VERSO IL 2021

La Lega non trova il candidato e per Torino rispunta Ghigo

Il partito di Salvini paga lo scarso appeal con l'establishment della città e fatica a trovare un nome di peso per il dopo Appendino. La coppia di Fratelli d'Italia: Dispenza e Acutis. Dalle parti di Forza Italia puntano sull'ex governatore per sparigliare

Alla Lega spetta dare le carte per la candidatura a sindaco di Torino del centrodestra. Ma il partito di Matteo Salvini, pur avendo la leadership della coalizione, si trova in mano un mazzo dove, per ora, non si vedono figure. L’assenza di papabili di peso alla successione di Chiara Appendino, non solo tra le file della dirigenza, ma anche in quella società civile che il leader nazionale cita più volte senza porre veti se non la ovvia condivisione dei valori, è il conto che la Lega si trova a pagare per una storica difficoltà a sfondare sotto la Mole.

Forza politica capace di sbancare in pressoché tutte le province, una storia di successi che fin dai tempi di Umberto Bossi ha visto piantare bandierine in quelli che il lessico politico ha da tempo preso a definire “territori”, pur comprendendo città importanti, da Novara ad Alessandria per citarne un paio dove l’allora Carroccio alzò il vessillo dell’Alberto da Giussano e, anni dopo il Capitano vide le sue truppe riconquistare municipi nel frattempo passati al centrosinistra. Quella forza politica ora come allora ha in Torino, pur non più villaggio di Asterix della sinistra, un ostacolo – quasi psicologico – che non riesce a superare.

Un anno fa, nell’album fotografico del tour elettorale di Salvini per le regionali tra tutte le immagini di piazze stracolme dovette contenere anche quella di una piazza Carlo Alberto semivuota. L’allora candidato governatore Alberto Cirio provò a metterla in battuta, “Avevamo la concorrenza di Juve-Inter e di Ballando con le stelle”. La partita per ridurre il divario tra capoluogo e province, però, era persa in partenza e quel migliaio di persone ad ascoltare il leader della Lega non permetteva certo danze di gioia.

Un anno dopo dal mazzo di carte in mano all’azionista di maggioranza del centrodestra non spunta un nome. Problema non da poco per chi ha i numeri per rivendicare la scelta dell’uomo o della donna cui affidare l’impresa, mai riuscita prima, di conquistare Palazzo Civico. La stessa apertura alla società civile non pare sortire effetto, anche per via di quella distanza mai colmata tra il ceto imprenditoriale e delle professioni torinesi e la Lega, un rapporto che prosegue tra diffidenza e indifferenza. Salvini continua a corteggiare Licia Mattioli ma al momento l’ex vicepresidente di Confindustria non pare granché interessata, al pari di Paolo Damilano, molto apprezzato da Giancarlo Giorgetti, piuttosto riluttante a farsi gettare nella mischia, scottato da quanto è capitato un anno fa alle regionali. Ci sarebbe il solito Massimo Giuntoli, lo sgomitante presidente dell’Ordine degli architetti, ma nessuno è disposto a scommetterci un tallero.

Così, mentre la Lega deve accontentarsi di rivendicare la golden share, il suo alleato più stretto e però anche più temibile qualche carta in mano mostra di averla. E sono figure, né sconosciute, né di secondo piano. Individuate, esse sì, nella società civile sia pure con forti agganci. Nel blocchetto degli appunti dei Fratelli d’Italia da giorni ci sono almeno due nomi. Uno è quello di Filippo Dispenza, una brillante carriera in polizia che lo ha portato a dirigere alcune questure tra cui quella di Alessandria, a ricoprire incarichi di vertice all’estero nell’Interpol e in Europol, un inizio di carriera a Torino negli anni di piombo, quindi in tempi recenti, nominato prefetto, direttore centrale degli Affari Generali del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Andato in pensione, Dispenza era stato inviato quale commissario straordinario del Comune di Vittoria, in Sicilia, ma ha sempre continuato a tenere radici e famiglia a Torino. L’altra carta che il partito di Giorgia Meloni sarebbe pronto a calare è quella del top manager Gregorio Acutis, cursus professionale nel gruppo assicurativo di famiglia, la Vittoria, e incarichi di vertice in altre aziende del mondo finanziario. Entrambi amici di famiglia del coordinatore Fabrizio Comba, particolarmente attivo nell’opera di scouting.

Due nomi in grado di spiazzare la Lega, cui potrebbe aggiungersene presto un terzo, espressione di una silente e sempre più marginale Forza Italia. Sarebbe soprattutto la vecchia rete azzurra, non immediatamente sovrapponibile a ciò che resta del partito di Berlusconi, a richiamare in servizio Enzo Ghigo. L’ex governatore non è soltanto un nome noto all’elettorato, ma è indiscutibilmente un politico che, stante i disastri successivi del centrodestra e il tempo trascorso, gode di stima e apprezzamento. Di più, Ghigo non avrebbe certo le difficoltà di un uomo della Lega, ma anche degli stessi Fratelli d’Italia, nelle relazioni con quell’establishment che alle elezioni e dopo conta, come dimostrato anche nell’attuale esperienza di governo di Appendino. Dialogante, protagonista e artefice della concordia istituzionale quand’era sindaco Sergio Chiamparino, l’ex presidente della Regione sarebbe un candidato molto insidioso per il centrosinistra. Sempre che sia interessato all’ipotesi, cosa su cui molti nutrono non pochi dubbi. Coronata la sua carriera politica, passata anche attraverso esperienze parlamentari, oggi non è detto che Ghigo voglia abbandonare il buen retiro sulla collina di Alassio, appena interrotto dalla recente nomina al vertice del Museo del Cinema.

Mentre prende a circolare il nome dell’ex governatore (dopo i timidi approcci dei giorni scorsi un gruppo di amici in settimana formalizzerà la richiesta), in Forza Italia paiono crescere i nervosismi provocati dalle esternazioni di Osvaldo Napoli. Il coordinatore regionale Paolo Zangrillo non fa mistero della sua irritazione di fronte alle sortite del deputato di Giaveno circa vagheggiate ipotesi di un grande centro e strategie che non rappresenterebbero la linea del partito o comunque della gran parte di esso. A Napoli c’è chi non perdona e ricorda che fu proprio lui a voler spaccare l’alleanza scegliendo di correre come candidato sindaco, facendo svanire anche le pur esigue speranze per il centrodestra di accedere al ballottaggio nel 2016. Speranze che adesso si fanno assai più concrete e ambiziose.

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