PENNE ALL'ARRABBIATA

"Con Molinari è la fine della Repubblica"

L'allarme dei giornalisti del quotidiano romano. "Il cambio del direttore mette a rischio l'identità del giornale". Il Cdr preoccupato per la linea editoriale, le conseguenze occupazionali e la riduzione dei lettori. E non piace la Coppa Cobram importata dalla Stampa

Esordio con inciampo fragoroso per il nuovo direttore di Repubblica. E non si tratta di un solo ostacolo a segnare fin dall’inizio il percorso di Maurizio Molinari al timone della corazzata di largo Fochetti: in un duro comunicato dai toni allarmati il comitato di redazione, dopo l’incontro con il direttore, arriva ad esprimere “preoccupazione su alcune decisioni assunte in questi giorni, che ad avviso del Cdr potrebbero mettere a rischio l’identità di Repubblica. Prima di tutto agli occhi dei lettori”. Tradotto: il trasloco di Molinari da La Stampa, deciso da John Elkann con l’inusitato licenziamento di Carlo Verdelli proprio nel giorno indicato come quello della sua morte dalle minacce anonime ricevute per settimane, rischia di fare di Repubblica un altro giornale rispetto a quello che è sempre stato passando da Eugenio Scalfari ad Ezio Mauro e infine a Verdelli. Mai prima d’ora s’era paventata tale eventualità.

Ma non finisce qui e già ce ne sarebbe d’avanzo. “La condivisione di alcuni editorialisti con la Stampa”, sembra prefigurare, secondo il Cdr, “ulteriori sinergie e integrazioni con altre realtà del Gruppo Gedi, tali da mettere in discussione il perimetro occupazionale di Repubblica. Mentre la perdita d’identità rischia di avere un impatto negativo sul numero di lettori di tutte le piattaforme del nostro giornale”.

Non è certo il clima che l’ex corrispondente dagli Stati Uniti e da Israele aveva trovato giungendo a Torino e scoprendo un mondo piccolo, con le edizioni provinciali del giornale e una tradizione assai poco propensa a visioni planetarie, che in verità non è mai del tutto riuscito a fare suo, conservando spirito e skill dell’analista di questioni internazionali. Tuttavia sotto la Mole andò assai meglio rispetto ad oggi nella Capitale.

Il Cdr gli ha ricordato “come in ogni fase della fusione tra l’ex Gruppo Espresso e l’Itedi, gli editori abbiano sempre ribadito l’impegno a tenere distinti contenuti e firme delle varie testate, in modo che restino riconoscibili il profilo e la linea editoriale di ciascun quotidiano”. E poco sembra bastare il fatto che, come ha spiegato lo stesso Molinari “il suo ulteriore ruolo di direttore editoriale di Gedi gli impone di perseguire il rafforzamento di tutte le testate del gruppo, impegno che intende affrontare consultandosi costantemente con il Cdr e con le redazioni”.

Non è andato giù ai giornalisti di Repubblica la novità di un secondo editoriale, la domenica, accanto a quello del fondatore: sia che lo scriva il direttore sia “collaboratori piuttosto distanti per sensibilità culturale e politica dall’identità della comunità dei giornalisti e dei lettori del nostro quotidiano”. Concordato con Scalfari, ha detto Molinari, quindi così è, se vi pare. E chissà se si dovranno far andare bene pure quel premio settimanale per un giornalista della testata. Bagaglio che Molinari si è portato da Torino e che a Roma ne farebbero volentieri a meno. “Perplessità”, così scrive il cdr a proposito di quello che in altro modo e in altro luogo si potrebbe definire una sorta di Coppa Cobram di fantozziana memoria. Ma nella testata fondata da Scalfari, in questi giorni e chissà in quelli a venire, non c’è nulla da ridere.

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