavia, con pressoché gli stessi numeri. Poi c’è stata la balera di Sale nella zona di Tortona, una partita di calcio, una serie di circostanze che hanno aumentato il contagio. Ma ribadisco un concetto: non sappiamo quanti sono davvero i positivi al virus”.

Anche in virtù di questo, bisogna fare più tamponi e anticipare le terapie. E così?
“Assolutamente sì. Si sarebbe dovuto farlo prima, adesso bisogna fare tutto quel che è possibile fare”.

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